Intanto faccio una foto ai miei calzini rossi cercando di inquadrare anche il logo di Starbucks sulla parete in fondo
Sapete com’è Facebook, no?, che quando si mette a camurria, anzi proprio miii a torroncino, l’unica cosa che puoi fare è cedere per sfinimento. Da qualche settimana, siccome un mio amico-di-facebook-che-non-ho-mai-visto-in-vita-mia ma che vive anche lui a Francia aveva cliccato MI PIACE su Starbucks.fr, insomma a me continuava a comparire, mentre rispondevo ai messaggi privati dei fans e delle fans del blog, il simbolo di Starbucks, quello nuovo, e io continuavo a dire NO, non ti clicco manco morto, ma poi, casca l’occhio oggi casca l’occhio domani, alla fine cedetti.
E scoprii che da un paio di settimane facevano un caffè a edizione limitata, doux ou corsé?, e che se ero curioso potevo chiedere delle informazioni ai BARISTAS. Proprio così, c’era scritto Baristas, con la -s finale. Poi, come tutte le cose che finiscono su twitter, me ne ero completamente dimenticato. L’altro giorno, sto camminando su Rue Saint-Antoine, che avevo un appuntamento ma senza fretta, Rue Saint-Antoine essendo una delle mie preferite e un giorno mi ci compro casa-là, e preparatevi che se riesco a comprarmici casa-là allora avrò anche l’argento per invitarvi tutti a cena dall’entrée alla tarte aux pommes senza passare dal via, insomma mi imbatto, sul marciapiede, in un cartonato tipo questo:
E mi son tornati alla mente i ragionamenti che avevo fatto quando avevo cliccato su Facebook, del tipo: amici di Starbucks, io vi voglio bene, ma a me pare che tutto ‘sto spreco di energie a parlare di espresso non vi faccia bene. La gente da voi mica ci viene per prendersi l’espresso, che, tra virgole, ha sempre quel retrogusto di bruciacchiato che verrebbe voglia di citarvi in giudizio tipo per sempre. No, la gente viene da voi per tante altre cose, sintetizzabili nel concetto di: SPARARSI LE POSE. Spararsi le pose col solo scopo di abbordare altra gente che si spara altre pose, o spararsi le pose per poi spararsi le pose su timeline e dashboard varie: un vero e proprio spararsi le pose alla seconda che, in effetti, equivale a spararsi le pose nel senso letterale del termine (quella funcia, perché certa gente sente l’esigenza di fare quella funcia?) (ogni volta che qualcuno fa una foto alla propria funcia da Starbucks muore un ciribiribì Kodak).
Insomma entro. C’è la fila, il chiacchiericcio, gli hipster, le ragazze pettinate a selahsue, le solite cose. Viene il mio turno e la tipa da dietro il bancone mi fa BONJOUR! Sono le sei di pomeriggio. Io la guardo e dico: Salve, signorina BARISTAS, vorrei che lei mi illustrasse le proprietà specifiche dei due espresso della settimana, come ho letto sul vostro sito. Lei sorride un po’ disorientata, guarda la sua collega BFF che riempiendo di panna un bicchiere di plastica che ora sembra bello ma tra cinque minuti farà solo venir voglia di vomitare, e poi mi risponde: GNENTE, c’è quello un po’ vellutato e quello un po’ corposo. Io faccio la faccia a parentesi aperta e penso: E vabbè, ma allora ero bravo pur’io a fare il BARISTAS! Le dico, affranto: vabbè, mi faccia quello vellutato che io sono un bravo ragazzo. Lei sorride come un’automobile che rischiava di finire fuori strada ed è appena rientrata in carreggiata e mi si rivolge comme ça: Benissimo, allora, dunque, voilà, dimmi, COME TI CHIAMI?
A parte questo passaggio al TU che, boh, ci conosciamo forse?, si può sapere perché vuoi sapere come mi chiamo? Lei dice: è per SVELTIRE la coda così il mio collega BARISTAS fa prima. Ah, ok, dico io, se è così allora va bene. Solo che, penso, il mio nome quando lo dico qui a Francia, ma anche laggiù a villaggio transalpino, non lo capisce mai nessuno e allora niente, le dico un nome FALSO: ahbauì, ok, vediamo, mi chiamo, ecco, mi chiamo ENZO. Lei capisce al volo (Enzo è uno dei nomi più diffusi su terra esagonale, non mi chiedete perché, pensateci da soli un attimo e capirete) e scrive da qualche parte ENZO.
Pago, scorre un po’ di gente, aspetto che l’ultimo BARISTAS della catena di montaggio mi dia il mio espresso vellutato, intanto mi storco tutto per fare una foto ai miei nuovi calzini rossi cercando di inquadrare anche il logo di starbucks sulla parete in fondo (applicare filtro susannah!), quando sento qualcuno che urla ENZO! ENZO! Sulle prime non capisco, poi mi ricordo che IO, io sono Enzo! Il Baristas mi porge il bicchierino di cartone, ma moi, io non lo prendo e anzi lo rimbrotto: mais alors! Avevo detto Sur place! Lui sorride, mi dice Mi scusi tanto, ENZO, e subito, come un vero baristas che ha già fatto questo gesto mille volte, rovescia l’espresso vellutato dal bicchierino di cartone dritto in una tazzina bianca e me la porge: Buon après-midi, ENZO!
Mi siedo su una poltrona, fingo di leggere il libro che mi porto dietro giusto per quando vado nei bistrot o nei posti a darmi i toni ma in realtà non so di che cazzo parli, mi sparo qualche altra posa a muzzo e alla fine scopro quel che non c’era manco bisogno di scoprire: l’espresso vellutato special edition ha un retrogusto di bruciacchiato come tutti gli altri espressi di starbucks. Voilà.
Io vado a NY tra un mesetto, lo giuro su dioh, che Tiffany e Starbuck’s non mi avranno.
Mai.
Minchia quanti ciribiribì Kodak ho ucciso.
*Zit: guarda che poi vogliamo sapere se ce l’hai fatta, eh
*Silvia: hai fatto bene. Tu puoi.
Enzo, rido.
Aspetto l’appartamento in Rue Saint-Antoine, ça va sans dire.
Baristas? le fidanzate dei Sopranos, no?
ciao Enzo
E’ inutile, a Francia L’Espresso non lo sanno fare. Dire che fa schifo e’ un complimento. Che poi hanno le macchine giuste, il caffè giusto, le cialde e tutto… ma niente ! Sarà l’acqua…
Mi portano un espresso, io gli faccio e’ troppo lungo. Lui lo prende ne svuota meta’ nel lavello e me lo ritorna. Voila’.
Ci ho pensato da solo più e più attimi ma a come mai Enzo sia il prénom più amato di tutta la Gallia comata non ci sono ancora arrivato. Forse non posso capire.
D’altro canto la ricerca della sontuosa query ‘ciribiribì kodak’ su youtube mi ha reso grato al continuo spaziotemporale per il fatto che una tale catchphrase da denuncia abbia fatto le sue vittime quando ero ancora ben lontano dall’età della ragione.
Caro Enzò (che anche io non ho capito perchè è il più diffuso nell’esagono), a me italiana Starbucco piace un po’ come le pringles quando nel nostro stivale (giustamente) non le vendevano, che poi invece oggi le schifo a mostro!
però quello che mi fa impazzire sono i frappuccini buoni buoni buoni!
Enzo… di la verità… credevi di aver fatto colpo sulla Baristas!