Appunti su una certa serie tratta da una certa quadrilogia

Non guardo la tv italiana, boh, dal ’67, e quando dico guardare intendo proprio il fatto di avere un appuntamento fisso per cui valga la pena interrompere la cosa a caso che sto facendo (l’ennesima inutile serie di jump squat nel salone, fissare il vuoto pensando al declino dell’Occidente, cose così). Ogni tanto la accendo per vedere l’effetto che fa, e l’effetto che fa è la voglia di prendere un tizzone ardente e infilarmelo in un occhio scavando ben bene. Purtroppo a casa non ho mai tizzoni ardenti a portata di mano.
Sciatteria, miseria di mezzi, le balle di fieno che rotolano in questi studi in cui senti il rimbombo del vuoto abissale (o forse è lo sciacquone della vicina di studio sulla Nomentana?). In confronto la tv moldava è la BBC (niente contro la Moldavia eh, ho tanti amici moldavi, che peraltro saluto e ringrazio) (i bei tempi in cui vivevo a Pietralata) (emoji a forma di cuore spezzato).
Naturalmente non bisogna fare di tutta l’erba un fascio (e uso parole non a caso). Ci sono le eccezioni, che risalgono però ai tempi in cui ancora vigeva il baratto: Blob, i Gialappi, forse Fazio. E poi, ogni tanto, una luce che rischiara l’oscurità dell’oltretomba. Quel servizio pubblico che fa servizio pubblico con la qualità e le cose come devono essere fatte, cioè bene.
Ieri sera su Raiuno sono andati in onda i primi due episodi della quarta stagione de L’Amica Geniale (tra l’altro facendo il 21% di media, che mi pare un miracolo, visti i chiari, o gli scuri, di luna). E improvvisamente tutto tornò a essere come doveva essere.
L’attesa febbrile, il riassuntone iniziale (la generalista au sommet de son art), gli scambi di messaggi con amici e amiche, tutti e tutte a fare la stessa cosa, nel reflusso del post-ogni-cosa con il cuore che batte a mille per la sigla, quella sigla che ogni volta è una mazzata tra capo e collo, Lenù che parla francese, la suocera Airota che ha le migliori punchline dai tempi di Alexis di Dynasty (“Cerco di controllare che tu non dica altre volgarità nel tuo dialetto, non è un bello spettacolo”) (“Per chi non è nessuno diventare qualcuno è molto più importante che qualunque altra cosa”), l’apparizione mariana di Lila (“E stai ancora in giro cu’ chill?”), Irene Maiorino che è Lila fatta e finita, la sconosciuta che alla presentazione del libro dice a Lenù “E tu? Qual è la tua colpa? Di essertene andata, di aver lasciato tutto? Di aver imparato la lingua dei maschi per avere successo con i tuoi libri?” (questo accadeva al minuto 18 del primo episodio e io ero già rotolato sul pavimento a piangere, vi prego basta troppa bellezza tutta in una volta).
Sì lo so, la vicenda editoriale e produttiva de L’Amica geniale è qualcosa di irripetibile, nel senso proprio che non avremo mai più il “miglior libro del secolo” e una serie eccellente che ci consente di mettere nella stessa frase HBO e Raiuno, ma intanto abbiamo tempo fino al 9 dicembre per scaldarci davanti al caminetto del primo canale, tra terremoti e smarginature, e poi, chissà, penseremo ad altri modi creativi per farla finita, anche se purtroppo non ci sono mai tizzoni ardenti a portata di mano.