Fabio Fazio, Roberto Saviano e Roberto Benigni: Vieni via con me, la televisione che si nutre di Eccezione

vieniVieni via con me
Conduttori: Fabio Fazio e Roberto Saviano
Autori: Fabio Fazio, Roberto Saviano, Pietro Galeotti, Marco Posani, Francesco Piccolo e Michele Serra.
Regia: Duccio Forzano
Ospiti: Roberto Benigni, Claudio Abbado, Nichi Vendola, Angela Finocchiaro, Daniele Silvestri
Risultato: 7 milioni 600mila spettatori, oltre il 25% di share

Cos’è Vieni via con me? Un varietà? Un programma di informazione? Di satira? Di costume? Forse un po’ di tutto questo, sicuramente un ritratto molto fedele dell’Italia di oggi, in cui ai più sembra necessario ripartire dalle fondamenta per poter tornare a costruire qualcosa di perlomento decente. E ripartire dalle fondamenta significa probabilmente anche ripartire da scenografie essenziali, messe in scena di impostazione teatrale, silenzi, sottrazioni di aggettivi e di colori, monologhi che, rapportati alla dittatura dello stacchetto, durano un’eternità.

A Vieni via con me si è parlato molto di felicità, di talenti, di pericoli, di bellezza, di inferni vari, di politica, di persone. Di Storie. La presenza di scrittori di varia provenienza nel team di autori ha dato all’intero programma una chiara impostazione narrativa. L’uso più o meno controllato della retorica, dell’ironia e di altri meccanismi puramente tecnici hanno provato a raffreddare l’incandescenza delle attese e l’ambizione di racconto: l’Italia, gli Italiani.
Su tutti il meccanismo più evidente, il più semplice e immediato: l’elenco che procede per posizioni e opposizioni (riferimenti più o meno inevitabili: il Giudizio Universale della rivista Cuore, il Rock/Lento di Celentano, le nostalgie di Carlo Conti), vera e propria punteggiatura dell’intera costruzione discorsiva. Ma tutto, in questa televisione, è stato racconto.

Roberto Saviano. Il primo monologo si è concentrato sul concetto molto attuale di Macchina del Fango. Partendo dai noti e recenti casi, senza fare nomi e cognomi, è tornato indietro nel tempo, riportando alla mente di molti di noi una stagione violenta e cupa. La stagione delle stragi.
Un testo ottimamente scritto, che ha informato, sorpreso e commosso. Saviano è partito in sordina, molto normale: ha affrontato fatti e notizie che molti ormai conoscono fino alla nausea, mettendosi in cattedra e svelando un intento pedagogico al limite del naïf. Ma poi ha saputo compiere un twist impressionante. Da professore pedante si è trasformato in affabulatore seduttivo. E ha saputo farlo parlando di Giovanni Falcone. Ma, soprattutto, parlando di se stesso. Un grande discorso civile ma soprattutto un grido di aiuto: non lasciatemi solo, io sono ancora vivo.

Roberto Benigni. Testo completamente differente, ma anch’esso costruito in funzione di un climax esplosivo. Inizio in surplace, per un vecchio animale da palcoscenico che tornava dopo tanto tempo in televisione, a titolo gratuito. Benigni ha rispolverato alcuni cavalli di battaglia, ha prodotto una versione aggiornata e corretta del proprio repertorio, citando la rete e Spinoza (per la serie: Luttazzi, ci vuole molto?), facendo sorridere ma anche ridere di gusto. Un intervento di puro mestiere che, a mano a mano che i minuti passavano, ha saputo smarcarsi dalle facili ironie dell’attualità toccando la vetta più alta nell’appello diretto a Schiavone, il boss dei Casalesi. Un momento apparentemente leggero ma talmente denso di dramma da risultare insopportabile: la vita, la morte, il gioco, lo scherzo. Benigni sudava quel sudore della fatica, del mestiere, del talento, dell’essere costretti a scendere nell’assurdo e farci i conti. Accanto a lui, Saviano impietrito, portato, infine e con maestria, a ridere di se stesso, della propria condanna a morte, del proprio nemico, convitato di pietra non gradito ma inevitabile. Minuti irripetibili, sontuosi. Servizio pubblico.

