“Svegliati nonna, di là c’è un ammiraglio che si chiama Luigino Pirandello”

– E dove le tengo queste ricchezze?

– Nelle carni vostre, Filonia! Voi possedete tre feudi: uno a levante, uno a ponente e l’ultimo a mezza costa. In quello di levante c’è una vallicella profumata e ummirosa, sopra alle quali c’è macari un boschetto fitto fitto; in quello di ponente non ci sono àrboli o erba, tutto è liscio, la terra è comu la sita e in mezzo a dui vallunate ci sta una grotticella stritta e ammucciata; in quello di mezza costa ci stanno due montagnole bianche come il latte e hanno la cima rosa. Non vi parono ricchezze queste?

Il re di Girgenti

 

Dunque Raiuno si è messa a fare i “documentari/road movie sui libri” trasmettendoli il sabato sera in prima serata. Se me lo avessero detto anche solo cinque anni fa avrei pensato di essere caduto nel pozzo dei pazzi e avrei chiesto pietà di me. Invece la tv va molto veloce, e anche gli elefanti di sessant’anni pieni di acciacchi ogni tanto si ricordano di poter osare il grande boh (l’anno scorso era Lorenzo Jovanotti: l’anno prossimo userò una frase di Camilleri per il doc, che ne so, su Checco Zalone).

 

 

andrea-camilleri

 

 

 

[Per molti anni ho esibito un granitico disprezzo nei confronti di Andrea Camilleri. Colpa di Montalbano? Un po’, ma soprattutto colpa della cocciuta superbia di un lettore che si crede in diritto di privarsi di qualcosa che potrebbe fare al caso suo – ma ancora non lo sa – per ragioni davvero insignificanti, non ultimo quello di sapere di essere un lettore forte forte forte e, dunque, credere di saperne di più degli altri, anche degli scrittori stessi. Che cazzate.

 

Parziale discolpa: io mi ero lanciato nel cimento. Alla fine dell’altro secolo. Un cimento di una trentina di pagine. A me, quella lingua impastata di parole italiane e di parole siculo-vere e siculo-inventate, non mi calava. Meglio, mi sembrava una vera pigghiatina pi’ fissa (vivevo in un posto in cui le pigghiatine pi’ fissa non erano viste benissimo: c’era, diciamo, una certa sensibilità sul tema, tutto attorno a me). E andavo anche vantando questa mia asserzione in giro per il mio piccolo mondo. Per un certo periodo la mia missione fu convincere altri siciliani come me a boicottare uno scrittore siciliano che – non lo dicevo con queste parole ma il senso era lo stesso – si faceva beffe del mondo spargendo confusione non solo in noi povera gente, ma anche nei lettori del Settentrione. Come quella signora di Vigevano, amica di mia madre, che una volta, a cena in una pizzeria di Sferracavallo, mi aveva decantato le lodi del Commissario Montalbano – tradendo una fascinazione pre-televisiva e perciò non tanto più genuina ma semplicemente più sua, per un personaggio che ancora non era condiviso visualmente da una ventina di milioni di italiani – la quale signora di Vigevano aveva ormai introdotto nel suo parlato di sciura lombarda delle ricorrenti espressioni sicule camilleriane, pronunciate però nel modo in cui erano scritte nel libro, modo che non corrispondeva alla pronuncia del mio palermitano, per esempio, e che quindi non riconoscevo, da cui il mio rifiuto totale verso quei libri dalla copertina blu, e per la signora di Vigevano. La odiavo. Come odiavo Montalbano, Augello, Catarella, Livia, Camilleri, tutti.

 

(Poi, mentre leggevo New Italian Epic di Wu Ming, mi dissi: ma niente niente?) (L’epifania) (Seguono degli anni, fino ai giorni nostri) (I miei preferiti, in ordine di esaltazione: a pari merito Il re di Girgenti e la Presa di Macallè) (Al terzo posto invece Maruzza Musumeci) (come noterai sono tutti non-Montalbano) (che poi ho anche letto, e ricavandone graziosa soddisfazione, un po’ come le arachidi, che non me le vado a cercare, a differenza delle noccioline che forse è meglio nascondere se m’inviti a casa tua, ma quando le mangio poi le mangio) (Montalbano, dico)]

 

 

Camilleri Mannino

 

 

Camilleri, il maestro sì va bene.

