Sanremo 2025 – Pagelle e versioni in prosa delle prime 15 canzoni
Il mio problema con le canzoni di quest’anno è che ci sono annate fauste e annate meno fauste. Questa è un’annata funesta. Sono io che ho perso il treno della contemporaneità e mi avvio a un lento crepuscolo? No, è QUESTA GENTE che ha perso il senso della decenza. Canzoni mosce, discutibili, mediocri, orrende, ricattatorie. Ci sono giusto un paio di guizzi, ma forse sono solo gli ultimi rantoli prima dell’estinzione di massa. Fosse per i miei gusti darei voti tra lo 0 e il 3 a tutti, ma insomma, c’è anche gente che sa stare sul palco e sa fare quello per cui siamo qua: intrattenimento. E quindi, malgrado Carlo Conti e le sue trovate di braccialetti catarifrangenti e jingle sovranisti, fiato alle trombe, Turchetti!
(Disclaimer che ci impone lo spirito di un tempo che si è fatto non dico suscettibile ma proprio con seri problemi di comprensione del testo. Questo è un post giocoso e iperbolico. Nessuno si senta offeso. Niente di personale. Questo carrozzone è un’allucinazione collettiva, i suoi interpreti sono dei personaggi, e come tali li trattiamo. Versioni esagerate di persone sicuramente adorabili ma se non ci prendiamo un po’ in giro che gusto c’è. Ad ogni modo, io mi dissocio aprioristicamente da me stesso. Mucho love a tutte e a tutti, pure a chi non se lo merita).

1 Rocco Hunt – Mille vote ancora
Il nostro Rocco Pagliarulo, figlio illegittimo di Nino D’Angelo e Maria Nazionale, nonché cugino pezzotto di Geolier, avrebbe potuto portare una canzone che parlava di pummarola e tarantelle con un campionamento del babà di Marisa Laurito. Ma poi ha saputo che il direttore artistico era Carlo Conti e ha detto al suo amico SASÀ di Afragola: VABBUÒ FRA’ quest’anno porto una canzone intersezionale che incrocia questione meridionale, lotta di classe e sfruttamento del Nord oppressore. È l’anno giusto, me lo sento. E così si è fatto prestare gli occhialini di Albano quando cantava Nel sole, canzone che inizia con MA PERCHÉÉÉÉÉÉ, incipit peraltro applicabile a qualsiasi cosa pensi, faccia, decida Carlo Conti. Poi Rocco è salito sul palco tutto acchittato come il giorno del prediciottesimo uno per gamba: Mi ricordo una strada /Un quartiere qualunque /Un bambino che sogna/ Pure se non ha niente. Insomma, nato ai bordi di periferia ma senza i pugnetti che Eros stringeva tutto fiero. Ma poi Rocco si ricorda di essere un cantautore impegnato e ci piazza una pregevolissima doppia rima con schema AA – BB: Lo stato è assente come noi in mezzo a quei banchi /Un foglio bianco dove scriverò mi manchi /Tutto quello che ti serve è nel quartiere /Studia oppure ‘mparate ‘o mestiere. Segue una intemerata nostalgic-vittimista ma pur sempre con una tazzulella di caffè: E mo’ riportami dove /O veramente songo je /‘O cafè dint’‘e canzone /Me vonno fottere l’anema /Ma je ‘ccu poco sto buono /Turnasse criaturo pe’ correre. Bonus per il tentativo di far saltare le coronarie a tutto il Lombardo-Veneto (“Ma perché questi terroni sono così fissati con la parola CRIATURO?”) e per il verso Faccio brutti sogni e po’ me sceto ‘e botto, il nuovo GINGOL ufficiale di questi disgraziati anni ’20. Voto: Rocco, ti vogliamo bene, sei un figurino, un patatone, nu’ babà ma il voto è 3,5, mille vote e ancora.