Vieni via con me è poi scivolato senza infamia e senza lode, ma sempre con una cura dei dettagli che ormai in televisione non esiste più, dalla gag sussurrata tra Fazio e Benigni ai titoli di coda che finalmente rendono onore a tutti i lavoratori che stanno dietro un programma del genere. Tra i momenti da ricordare: Daniele Silvestri che si confonde sul testo di Io non mi sento italiano di Giorgio Gaber, Fazio che fa il valletto di Benigni portandogli una bottiglietta d’acqua.
Nel complesso uno show importante, come da tempi non se ne vedevano. Uno show non privo di sbavature e di tempi non proprio televisivi, ma proprio per questo fuori dall’ordinario. Uno show di cui rimarranno, giocoforza, le parti più spudorate, dall’osceno disvelamento di Nichi Vendola alla canzone di Benigni. La sfida per le prossime puntate sarà proprio quella di mantenere e modellare queste e altre eccezioni, senza le quali, probabilmente, Vieni via con me non esisterebbe.

19 Replies to “Fabio Fazio, Roberto Saviano e Roberto Benigni: Vieni via con me, la televisione che si nutre di Eccezione”

  1. Su Falcone e sul finale mi sono quasi commossa.
    E c'è da dire che non mi mettevo davanti alla tv da tempo immemore, perchè trovavo sempre meglio da fare. Stavolta no.

  2. Molto bello, e la scenografia, e il tuo giudizio, sempre. Tu il mio critico tv (anche tf e cine) preferito.
    Unica cosa, mi chiedo se davvero gli elenchi 'resto qui/vado via' (in moltissimi sul sito) vengano davvero letti ed utilizzati. Sono troppi da vagliare, ma forse è un'idea mia.

    Ilaria

  3. @ Grace8: è vero, ora che mi ci fai pensare è la prima volta che capita anche a me. ed ecco perché tentavo sempre di mettere in pausa o tirare indietro =)
    stizzofrenica.

  4. Momento Falcone a parte, in cui ho aperto i rubinetti alla grande, ma sono giustificata dal ciclo insomma…
    Ho adorato proprio i tempi non televisivi e la conclusione…tanti piccoli italiani tarantolati che si liberavano dalla polvere di dosso. 

  5. non lo so, a me invece è sembrato un programma molto tradizionale televisivamente parlando, e ho avuto più la sensazione di un'occasione persa che di un successo: Saviano (che stimo per il suo averci messo la faccia, dunque per il suo enorme coraggio) è risultato spesso retorico e nonostante avesse a disposizione il mezzo televisivo per parlare finalmente della mafia infiltrata nelle istituzioni è stato sorprendentemente reticente e ci ha raccontato cose che sappiamo ormai tutti. Ecco, non lo ha fatto…e avrebbe potuto.

    Benigni:  ho apprezzato paradossalmente il Benigni serio e non il comico, evidentemente ormai arrugginito a causa della poco assidua frequentazione della comicità televisiva. Mi è piaciuto quando si è esposto in prima persona mandando affanculo i mafiosi per nome e cognome (cosa che finora non avevo mai sentito in televisione, nemmeno dai più accreditati avversari della mafia) e ancor di più mi ha convinto quando in modo semplicemente geniale si è rivolto a Schiavone esortandolo a scrivere un libro contro Saviano.

    Abbado, che dire…l'elenco che ci ha letto con una voce metallica e distante anni luce, sembrava steso da un bambino delle elementari nel suo modo ingenuo e naif di focalizzare la nostra attenzione sul perchè la cultura sia importante soprattutto in tempi di crisi. Eppure Abbado è Abbado…

    Fazio, ogni volta mi sembra di sparare sulla croce rossa, ma è più forte di me, non riesco davvero a sopportare il suo modo di ridurre il tutto a un estratto del libro Cuore con i suoi servilismi non richiesti, il suo mellifluo ammiccare complimentoso e melodrammatico…

  6. *Grace: e dire che non lo volevano, il programma

    *Ilaria: avranno molte persone addette alla scrematura, almeno spero

    *Also: degno finale

    *Stizzo&Yet: no, non succede spesso

    *Worm: about Saviano, io non sarei così sicuro che l'occasione sia persa. Io vedo in questo programma un progetto di quattro puntate. Vediamo le altre, poi tiriamo le somme.

    *Watkin: pensavo che l'aggettivo osceno in corsivo fosse sufficientemente chiaro. Il senso è: rimarranno le cose più evidenti come la canzone di Benigni e il gesto di Vendola, osceno per quelli che ancora ritengono osceno che le cose vengano svelate, appunto, e ci costruiscono sopra i titoli dei giornali.

