César 2012: trionfa The Artist ma i francesi rovinano la festa a Jean Dujardin
Il 2011 è stato un anno esagerato per il cinema francese. Ma esagerato non rende abbastanza l’idea. Un anno-che-non-torna, talmente fuori scala che lascerà dietro di sé elucubrazioni, riflessioni e rimpianti. D’altronde, parliamo pur sempre di cinema francese. Due dati su tutti: 215 milioni di “entrées en salles”, record imbattuto dal 1967 e l’abnorme cinefilia che da sempre li contraddistingue: nel 2011 il 70% della popolazione francese è andato almeno una volta al cinema.
Ma tutto questo non sarebbe successo senza un nutrito gruppo di film che resterà negli occhi, nelle teste, dove ci pare. Un gruppo di film che ha invaso ogni genere, come da migliore tradizione esagonale (checché ne dicano i provincialotti italiani che non lo sanno, ma giocano nella stessa squadra del Ehi Ma Loro Non Hanno Il Bidet): commedie, blockbuster, thriller, documentari, film di animazione, film a sfondo sociale, film sui film.
The Artist? Chi ha detto The Artist? The Artist, che fa rima con tre Golden Globes e dieci candidature agli Oscar. The Artist, film fatto dai francesi che sfida da pari a pari gli americani: Hollywood pose un genou à terre face à un produit français, scriveva ieri Libé (certo, sarebbe bello sapere cosa sarebbe stato di The Artist se Harvey Weinstein non si fosse innamorato del progetto e non lo avesse scelto come cavallo su cui puntare). Sta di fatto che The Artist, dopo un debutto tiepido in patria, ha cambiato pelle e marcia, generando discorsi su discorsi e rendendo quasi vano ogni giudizio vincolato allo stretto filmico. Un unicum estetico che non cercava altra originalità se non in quella riuscita mimesi sperimentale. Ok, ma poi c’è dell’altro, e questo altro è quello che qualcuno banalmente chiama cinema.
The Artist era dunque il grande favorito ai César 2012. E non ha deluso le attese. Sei premi su dieci candidature: Miglior Film, Michel Hazanavicius Miglior Regista, Bérénice Béjo Migliore Attrice Protagonista, Colonna sonora, Fotografia e Décors. Un quasi-trionfo, segnato però dalla sconfitta clamorosa del superfavorito Jean Dujardin, già Miglior Attore a Cannes. Nelle ultime settimane Dujardin aveva occupato letteralmente la scena e le prime pagine di tutti-ma-proprio-tutti i quotidiani, i settimanali e i mensili. Aveva già vinto il César ma alla fine non l’ha vinto.
Durante la serata un giornalista di Libération ha twittato: Se fossi al posto di Dujardin urlerei come un pazzo. E in effetti è sembrato quantomeno curioso questo smacco all’uomo che ha Invaso Gli Stati Uniti. Uno smacco che sa di cazzimma, di dispetto, di voglia di farsi comunque notare: guardate, siamo francesi, e lo siamo talmente che abbiamo in casa un attore persino più bravo del più bravo di tutti. Omar Sy.
Omar Sy, anni passati tra le retrovie televisive, per quanto brillanti, del Grand Journal di Canal+. Omar Sy, campione di incassi con Intouchables, appena uscito in Italia col titolo di Quasi amici. Omar Sy, tra i francesi più amati nella speciale classifica del Journal du dimanche che tanto fa costume. Omar Sy, un attore-non-attore in grado, con una risata travolgente, una simpatia virale e una grande energia fisica, di tenere in piedi un film mediocre e di vincere un César come miglior attore dell’anno. Ben oui. (Ognuno).
E poi c’erano gli altri film e gli altri tutti, a maledire di essere capitati nell’annata sbagliata. Polisse, La guerre est déclarée e Apollonide raccolgono più o meno le briciole. Così anche Le Havre (ma va bene così, meno gente sa di Aki Kaurismaki e meglio è). Meglio va a L’exercice de l’état e al piccolo Angèle et Tony, ma nel complesso i pesi e gli equilibri sono stati rispettati.
La cerimonia è stata trasmessa da Canal+ e si è distinta per ritmo e brio (sì, ho usato la parola brio). Introduzione come agli Oscar, con il conduttore che ha più o meno rifatto le scene dei migliori film dell’anno. La liturgia delle nominazioni è stata spesso ravvivata da presentazioni azzeccate (su tutte, Sara Forestier). Ma, soprattutto, una regia eccellente, capace ad esempio, di staccare-sempre sui volti dei protagonisti quando venivano nominati e di cogliere dunque i momenti salienti della serata. Momento amarcord con Kate Winslet che ha ritirato il César d’onore dalle mani di Michel Gondry, che a sua volta le ha dedicato un poemetto pieno di doppisensi sessuali in franglais (Kate non ha capito niente, ha riso imbarazzata e dopo ha cambiato discorso scherzando sul proprio décolleté). Ah, dimenticavo: nessuno ha letto il gobbo.
Vive le cinéma français!
Se Dujardin avesse retto un film socialmete tortuato, senza colonna sonora e con qualche nudo frontale, il Cesar se lo sarebbe preso. Ma si e’ holliwodizzato, si diverte e fa divertire senza vergognarsene o rimandare a metafore di disillusione postsessantottarda, e questo la Francia fatica a perdonarlo. Mica si e’ sverginato con “La Haine” lui. Ne’ con le pacchianate cheesy di Luc Besson. {No perche’ vogliamo parlare degli sketch orrorrerrimi di Omar & Fred, tutti nessuno escluso?)
E’ come crescere un figlio e rinnegarlo quando comincia a mettersi il gel nei capelli per portarsi a casa le ragazze.
Spero che Weinstein non sbanchi tutto agli Oscar. Io tifo The Help.
*Belg: mi piace molto la tua immagine finale. Pourtant, oggi leggo che TUTTI tifano per lui agli Oscar. In radio e in tv non fanno che esaltarlo per essere nella stessa categoria di Brad Pitt e Clooney. Li piglierei a manate, li piglierei.
Gli sketch di Omar e Fred vivono solo per la ridarella che ti appiccica Omar, come nel filmetto da 19 miloni di ingressi. Buonumore minimo.
*Zit: dire che i nostri gusti cinematografici sono agli antipodi è dire poco : )
amo il cinema francese. ancor prima della francia e dei francesi. riescono a mettere il meglio nei loro film. così come molti scrittori sono meglio sulla carta e certi cantanti su lp.
aspetto oscar. che arriverà quando dormirò
Delgiardino si accontenta del buon vecchio zio oscar.. 🙂