2 Elodie – Dimenticarsi alle 7
Non deve essere facile essere Elodie Di Patrizi in arte Elodie, cioè la FIGA IMPERIALE REGINA DELLE TERRE EMERSE E ANCHE DI QUELLE INABISSATE. Purtroppo la dea delle dee è costretta a smarcarsi da orde di squinziette senza arte né parte che le vogliono portare via lo scettro e così la prima sera sale sul palco con un rotolo di CARTA STAGNOLA pur di farsi notare. Ma le fighe imperiali possono questo ed altro. Persino portare un verso SENZA SENSO come: Ci sei solo tu nella città / Degli occhi miei /Se è vero che poi fanno la ruggine. Ok gioia. Il tutto mentre sfiora l’asta del microfono, allude e non preclude, muove quelle dite affusolate facendoci sognare il migliore dei mondi possibili. La QUEEN della PROSSEMICA attizza il pubblico in sala che peraltro ha già iniziato il proprio DECLINO COGNITIVO a causa dei braccialetti FOSFORESCENTI e applaude la divina senza criterio e fuori tempo. Ma Elodie se ne fotte e continua con lo svolgimento del tema Canzone sexi di una notte di fine inverno: Poi rivedersi ancora /Come due pazzi /(Che cosa mi fai) /Travolti da un’idea / Che non vuoi che passi /Che piano piano scivola giù. Ely, ma quando dici GIÙ cosa intendi di preciso? Elodie si copre le parti intime come fosse nuda, riempie lo spazio come nessuna mai e si lancia in un notevole plot twist con l’inciso (o è il bridge?) che ti porta su un sentiero che non ti aspettavi. Struggente il passaggio interpretativo di Dimenticarsi alle 7 / Così di un giorno qualunque /Mentre si parla di niente /Lì seduti in un bar /Può capitare a chiunque / Mai a noi no. Ma forse è solo la STAGNOLA che mi ha bruciato la retina e anche io ho iniziato il declino cognitivo. Bonus per il verso: Prendo a calci la poesia, nuova risposta automatica a chi ci propone di andare a vedere un film che dura più di un’ora e mezza. Voto: a me della canzone frega veramente cazzi, ma questa artista sta come si sta su un palco, dai su non scherziamo 7
3 Lucio Corsi – Volevo essere un duro
Lucio Corsi è l’unico che potrebbe scegliersi un nome d’arte e invece si chiama davvero Lucio Corsi. Non so voi, ma questo dato mi pare la cosa più interessante di questo Festival e anche del prossimo, perché, tenetevi forte, anche nel 2026 ci sarà Carlo Conti. Volevo essere un duro / Che non gli importa del futuro / Un robot /Un lottatore di sumo / Incipit acchiappacuoricini (“Ma che grazioso questo elfo, da dove esce fuori?”) cui segue subito uno squarcio di oscurità niente male: Uno spaccino in fuga da un cane lupo / Alla stazione di Bolo / Una gallina dalle uova d’oro. Ecco il talento del nostro Lucio: stare seduto SCIALLO al pianoforte, farci credere che sono solo canzonette e poi è lui che ci mette alle strette tirandoci in faccia un verso come: Ma non ho mai perso tempo /È lui che mi ha lasciato indietro. Non pago, il nostro eroe si ACCOLLA la mossa che a Sanremo non può mancare mai e su cui mi interrogo dal 1963: ma quando il cantante che suona il pianoforte si alza e va a centro scena, il pianoforte CHI LO SUONA? Lo so, che ci volete fare, anche io cadevo dagli alberi, anche io volevo essere un duro e anche a me I girasoli con gli occhiali mi hanno detto “Stai attento alla luce” / E che le lune senza buche Sono fregature. Bonus per il chitarrista (o è il bassista?) con i capelli del vulcaniano Spock quando si avvicina e canta assieme a Lucio. Che dire, viene voglia di volere bene al mondo, anche solo per 3 minuti e mezzo. Voto: 7
4 The Kolors – Tu con chi fai l’amore
