Acqua che scorre mentre leggo il giornale

Scrivere di Carlo Conti, per chi scrive di tv, significa ogni volta raccogliersi col cucchiaino dopo la nottata di bagordi finita all’alba per “dimenticare tutto questo”. Significa doversi confrontare con se stessi, con i propri limiti, le proprie scelte esistenziali, i propri traumi. Significa doversi reinventare, gettarsi anima e torcia in fondo al barile e scavare scavare scavare, per trovare, se ci sono, altre parole per dire quello è già stato detto ma che nessuno ha mai voluto ascoltare; per non nominare uno a uno i comici discutibili da lui lanciati e mantenuti tipo legge Bacchelli ma-sulla-bolletta-della-luce; per spiegare quello che in Italia è la regola dello spettacolo, e non solo: non avere alcun talento è meglio, molto meglio.

Quest’anno, giusto per evitare l’accusa di copia-incollare gli altri-due-che-tanto-non-gli-arrivi-manco-al-tallone, Carlo Conti s’è fatto furbo: “perché sforzarsi di fingere quando posso essere tranquillamente me stesso, cioè Il Guardarobiere Che Tiene Magnificamente La Giacca Della Pausini?”. D’altronde, la scelta del cast era già un anticipo della dichiarazione di resa all’idea di fare anche solo un brainstorming degno di questo nome:

– Ragazzi, ho pensato a una sorca, a un sorco, e a una che fa ridere ed è pure sorca
– Perfetto, andiamo a pranzo?

Madalina Ghenea, famosa aver accettato di regalare il proprio, ehm, culo a cause di forza maggiore, cioè la locandina del primo film post-Oscar di Sorrentino (“Signorina Ghenea, suo padre non l’ha presa proprio bene” “Lo so, ma io sono contenta perché Sorrentino ha usato il mio corpo come veicolo di un messaggio” “Se le do il mio numero privato me lo manda pure a me questo messaggio?”). Gabriel Garko, il bello delle donne che piace alle donne anche quando dice in diretta di avere scariche diarroiche (“io sono così, come tutti voi”), uno che vive la propria vita spericolata (esplosioni, incendi, morti) manco fosse una delle fiction settembrine di Canale 5, uno che può dire “Non c’è niente da giudicare, l’importante è che non diano fastidio a persone che non vogliono essere infastidite” senza che Giovanardi, Gasparri e Quagliariello lo candidino a sindaco di Roma (forse la frase sul fastidio era riferita al suo mentore Teodosio Losito che negli anni ’80 si accompagnava al polisessuale Ivan Cattaneo, ma soprattutto andava a Sanremo con il nickname TEO e il ritornello “Ma chi gatto me l’ha fatto fare“: 0′:58”). E poi Virginia Raffaele, che appena la nomini ci devi anche infilare da qualche parte “bravissima” e “Paola Cortellesi”, ma a cui poi bisogna tarpare le ali per il terrore che ti dia una spinta fuori dal palco a suon di “Ahò Coso, ma te ne voi annà?”. Ma il 49% degli italiani è con te, caro Carlo, quindi bravo. Vai a fare le fotocopie alle scalette dell’anno scorso e dell’anno prossimo, leva ancora due o tre spunti creativi che possono bipolarmente infilarsi tra Sergio Friscia e Rocco Tanica e poi è fatta. Il Paese è nelle tue mani.

[Intervallo: Propaganda Cirinnà ante-litteram.
Nel 1972 Nicola Di Bari vince Sanremo con I giorni dell’Arcobaleno.
I nostri bambini vanno ancora dallo psicologo]

Nicola di Bari

Cosa ci ha detto la prima mitragliata di canzoni inedite e quel francese che tanto vi piace:

– Il problema di Noemi e di Arisa non è farsi scrivere le canzoni una (anche) da Masini e l’altra (ancora) dal suo ex, ma aver avuto l’imperizia di presentarsi lo stesso anno con i loro rispettivi capolavori, Sono solo parole e La notte. Era il 2012, arrivarono terza e seconda, e niente  fu più lo stesso.

– La canzone degli Stadio è una delle potenziali canzoni-killer di quest’anno. Gaetano Curreri, che ne sa a pacchi, sa anche che dei testi non gliene frega niente a nessuno, ma degli UOUOUO eccome (i Coldplay ci hanno costruito una carriera che solo verso la fine, cioè oggi, ha cominciato a rivoltarglisi contro).

– Il pezzo di Morgan e di quel che resta di Andy, di Livio e dei Bluvertigo è un pezzone. Specie quando dice “Televisione banale/ Acqua che scorre mentre leggo il giornale”, o quando cita Elena Ferrante cantando “Poooi scegliere le canzoni ideali da consigliare agli amici geniali”. Ma è anche molto sanremese. Un pezzone sanremese. Specie quando ripete ad libitum “Semplicemente”. Peccato per tutte quelle note a pie’ di pagina.

– L’Italia potrà finalmente “dire il suo nastrino” quando Giovanni Caccamo porterà una canzone scritta da panettoncino Sangiorgi facendo il duettone non con cosa, là, ma con, boh, Fedez?, Franca Leosini?, mentre sullo sfondo Platinette fa le prese con Raimondo Todaro su coreografia di Steve Lachance, Maura Paparo e Michele Anzaldi del Pd.

Maître Gims, mi raccomando il circonflesso, è famoso per aver fatto parte di un gruppo, i Sexion d’Assaut, fieramente omofobo (1’10: “Il est grand temps que les pédés périssent. Coupe-leur le pénis, laisse-les morts, retrouvés sur le périphérique”). Ma meglio non dirlo a nessuno, capace che diventa il nuovo inno del Family Day (e poi: perché rovinare la festa ai dischi di platino e a chi l’ha mandato primo in classifica?). Ad ogni modo, gruppo o non gruppo, qui in Francia lo ascoltano solo i grezzi, i tasci, gli zarri. Ma voi fate come vi pare, eh. Chi siamo noi per giudicare.

– Prima di sbilanciarmi sul vincitore di quest’anno dico che sabato il Napoli gioca con la formazione tipo. E non è un piccolo particolare. Wake up guagliu’.

 

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *