Le due fornaie di Parigi parte seconda

Molto tempo fa, i più assidui del blog se lo ricorderanno, raccontavo di due fornaie che stavano nel quartiere dove abitavo allora. La fornaia bella e la fornaia brutta. Nel panificio della prima c’era sempre la fila, in quello della seconda non ci andava mai nessuno.

 

La brutta fornaia è grassoccia, sgraziata, ha le dita gonfie, i capelli crespi e le vene varicose: una sfigata. Fa una baguette pessima, stopposa e inchiummusa che rimane sullo stomaco per due giorni. Una baguette che manco sporge dall’incarto per quanto si vergogna. Costa 80 centesimi e nonostante ciò non ci va mai nessuno. È sempre vuoto, il forno della fornaia sfigata. La fornaia sfigata però ci prova. Lei infatti apre prima e chiude dopo la bella fornaia dirimpetto. Dalle 9 alle 21. Non solo. Lavora sette giorni su sette. Cioè sempre. Ma, purtroppo per lei, a poco serve. La gente parigina, quando arriva alle 20h05 che la bella fornaia ha appena chiuso, piuttosto che mangiare la baguette stopposa della brutta fornaia, fa spallucce e se ne va a casa.

 

Nel frattempo ho cambiato quartiere e della brutta fornaia non ho saputo più niente, che a Parigi il pane non manca di certo. Per una di quelle buffe coincidenze che la vita ogni tanto ti regala, l’altro giorno, mentre parlavo al telefono con mio padre di Casini (“No, papà, l’alleanza con Casini no!”) e di Elsa Fornero (“Prisencolinensinainchoosy”), insomma mi dice che il sabato fanno questa “bella trasmissione col figlio di quello, là, come si chiama, Angela” (“Alberto?” “Sì, il figlio di Piero Angela”) e che una di queste puntate l’hanno dedicata apparigi, “che bella Parigi, guardala, si imparano un sacco di cose”. E così me ne vado sull’Internet e mi metto a cercare Ulisse di Alberto Angela.

 

 

 

E in effetti che dire, Alberto Angela sa come si fa la divulgazione. Per esempio, uno che ci abita alla fine se lo dimentica che cosa è una città, no, sì, certo, alza gli occhi in alto ogni tanto, i palazzi, le case, le finestre e i vis à vis, ma insomma Alberto Angela mostra tutte queste immagini e visioni aeree di Parigi dall’alto che uno poi deve per forza fare Uah e Uotah, io per esempio non sono mai salito sulla Tour Eiffel. Tra molte cose interessanti (“Gli abitanti della città si chiamavano Parisi”) e un piccolo errore (“Ciao amici, siamo su Boulevard Saint-Germain”, alors que, in effetti, era sul Boulevard Saint-Michel, ma sono inezie), il nostro Alberto racconta di una delle tante gare annuali che si tengono in città: la gara tra le boulangerie per decretare la Miglior Baguette che per un anno andrà a servire nientedimenoche l’Eliseo (anche se François Hollande è a dieta). Nel servizio si vedono tutti questi fornai e fornaie in fila per iscriversi al concorso (che poi io dico, ma i giudici, che sono tre, come fanno a distinguere, alla centesima baguette, quale deve vincere e quale no?), insomma, chi ti vedo a un certo punto, con il suo faccione che sprizza gioia e carboidrato, e con ben due baguette tra le mani? LEI, la Brutta Fornaia:

 

 

La baguette è sempre l’ultima a morire

 

E allora il cuore mi si è fatto piccino piccino, che lei, la brutta fornaia, non lo sa che la sua baguette è stopposa, e anzi pensa che sia buonissima, e non capisce perché il suo negozio è sempre vuoto malgrado tutta la dedizione e la volontà che ci mette, e forse ogni mattino si guarda allo specchio e sospirando si dispiace “Ah, se fossi bella come la fornaia dirimpetto avrei sempre la putìa piena” e così, ogni anno, non solo il suo negozio è sempre vuoto, ma lei si mette in fila pazientemente per iscriversi al Concorso Della Migliore Baguette, sperando, chissà, se non proprio in una vittoria, almeno in una menzione che possa portare la gente ad accorgersi di lei, cosa che puntualmente non accade e lei se ne torna con le pive e le baguette nel sacco e Dio solo sa quant’è ingiusta la vita, persino a Parigi. 

 

 

***

 

 

Le due fornaie di Parigi 

 

Ma stava solo mangiando un panino!

 

La baguette sotto l’ascella non esiste

 

 

11 Replies to “Le due fornaie di Parigi parte seconda”

  1. Anch’io mai salita, e ho un appartamento a Parigi da 20 anni..d’altronde Verlaine diceva che quando la intra vedeva, si girava dall’altra parte. Ciao

  2. Tief. io avrei un progetto da proporti. Un progetto che, più o meno, consiste nel trasferirmi nella tua casa parigina, più o meno, a tempo indeterminato. Secondo me si può fare.

  3. Quanta tenerezza. E’ uno degli effetti del “crederci sempre, arrendersi mai”.
    Vedi che poi ad un certo punto qualcuno dovrebbe pure arrendersi! 🙂
    Ciao ciao dalla Scandinavia! (Porto il verbo tieffemmino anche qui, spreading tieffè all over the world!)

  4. mi fai un favore tanto? vai a dirle che la sua baguette è gnucca? che se nessuno glielo dice a lei che ha mangiato sempre solo quella, crederci sempre, arrendersi mai a che serve? ti prego. dille che ti mando io. oppure iscriviamola a un corso a sua insaputa.
    parigi è infinitamene più bella vista a naso in su.

    ps
    pensare che i parigini finiscano i turisti mi ha fatto sorridere largo.

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