C’è da dire che Antonio Fiordispino in arte STASH ha fatto il percorso. Era un guaglioncello di periferia e ora è diventato il BRUNO MARS DI PALAZZO PALLADINI, un incrocio tra il primo Franco Boschi e NIKOLIN il bambino adottato che ora è padre di famiglia. Stash si muove sicuro sul palco, si sente che ha la cazzimma del Fabbricante di HIT che si portano il cervello. Io me lo immagino davanti al mappamondo, mentre pensa: allora fratm, Ibiza l’abbiamo già usata, Bangkok no che Baby K e Giusy ancora ci campano con la Siae, cosa ci rimane? Mi sento come l’ultima bottiglia che ho nel frigo /Che non ricordo mai mai mai mai / Mi piaci un minimo /Mi aspetti a Mykonos. Stash, EHM, non so come dirtelo, ma se vai a MYKONOS con l’idea di FICCARE non so come ti finisce. Quando poi la mattina dopo TI SCETI tutto sorpreso non dire che non ti avevo avvisato. Vorrei lanciarmi in una seria analisi del testo ma la CASSA DRITTA di questa roba mi sta sfondando i timpani peraltro già molestati senza il mio consenso. Tu con chi fai l’amore / E perché /Sale come un ascensore quando vengo da te. Sale come un ascensore? Sì, credo stia parlando della MINCHIA. Alla faccia ru cazz! Viva la schiettezza, ma il voto, cari THE KOLORS, è 2
5 Serena Brancale – Anema e Core

Io ‘sta cosa dei pugliesi che si fingono napulicchi per ingraziarsi Fuorigròtta non mi cala sin da quando ho scoperto che Renzo Arbore è di Foggia. Ma noi non siamo gente che ci lasciamo prendere dai pregiudizi e infatti basta vedere questa BELLA CIACIONA che scende le scale per farci dire Vabbuò ja facimm ca simm tutt’e Napulè e vafammocc. Ti penso tra le vie /E quando vedo le scie / Delle barche in questo mare /Carpe diem / Domani le tue bugie /Non le voglio più ascoltare. Incipit SCONCLUSIONATO un po’ oggi ti penso un po’ domani va sucati un pruno, mentre il ritmo sale tra PIANOLE e percussioni volanti. Dammi un bacio su un taxi cabrio / Un bacio /Che s’adda veré / Baby I love u, Nenné ti amo. E mo’ chi cazzo è Nenné? Boh, però intanto muoviamo il bacino come nemmeno un incrocio tra Teresa De Sio e Malika Ayane vaiassa avrebbe saputo farci fare. Sim du facce della stessa luna /Con sta collana che porta fortuna, Bra ù sà, marioul / Nan zi dann’ adenza a nsciun’ /Tu sta cummè p’ fa l’amore. Io vogghj attè, anema e core. Verso bombastico che conferma quello che sospettavamo: questa è una canzone da cantare in un giorno d’estate nei vicoli di Bari in mezzo alle vecchie che fanno le orecchiette, o nei vicoli di Napoli per festeggiare il prossimo scudetto alla faccia di Kvara chi sinnègghiùt. Voto: peccato che io quel giorno sarò altrove, 5,5
6 Fedez – Battito
Facciamo un gioco. Facciamo finta di non sapere chi sia Fedez. Dimenticarsi alle 7, dimenticarsi tutt sto BURDELL che si porta dietro. Parliamo di Federico Lucia, un cantante sobrio e un po’ svagato che manco il tempo di salire sul palco e già ci scaraventa una tripla rima baciata che dà un po’ il TONO alla faccenda: Spengo la luce e mi vieni a trovare /Fluoxetina, poca saliva /Quando mi trovo a parlare di te / Sei la carne è viva /La mente è schiva/ Vaga nel buio più buio che c’è. Interessante la rincorsa Forse mento / Quando ti dico /Sto meglio /Stringimi avvolgimi/ prima del ritornello killer che si pianta come un chiodo: Dentro i miei occhi /Guerra dei mondi /Tu mi conosci Meglio di me /Vorrei guarire /Ma non credo /Vedo nero pure il cielo /Vetri rotti schegge negli occhi. Poi però, come dice Rocco Hunt, ME SCETO E’ BOTTO e mi ricordo tuttecose: chi è Fedez, chi si chiava Fedez, con chi fa i dissing Fedez, come manipola l’opinione pubblica Fedez e tutto il burdell che si porta dietro. Purtroppo noi siamo non dico infinito come diceva Alessio Bernabei ma proprio WOKE, e quindi a noi della separazione UOMO/ARTISTA frega cazzi. Il pezzo è tra i più centrati di quest’anno, efficace nella messa in scena e nell’interpretazione. Ma, non so come dire, è Fedez. Noi non ci lasciamo abbindolare no no no. Voto: il tema del pezzo è troppo serio e importante, ognuno si senta libero di mettere un voto da 0 a, boh, 6