 

Poche persone al mondo riescono a farmi venire voglia di sorridere senza aprire bocca – ma anche facendolo – e semplicemente riempiendo uno spazio, o uno schermo. Parlo di persone che non conosco di persona, che quelle che conosco mi fanno spesso venire voglia di non conoscerle. Una di queste persone che non conosco è Teresa Mannino. Potrei dire molte cose della mia passione scellerata per Teresa Mannino. Dico solo che “Teresa Mannino” rappresenta tutto quello che approvo di una certa palermitanità mainstream (la palermitanità non mainstream, che ne so, di Emma Dante, è facile e la spendi meglio agli apéro e nelle feste parigine: la conoscono in molti) (appunti per un prossimo tema da svolgere: Emma Dante). Di solito quello che io approvo della palermitanità mainstream è veramente poco, ma nel caso di “Teresa Mannino” questo poco è tutto. Io non la posso vedere, nel senso che appena la vedo anticipo quello che sta per dire, di solito esclamazioni, intercalari, facce, espressioni, movimenti della mano, come nella più clamorosa delle sovrapposizioni. Quando io vedo alla televisione “Teresa Mannino” io divento “Teresa Mannino”. Spero di non incontrare mai Teresa Mannino dal vivo: dovrei smettere di essere “Teresa Mannino” e non sono sicuro di come la potrei prendere.

 

 

Teresa Mannino, ovvero “io”, è andata in giro sulle tracce di Camilleri, tra la stazione Termini e Porto Empedocle (“Il posto più brutto di tutto il mondo”, mi dissi nell’estate del 1999, prima di prendere il traghetto per Lampedusa) (che invece è il posto più bello del mondo), ed è venuto fuori questo bel documentario (di Claudio Canepari e Paolo Santolini, prodotto da Anele e Sellerio) pieno di cose molto OHH tra cui per esempio la scoperta che il libro di Camilleri preferito da Camilleri è Il re di Girgenti: seduto sul divano, ho alzato il pugno verso il cielo. Capitemi. Questa cosa, cioè che il tuo libro preferito di uno scrittore è anche il libro preferito dello scrittore stesso, è una cosa che può gratificare come poche cose al mondo:  ti fa balenare l’idea – e anche solo un centesimo di secondo è sufficiente – di essere in sintonia con quello scrittore e di aver capito tutto di lui, anche se probabilmente non hai capito niente, ma non nel senso di ‘niente’, nel senso di ‘altre cose’.

 

(Ah, comunque non erano passati manco due minuti dall’apparizione di Camilleri nel documentario che già quello si accendeva la prima sigaretta: andatevene tutti affanculo)

 

E poi scopre che Camilleri lo conoscevano tutti prima di noi, Lo Cascio Gifuni Emma Dante Antonio Manzini sua nipote; che l’idea di scrivere mezzo italiano mezzo siciliano gliela diede suo padre; che Pif e Francesco Piccolo si confermano i veri prezzemolini dei giorni nostri; che quella volta che l’anno accademico era appena iniziato si rivolse ai suoi nuovi alunni dicendogli “Mii che camurrìa” e poi se ne andò; che il suo amico ristoratore s’è fatto la prigione per un “topo” (“un topo?” “eh, un topo”); che quella volta in campagna lui, i suoi amici Fefé, Ciccio e quella ragazza di Venezia ne combinarono su quei materassi (“ecco, mi hai fatto raccontare una storia che non volevo raccontare”); che a scrivere i Montalbano ci mette pochissimo mentre i romanzi storici, no, sono più complicati; che ha già scritto come finisce Montalbano (“Riccardino e qua mi fermo”); e il silenzio condiviso con Teresa, e i racconti, come questi:

 

“Interno giorno ore tre del pomeriggio di una giornata di fine maggio che già sembra luglio. Io stavo giocando al Piccolo Chimico, bussano alla porta e mi trovo davanti un Ammiraglio in uniforme cioè a dire la feluca, la mantellina, lo spadino e mi fa, dalla porta: Cu sì tu? E io ci dico: Io sugnu Nené Camilleri. Lui dice: Senti, c’è tò nonna Carolina? Io ci rissi: Sì, c’è. E lui: E allora dicci che c’è Luigino Pirandello che la vuole salutare. Io ci rissi: Trasissi. L’ho fatto entrare, ho chiuso la porta, sono andato nella stanza di mia nonna che dormiva e le ho detto: Nonna, svegliati, di là c’è un ammiraglio che si chiama Luigino Pirandello. Mia nonna cominciò a vestirsi in fretta: Madonna, Luigi Pirandello! Vado nella stanza di papà e mamma: Vedete che di là c’è l’ammiraglio che si chiama Luigi Pirandello. Lo stesso panico. Torno nell’altra stanza e vedo mia nonna e l’ammiraglio abbracciati. Mia nonna piangeva e l’ammiraglio le batteva la mano sulla spalla. Erano cugini primi, figli di due sorelle”.

 

*

 

Parlare di libri senza parlare di libri, mescolando lingue e linguaggi, in prima serata: pensaci, la prossima volta che ti verrà in mente Raiuno e ne parlerai male, come al solito (il documentario si può vedere su Rai Replay ancora per qualche giorno).

 

One Reply to ““Svegliati nonna, di là c’è un ammiraglio che si chiama Luigino Pirandello””

  1. a Teresa perdono gli aperti e i chiusi, gli accenti e i toni tutti. solo a lei. e a Camilleri che non pretende di essere una voce da fuori ma da dentro.
    chiara vero?

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *