From 10:04 a.m. to 23:37 p.m.

<– E poi accade questo.
Waterloo -Embakment – Victoria Station – Gatwick – Milano Linate- Milano Stazione Centrale – Bergamo Orio al Serio – Ciampino – Roma – Cornettaro sotto casa./Il gratuito “metro” titola “A horrible, sad, bloody sunday”, con riferimento alla strage di Cana. Vorrei leggere di più, ma il tipo si alza al “mind the gap” e butta il giornale lontano da me.
/In fila a Victoria, per il biglietto del trenino: un uomo prima di me litiga con l’impiegato e vomita un inequivocabile “Fuck”. Io e una ragazza e un ragazzo albino sorridiamo. Non sia mai che diventiamo amici.
/Sul trenino per gatwick il controllore dice che il mio biglietto non vale per l’express che ho preso. Devo mettere cinque pound in più. Svuoto le tasche sul tavolino. Arrivo a 3 pound e 74 cent. Non vanno bene. La mia poste pay non va bene. Ho cinque euro e cinquanta. Vanno bene? No, ma se li prende uguale, in ostaggio. Appena arriviamo “ti accompagno a prelevare e ti ridò gli euro”. Grazie. Sulle scale mobili dell’aeroporto (a fine corsa TFM se ne stava allegramente andando ma il tipo lo ha raggiunto, senza sorridere nè altro) facciamo amicizia. “I’m italian”, questuo per ottenere benevolenza. “Oh, coppia”. Coppia? “Yeah, coppia di mondo”. “Vorrà dire campioni del mondo?” “Yeah”. “Oh yeah”. “Ecco, tieni, 5 pound, mortacci”. Fine dell’amicizia.
/Attesa boarding. Un signore accanto a me beve cocacola (sto seminando indizi, avete già capito cosa sta per succedere?). Io mangio un muesli. Il signore accanto a me rutta, fortissimo. Non mi volto verso di lui, voglio cancellare stereotipi. Anche lui: infatti si scusa. “sorry”. Mi volto, sorrido.
/La musica dell’aereo easy jet vorrebbe essere tipo “lounge” (non ho idea di cosa significhi) ma è solo orrenda. Hostess e steward sono in magliettina arancione attillata tipo lycra. Pare di stare ancora a soho. Uno steward è il sosia del cantante cicciobombo dei Keane dopo una pressurizzazione ante volom (ergo: immaginate il suo gonfiore maxillofacciale).
/Mi viene in mente la canzone Enjoy the silence dei Depeche Mode.
/Alla fine del volo, mentre andiamo via, il pilota dice: e l’ultimo che scende si ricordi di pulire tutto!
/Linate. Ritiro bagagli: rivedo il ragazzo albino e l’amica che erano con me a Victoria. Ci guardiamo. Non sia mai che diventiamo amici. Addio.
/La Stazione centrale di Milano è uno dei posti più incredibili che io abbia mai visto. Internet point: 3 euro quindici minuti. Pare ancora di (non) stare a Londra.
/Il pullman per Orio al Serio è sintonizzato su RadioItalia: prima canzone, quella di (Dj) Francesco. Seconda: Non amarmi. Terza: Ron, tutti quanti abbiamo un angelo. L’autista sbaglia strada due volte. Non credo ci siano nessi tra i due eventi.
/Esselunga di via Rubattino. Non ho foto, ma fidatevi.
/Orio al serio, come e più di un mercato indiano o arabo o palermitano. Bordello infinito (contrasto con la morigeratezza delle sciurette bergamasche si comportano come se –e sottolineo come se- non dovessero mai darla a nessuno).
/Ciampino, mi rassicura. Ma i pullman per la stazione sono appena partiti. Ce n’è uno tra un’ora. Sono esausto. Mi avvicino ai taxi. Alcuni sono spenti. La fila di clienti sta venti metri più in là. Rimaniamo io e una coppia di bergamaschi (un bergamaschio e una bergafemmina*). Si avvicina un taxista: “ahò, ndò dovète annà. Ahhh state vicini, allora v’accoppio, ve sta bene? Fàmo metà per uno. Metà tu (cioè io) e metà voi (cioè loro). Vè stà bbene? Allora annamo. Forza e coraggio che me ne vado a casa poi.”
/On voiture. Libri di salsa e di ballo ovunque. Radio sintonizzata sulla disco latino americana delle Capannelle. Io sto davanti. i bergamaschi terrorizzati e silenti dietro. Io e lui chiacchieriamo. Stava in piazza “a protestà, contro questo governo che nun è democratico, che mica se pò alzà la matina e decìde de fare come cazzo je pare!”. “Sì, ma avete ottenuto quello che volevate” dico. E penso: pensa, c’ha il tassametro spento, abbiamo fatto un accordo aumma aumma e mi sta pure a parlare di onestà e di democrazia. Si parla di liberalizzazioni. Di farmacie. Le difende a spada tratta, sarà una specie di “Pride” trasversale contro Bersani. Io attacco farmacisti e caste, oligopoli e figli di papà. Lui mi spiega, mi vuole convincere. Non ci riesce. Arriviamo sotto casa mia. Mi porge lo zaino, mi guarda negli occhi, mi dà una pacca sulla spalla e mi dice: “Ciao, piccolè”. E io, stremato ma solo parzialmente, mi dirigo al cornettaro a prendere sette-pizzette-sette. Io, piccolè. Mi ha convinto. Abbasso le liberalizzazioni//
*

Sì lo so, mi ripeto, però mi andava.

3 Replies to “From 10:04 a.m. to 23:37 p.m.”

  1. VV: più che altro se qualcuno mi chiede “fammi un esempio di musica lounge” io rimango con uno sguardo vagamente interrogativo…ma la riconosco al primo ascolto, giuro! (credo)

    Rimugino: ma ti fa sorridere nel senso di ridere (simpaticamente) o di ridere (ridicolmente)?

    Cmq thanks

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