7 Francesca Michielin – Fango in Paradiso
Partiamo dal presupposto che la nostra Michielin ha un sacco di bonus simpatia uno) perché già ai provini di X Factor quando era na criatura su un certo blog che all’epoca andava per la maggiore avevo scritto che era nata una grande artista e due) perché quest’anno porta una canzone firmata anche da Alessandro Raina, che ha fatto parte tra gli altri dei Giardini di Mirò e degli Amor Fou. Il problema è che questi bonus, cara Francy, te li stai giocando malissimo. Anzi, duole dirlo: SONO FINITI. Dopo centomila lacrime / Le grondaie cadono / Non so se vorrei rifarlo da capo /Quasi speravo tu mi avessi tradito. Un incipit che da subito viene inserito nel manuale internazionale delle TORTURE tra il waterboarding e i cuoricini cuoricini dei Coma Cose. E quanto amore sprecherò/ Quanti vetri rotti /Che sono plastica /Per i tuoi stupidi occhi /Se non piangi mai. Boh, forse è ermetismo, o forse solo una brutta canzone, chi può dirlo. Non mi aspetto niente di sensato /Da chi l’edera la compra già finta e poi in estate la tiene su un balcone in un vaso strappa un sorriso ma credo sia solo il RICTUS che viene alla gente un attimo prima di morire in modo molto doloroso. Voto: sorry but not sorry, 3. Se l’avesse cantata Adriana Ruocco o Lena Biolcati forse avrei dato persino un 4, pensa te.
8 Simone Cristicchi – Quando sarai piccola
Quando sento la parola “Cristicchi” il mio corpo, chissà perché, inizia a coprirsi di SFOGHI CUTANEI in parti del corpo che non posso nominare perché, oh, ormai non si può più dire niente. Quando invece, durante spericolati e perversi giochi sessuali qualcuno mi fa sentire una canzone di Cristicchi mi viene direttamente voglia di chiamare il centralino del reparto CAVIE di un qualsiasi laboratorio scientifico e offrirmi come volontario per una MORTE SUBITANEA. La posterità saprà trovare un modo per ringraziarmi. Questo per dire la serenità con cui mi approccio alla presenza di Cristicchi e alla decisione scellerata di affidargli per l’ennesima volta la casella RICATTO EMOTIVO del Manuale Cencelli. Dopo la malattia mentale, quest’anno tocca alla MADRE di tutti i ricatti emotivi, cioè la madre malata sommata al paternalismo del figlio adulto sommato a una gragnuola di violini, pianoforti, archi e OBOI a caso. Ci sono cose che non puoi cancellare, Ci sono abbracci che non devi sprecare. Testo didascalico con ZOOM OSCENI che nel 2018 su Instagram avremmo definito con l’hashtag porn. La gente che piange e fa la standing ovation è la dimostrazione perfetta che esiste la circonvenzione non tanto di incapaci ma proprio di gente dai fragili equilibri psicodinamici. Cristicchi ha dichiarato che Amadeus aveva rifiutato questa canzone e che lui è contento perché sarebbe stato a disagio nei festival di Ama. Invece in questo Festival in cui il presentatore cerca a tutti i costi di ridurre Bianca Balti al suo tumore mentre Bianca Balti gli ride in faccia ci si trova benissimo. Voto: quest’anno lo zero con lo stoppino è tutto suo. Spero davvero che vinca questo Festival così uno) lo mandiamo all’Eurovision e poi vediamo come finisce e due) così non ci dimenticheremo MAI di quel Sanremo del 2025 mamma mia ti ricordi che orrore?