    *Darshine: Celentano was in the air

  7. non l'ho visto, perchè non ho la televisione e mi perdo quasi tutto il palinsesto che potrei vedere online volutamente, ma sono contenta che ne hai scritto e mi fai venire voglia di cercare la puntata, o almeno degli spezzoni.

    Zion

  8. TFM io ti adoro e lo sai e mi piacciono i tuoi commentatori, in questo caso Worm tiene la mia più alta considerazione, non tanto per Saviano sul quale concordo, avrà tempo, se vuole, quanto più per Fazio, che mi ha proprio sbrindellato l'attenzione (per così dire) e Abbado. Su Benigni non so, credo invece che per fortuna sia abituato a tempi teatrali e per questo lo apprezzo di più se lo fa in tv.
    @ Worm: non ci credo che non scrivi più il tuo blog, e dai!!!

    estia

  9. Concordo con le considerazioni di wormholeseeker, sia sull'impostazione generale del programma, che sui singoli interventi. Mi soffermo in particolare su quello di Benigni, ambito a me più congeniale. Benigni è animale televisivo, nel senso di artista in grado di scardinare meccanismi e spiazzare, sfruttando il mezzo, cosa più unica che rara. Ora, al di là della difficoltà per un comico di affrontare il caso Ruby, laddove in effetti era molto più divertente la difesa del premier da parte di Ghedini ad alzo zero, è proprio su quel terreno che devi confrontarti, e sulle aspettative conseguenti del pubblico. Da questo punto di vista mi pare che non abbia esercitato la sua solita carica dirompente, il che non lo relega in automatico al rango di Panariello chi?, ma lo fa apparire poco efficace. Insomma, tolto il minimo sindacale che ci si aspetta da lui, salvo le due parti del monologo in cui invitava, insultandola, la mafia a inviargli delle mignotte come ritorsione. E quella in cui si appellava a Sandokan affinché scrivesse un libro, invece di ammazzare Saviano. Certo, roba grossa, per gli standard televisivi. Non abbastanza, a mio avviso, per sollevare una prestazione al di sotto delle sue possibilità, o forse delle mie aspettative.

  10. ho guardato tutta la puntata con la sensazione di stare assistendo a quanto di meglio poteva darmi quel programma. ho continuato ad aspettarmi qualcosa. ho apprezzato il monologo di saviano. ho trovato stanco e demotivato benigni. credo si siano comunque posti dei limiti per non urtare di più la direzione. però io sono ancora qui che aspetto che qualcosa succeda…
    intanto leggo tieffemme e il tempo si riempie di belle teste…

  11. @TFm: è vero ci saranno altre puntate, e il tempo, come amavano dire i rimpianti borghesi di una volta, è galantuomo…vedremo. Per ora, in questa prima puntata, così come nelle altre occasioni in cui mi è accaduto di sentirlo parlare, conferma una certa sua scarsa predisposizione al mezzo televisivo e al suo linguaggio. L'ho chiamata retorica, ma per onestà intellettuale, non è esattamente la parola che aderisce perfettamente alla sensazione che ho avuto; probabilmente molta parte di questa "sensazione" la si potrebbe attribuire proprio a questa sua specifica incapacità…

    @estia: sai una cosa, ogni volta che mi parte l'embolo della musa ispiratrice, il tutto viene inesorabilmente dissolto da un qualche accadimento più o meno "reale" che m'investe come un tir in contromano in un tunnel autostradale: vedi la luce e credi sia dio che ti viene a salvare…invece è solo un cazzo di fottuto tir che sta per spiaccicarti sull'asfalto.

  12. *Certa: no, non è un errore di battitura. Per la stesura di questo post e per l'attribuzione di genere di questa parola ho penato non poco. Le fonti in mio possesso danno: a) entrambe le possibilità, cioè s.f e s.m b) il Battaglia, come insegna chi di ne sa di norme linguistiche, e che è LA fonte, sostiene che climax sia maschile punto e basta. Quindi io mi sono adeguato.
    Cara certa, se hai altre fonti che smentiscono il Battaglia, mettiamole in comunicazione con il Sommo, questo nodo va sciolto.

  13. Certa che il Rocci dice che è femminile, come qualsiasi vocabolario di greco.

  14. *Il Rocci è un vocabolario di italiano? Climax è ormai una parola della lingua italiana? No e sì.
    Per me possiamo continuare all'infinito la questione, io chiamo i miei testimoni cioè i migliori linguisti del creato, ma certamente questo tuo tono di chi "vuole sgamare gli errori degli altri a tutti i costi" non va mica bene, mi sa 🙂

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