Cronache transalpine a se stesse #2: Bella Ciao al Bataclan, Jeff Buckley, la torre del tredicesimo, la moria di hipsters, i turisti italiani con lo zainetto sul petto

La prima volta che ho sentito nominare il Bataclan di Parigi ero in un negozio di dischi in via Principe di Villafranca a Palermo. Quando compravo i dischi dopo averli letti nelle riviste, quando compravo i dischi senza sentirli prima, o al massimo chiedevo il favore al commesso del negozio di dischi di allungarmi una cuffia per favore, quando i dischi costavano 35mila lire, quando cercavo disperatamente qualcosa, qualsiasi cosa avesse a che fare con Jeff Buckley, che era morto prima ancora che lo sapessi e, soprattutto, quando poi tornavo a casa e ascoltavo sul lettore Live from Bataclan.

 

 

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Il Bataclan sta sul boulevard Voltaire, ci si arriva scendendo a Oberkampf, che sta sulla 5 e quindi nel pezzo più vivo della città, quello in cui tutti vogliono stare (per sole 48 ore non ci stavo pure io, ma tutto sommato è meglio vivere a gauche, rive gauche). Il Bataclan fu costruito nel 1864, etc, accanto all’ingresso c’è una specie di stele con la scritta arancione (come moltissime in giro per la città) che fa un riassuntino di storia e musica (i francesi adorano fare i riassuntini di storia e musica). Ci sono stato per la prima volta la settimana scorsa, per uno spettacolo musical-satirico di Christophe Alévêque, una specie di Luttazzi che incontra Louis C.K. (anche se non c’entra niente con Luttazzi e con Louis C.K., giusto per intendersi) e ti fa ridere di cose orrende e ti fa sentire in colpa per il fatto stesso di averle pensate, certe cose. In mezzo, canzoni del repertorio rivoluzionario francese e non solo. Per esempio, alla fine, dopo due ore e mezza di spettacolo: una mattina mi son svegliato, oh bella ciao bella ciao. In italiano. La gente si alza in piedi e inizia a battere le mani a tempo. Ora, io sono contario uno) alle standing ovation quoi qu’il arrive e due) ai battiti di mani a tempo. Ma quando vai al Bataclan per la prima volta e scopri che mezza platea francese sa Bella Ciao a memoria e l’altra metà la canta lo stesso, tu che fai, ti metti a fare il prezioso?

 

(Poi ci sarebbero dei sapidi aneddoti tipo io che vado a un paio di feste a casa di Christophe Alévêque, un pazzesco attico a Pigalle. Solo che lui non sa che sono stato a casa sua).

 

 


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L’attrazione del momento è questa torre che sta nel tredicesimo in cui, per molti mesi, decine di artisti hanno vissuto e realizzato cose fino a trasformarla nel “premier musée virtuel e lieu du Street Art éphémère à Paris“. Il punto è che la torre, aperta al pubblico per tutto il mese di ottobre, verrà distrutta tra poche settimane. Tout ça ha creato un passaparola e una febbre sintetizzabili nel PANICO TOTALE. Tra le sei e le otto ore di attesa per entrare, gente che si piazza in fila alle 4 del mattino, gente che prende aerei APPOSTA, gente che si sente male, gente che sta male. Leggende metropolitane che non mi hanno impedito di provarci, una domenica, a mezzogiorno. Eh bah dis donc, LA FOLLIA. Il primo passo è il C’est pas vrai, il secondo è mettersi in fila malgrado un omino vestito di arancione della sicurezza ti dica NON NE VALE LA PENA ANDATEVENE NON ENTRERETE MAI e il terzo, dopo tre ore di che palle e mezzo metro in avanti, girare sui tacchi e andarsene. Penso di tornare il 31 ottobre, ultimo giorno utile, per fare un esperimento: urlare LANA DEL REY È MORTA, provocare un’istantanea morìa di hipsters e tagliare almeno 2/3 di fila. Et si non, tant pis (me la vedo poi sull’internet).

 

 

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A proposito di torri. Gli italiani in vacanza a Parigi li riconosci fondamentalmente da due cose: portano lo ZAINETTO SUL PETTO e vanno in giro con la bottiglia di acqua minerale EVIAN. Non chiedetemi perché, tanto siete italiani e l’avete già fatto pure voi, non negatelo. L’altro giorno ero sul 91, direzione Montparnasse, e c’era questa coppia di fidanzati italiani con lo ZAINETTO SUL PETTO e l’EVIAN che dovevano andare a Lafayette che c’è a Montparnasse. A un certo punto arriviamo alla place du 18 juin 1940. Alla nostra sinistra, in tutta la sua meravigliosa bruttezza, si staglia la Torre Montparnasse e una scritta gigante, LAFAYETTE. Ma i turisti italiani con lo ZAINETTO SUL PETTO e l’EVIAN non se ne accorgono, perché sono chini su una cartina gigante di Parigi e cercano col dito qualcosa perso nel nulla dalle parti di Belleville. Lei chiede a lui: “Giò, ma dove siamo finiti?” e lui risponde a lei: “Non lo so, mi sa che ci siamo persi”.

 

 

 

 

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