9 Marcella Bella – Pelle di diamante
“Porto un inno femminista”, ha dichiarato prima del Festival la nostra CATANISA preferita mentre si metteva i bigodini comprati alla UPIM di via Etnea e aggiungeva su Instagram Marina Terragni, J.K. Rowling e altre femministe prese a caso dall’elenco telefonico del 1977. L’inno femminista inizia con Non ho bisogno di abbracci /Mi fanno strano / Ma fidati /Lo capisci se ti amo. Purtroppo la nostra Bella non ci spiega come fa a far capire al suo uomo che lo ama perché, da brava POETESSA, preferisce le omissioni e le immagini RAREFATTE. Forte/Tosta/Indipendente/Stronza, forse. Che parolacce, che punk, che PUSSY RIOT in prima serata su Raiuno! Forse, ma solo forse, Marcella è stronza, ma di sicuro è FORTE e per far passare meglio il concetto lei e le ballerine femministe dietro fanno 💪🏼 . GURLZ, ABBIAMO CAPITO. Questa che chiamiamo canzone ma solo perché abbiamo finito i sinonimi di acufene prosegue con una SPADELLATA di aggettivi a caso rubati dal quaderno della nostra vera CATANISA preferita, la Carmen Consoli confusa, felice, triste, annoiata e asciutta di quando il RUOCK al femminile in Italia aveva un futuro luminoso alle spalle. Ma Marcella rilancia, perché lei è anche volitiva, combattente, star quality. Non so voi, ma io non ne posso più. Questa canzone mi fa venire voglia di farmi legare al buio e ascoltare un audiolibro a caso di Carlotta Vagnoli letto da Maria Elena Boschi e Arianna Meloni. Voto: 1
10 Bresh – La tana del granchio
Luigi Tenco, Fabrizio De André, Bruno Lauzi, Gino Paoli, Umberto Bindi, Sabrina Salerno. Da oggi la prestigiosa scuola di cantautori genovesi ha un nuovo luminoso esponente: Andrea Emanuele Brasi in arte Bresh, che però, a essere pignoli, è nato Lavagna (noi al sud, siamo più precisi, se nasci a Bagheria non dici che sei di Palermo, ma vabbè, passiamo oltre che sennò mi ritrovo la GRADINATA NORD di Marassi contro). Nella tana del granchio c’è una canzone /Ho posato i miei vestiti al sole /Ti ho vista piangere dietro alle mie parole. Bon, l’incipit è quello che è, ma nemmeno me ne accorgo perché la PARTITURA MELODICA (si chiama così?) mi ricorda Walk on the wild Side di Lou Reed che peraltro mi metto a cantare per tutta la durata del pezzo di Bresh, così, giusto per ricordarmi che tra pochi giorni MI SCETO da questo incubo. Ho una parola sbagliata per ogni frase /Sono soltanto un uomo e non ci so fare ci fa sognare un mondo migliore un guasto d’amore, ma poi, com’è come non è, il patriarcato esce dalla porta ma rientra dalla finestra: Se capisci che non ti amo /Sei una sirena che non nuota. La sirena che non nuota. Ok, il terreno si fa limaccioso o forse dovrei dire lepego. Con un colpo di reni Bresh ricorda a se stesso di essere un cantautore della scuola genovese con un verso direi quasi bindiano: Se il mare si è salato / È perché un marinaio ci ha pianto sopra. Ok Bresh, ci hai provato. Voto: mentre penso a Boccadasse e alla passeggiata di Nervi, il voto è 2, preferisco Sabrina Salerno che esce dalla piscina.
11 Achille Lauro – Incoscienti giovani
Ah i bei tempi quando Lauro De Marinis in arte Achille saliva sul palco con le tutine attillate a cantare le future sigle di Domenica In mentre limonava con BOSS DOMS (o me lo sono sognato?) e la gente si sperticava in lodi lodi lodi donne è arrivato il nuovo David Bowie, finalmente l’avanguardia a Sanremo. Ma, ahinoi, il tempo passa per tutti, e adesso il nostro Lauro ha il triplo mento e non si vergogna a esibirlo perché no bodyshaming bodyshaming brutto, è vestito con un FRAC, i guanti di qualche attore morto trovato tra le rovine di quel che resta di Cinecittà e porta una BALLATONA che se ci fosse la POLIZIA DEI PLAGI e degli AUTOPLAGI sarebbe già arrivata a sirene spiegate a dire Oh Lauro ma che cazzo fai? Ma che è sta roba? Non è che basta dire EHI SIRI mi fai un Venditti che incontra Tananai di Tango che incontra il sax di, boh, Perdere l’amore con una spruzzatina di Amore disperato di me stesso, guarda che la gente ti sgama. Oh… bambina / Tutto quello che hai passaDO è un’universiDÀ. L’incipit dimostra subito che i corsi di dizione con Francesca Fagnani hanno sortito ottimi effetti INUSIDADI. Il verso L’amore è come una pioggia sopra Villa Borghese / E noi stiamo annegando / naufragando è un romanzo dimostra invece che quel giorno SIRI aveva preso un bel po’ di KETAMINA scadente comprata al discount di Numidio QuadraDO. Noi due orfanelli alla roulette / Siamo a Las Vegas sotto un led è la mazzata definitiva al concetto di dormire serenamente senza avere incubi da qui a Trump che pigia i bottoni nucleari pensando siano distributori di popcorn. Voto: 3,5, Achille torna a cantare Bam Bam Twist che quello era un pezzone che almeno ci faceva muovere le anche invece di sta roba che ci fa venire voglia di strapparci i femori a morsi.
12 Giorgia – La cura per me
Io se fossi Giorgia Todrani in arte Giorgia arriverei a Sanremo urlando MA LEVATEVI SCAPPATI DI CASA CAPRE IGNORANTI ORA VI INSEGNO IO COME SI CANTA COME SI VIVE. Ahimè uno) non sono Giorgia Todrani e due) Giorgia è una persona adorabile, talmente adorabile che le perdoniamo pure gli SVISI IMMOTIVATI messi a cazzo tra un enjambement e l’altro. D’altronde in questo Festival per ogni artista vivo ci deve essere un omaggio a un artista morto, quindi ci sta che Giorgia SVISI come, boh, Whitney Houston ciao Whitney che ci guardi da lassù, abbi pietà di noi. Dopo l’ingiudicabile Parole dette male che a oggi rimane più misteriosa di un pezzo di navicella aliena dell’area 51, stavolta Giorgia va sul sicuro, si affida a Blanco e Michelangelo con un testo di rarissima SVENEVOLEZZA che inizia così: Dentro la mano una carezza sul viso /Senz’anima questo sorriso, prosegue con Voglio andare avanti all’infinito/ Trovarti dentro gli occhi di un cane smarrito e ci colpisce sugli stinchi con E no, non cambierà /Dirti una bugia o la verità /Per me fare una follia è come la normalità. Ma per fortuna qui non siamo al corso serale di POESIA di Tiburtina bassa, ma in una canzone italiana e le canzoni italiane a Sanremo vanno cantate a squarciagola, oppure niente. Non so più quante volte ti ho cercato- òòòòòòò /Per quegli occhi, per quegli occhi che fanno da luna ooooouòòòòòò/ Non so più quante notti ti ho aspettato òòòòòò. Un inciso (si chiama così?) killer che va cantato facendo pure gli svisi perché la verità è che tutti vorremmo avere la CANNA di Giorgia, specie quelli che la criticano. Da segnalare un gran bel cambio di passo, direi quasi mengoniano, a partire da Non so più quante notti ti ho aspettato. Pezzo sanremese nel senso buono, puro canone. Voto: 7+
13 Rkomi – Il ritmo delle cose

Ok, parliamo di Mirko Manuele Martorana e delle sue allergie al cotone, la seta e qualsiasi altro tessuto possa occultare due CAPEZZOLI IN ORBITA SUL MAR. Il nostro sale sul palco sbattendoci in faccia il fatto che lui passa le sue giornate a rafforzare i PETTORALI mentre il nostro unico sforzo fisico è chiedere a chat Gpt “Ciao, scusa ho dimenticato chi sono, mi ricordi per favore come mi chiamo?”. Ma basta parlare di noi. Dirige l’orchestra uno dei DHAMM invecchiato malissimo e tra gli autori c’è Shablo, il cantante in gara a Sanremo che NON CANTA ma pigia bottoni a caso. Fino a qui tutto rego raga. Il problema è quando parte l’incipit: Dove sono i soldi ADASSO/ Pornografia ma senza SASSO. Oh, a noi terroni ci scassano la minchia per le nostre vocali e questa gente nata tra Comasina e Rogoredo se la passa sempre liscia. Finché l’alba va via dalla via /Non mi è più chiaro se sia /Musica o burocrazia. Allitterazioni, anafore, triple rime baciate a cazzo, parole dette male malissimo: bravo Rkomi, questo è quello che vogliamo da te, AVANGUARDIA POETICA. Il problema è che poi inizia a singhiozzare con un ritmo sincopato che ci fa rimpiangere Giusy Ferreri, Sangiovanni e altra gente che spezza non tanto le sillabe ma proprio LE RENI alla nostra felicità. Bonus per la citazione “macchie di Rorschach” e per il delizioso inciampo della prima sera sulla parola “algoritmo”. È un moderno decrescendo / È un inferno a fuoco lento / Amore senza sentimento / È un violento decrescendo. Mi duole ammetterlo, ma la ritma alternata spericolata con schema A-B-B-A mi manda in solluchero. Voto: 6+, giuro che non c’entra il six pack, è che proprio ho una passione smodata per il gerundio, credo si chiami così.
14 Rose Villain – Fuorilegge
La nostra Rosa Luini che non crede allo sbarco sulla Luna (true story) (o forse stava solo trollandoci) sale sul palco come cosplayer di qualche manga che ora non ricordo (forse la versione SEXI di NANÀ SUPERGIRL?) e la posa subito pianissimo. Cosa fai / Mentre tutti dormono? / Chissà se mi pensi o no / Mentre la luna cala su di noi. A giudicare dalla reazione del signor Pannocchione in sala (“Sì na præt”), la luna cala ma qualcos’altro sta crescendo, e uso il gerundio che quest’anno a quanto pare si porta molto. Nostalgia puttana / Sono sola come lei / Che cosa fai / Mentre tutti sognano? Ancora? Non so risponderti cara Rosa, ma posso dirti che apprezzo molto la tripla rima baciata: Io rido del nostro destino avverso/ Ascolto Almeno Tu nell’Universo (ciao Mimi!) / Mi inginocchio e chiedo agli angeli di darmi ciò che ho perso. Se fosse ancora il 2009 mi spingerei in una gustosa chiosa HARD su questa cosa degli inginocchiarsi davanti agli angeli ma siccome siamo nel 2025 faccio finta di niente e mi allontano fischiettando. Cuori a 200 all’ora ma vuoi ballare un lento potrebbe essere la sintesi perfetta di questo pezzo che vuole essere un po’ tutto e alla fine è solo un MINESTRONE OROGEL riscaldato al microonde: il momento gospel con gli orchestrali che MULINANO braccia a caso è il troppo che stroppia. Rose sei proprio una VILLANELLE quando dici nostalgia puttana e fai la fuorilegge, mucho love ma, ahinoi, il voto è 4,5
15 Willie Peyote – Grazie ma no grazie
Per fortuna non c’è solo la casella Ricatto Emotivo da riempire. Ogni anno c’è anche la canzone NOMEN OMEN e quest’anno il vincitore assoluto, tanti cuoricini a lui, è Gugliemo Bruno in arte Willie Peyote: Grazie ma no grazie. Potremmo già chiuderla qui, ma a noi piace argomentare. Ma che storia triste, avevo aspettative basse / Tu vorresti che la gente ti capisse, la ami come se lei ricambiasse/ E c’hai provato anche più volte dei Jalisse ma l’insistenza non è mai così di classe. Pregevole la QUINTUPLA rima baciata con un trionfo di allitterazioni buttate apparentemente accazzo e forse non solo apparentemente. Il pezzo prosegue con un discreto GRÙV che copre tutto lo spettro del GRÙV da Fred Bongusto a Pino D’Angiò (ciao Pino!) passando per Dargen D’Amico di cui peraltro nessuno ha più notizie da quando ha portato la canzone comunista dell’anno scorso, senza dimenticare gli Articolo 31, Paola Folli e le coriste black alle spalle. Tutto spinge per far passare in modo subliminale non solo Luca Ravenna ma anche versi come Dovresti andare a lavorare e non farti manganellare nelle piazze/ Questa gente non fa un cazzo li mantengo tutti io con le mie tasse, che però, temo, potrebbero essere pure recepiti alla lettera. Oppure, spoiler, passare completamente inosservati. Voto: grazie ma no, grazie.
E per oggi è tutto, a domani per le altre 14 canzoni. Chissà quali altre gag avrà preparato Carlo Conti. Altri bambini che piangono? Altra gente deceduta da omaggiare? Altre standing ovation fuori tempo? Lo scopriremo solo morendo.