Santoro e Berlusconi, une liaison pornographique

“Una sfida, per essere tale, deve apparire definitiva”

 

“Io penso che gli italiani, a questo punto, abbiano maturato sufficienti esperienze per poter prendere le loro decisioni e quindi non abbiano bisogno di un torero che debba ammazzare il toro, e in questo modo, ancora una volta, liberarsi delle loro responsabilità

 

 

Questi due concetti semplici semplici, espressi in apertura di Servizio Pubblico da Michele Santoro, hanno subito mostrato il tono e l’indirizzo che avrebbe preso il programma. Se molti commentatori, seri e non, le avessero ascoltate con attenzione, non avremmo oggi la solita, acidula somma di lamenti, indignazioni, accuse. Ma molti commentatori, seri e non, non le hanno ascoltate con attenzione, perché, come al solito, volevano da Santoro qualcosa che Santoro mai gli ha dato e mai gli darà. Santoro e i suoi hanno riattivato Berlusconi. Lo hanno reso simpatico stando al suo gioco. Santoro vuole solo far parlare di sè, come Berlusconi d’altronde. Santoro non ha fatto il suo mestiere, non è stato un buon giornalista. Ah sì?

 

 

 

 

 

Ieri, prima della trasmissione, Tvblog rilanciava un appello ai giornalisti di Servizio Pubblico affinché non sprecassero questa occasione, affinché si comportassero da giornalisti seri e credibili, facendo la prima ma anche la seconda domanda, inchiodando Berlusconi ai fatti e solo a quelli, e via dicendo. Un appello condivisibile in tutto e per tutto, ma arrivato a tempo scaduto e rivolto all’indirizzo che più sbagliato non si può. Primo perché non esiste alcun giornalista di Servizio Pubblico, piuttosto Santoro e i suoi giornalisti in tv, che sono una sua perfetta emanazione, un’unica entità che orchestra nei minimi dettagli messa in scena e discorso. Secondo perché Santoro non è la BBC e nemmeno un giornalista asettico disposto a fare la bella statuina, a mettere in secondo piano se stesso. La parodia-ma-non-troppo della par condicio, affidata a Sandro Ruotolo, ne è lampante dimostrazione. Santoro è fuoco e viscere, è urla e sfottò, è vendetta e talento, arena e circo. Santoro è della stessa pasta di Lerner e Annunziata, ma, a differenza di questi ultimi, si sente investito di una missione salvifica. Pensa di essere il tramite, il messaggero del popolo (“e altri centomila”). È di parte, spudoratamente, nell’unico modo che gli serve per fare televisione come la fa da una trentina d’anni: il conflitto totale. Santoro non è un giornalista come gli altri, e per questo non possiamo avere da lui quel che potremmo avere da altri (ma chi sono poi questi altri?). Santoro è una cosa assurda come assurdo è tutto il sistema televisivo italiano, e come assurdo è l’impasto tra media e politica che solo in Italia può dare esiti come quello di ieri sera (33% e nove milioni di spettatori tradizionali, più tutti gli altri sparsi per la Rete).

 

Il match, finito a pari e patta, non è andato come molti avrebbero voluto (una specie di redde rationem infernale stile Il Caimano) anche perché le condizioni che hanno reso possibile e necessario questo match, avevano già provveduto a depotenziarlo, prima. Si scontravano due eccezionali animali da palcoscenico, due personalità molto simili (che però non arriveranno mai a capirsi: uno citava il programma televisivo Zelig, l’altro intendeva il film di Woody Allen) e che, nell’arco della loro pluridecennale liaison pornographique, avevano sempre tratto reciproco beneficio dall’absentia dell’altro. Non solo. Quando a un certo punto Santoro si è lasciato scappare “Questo non era negli accordi” ha svelato una verità lapalissiana (alle verginelle che hanno fatto un balzo sulla sedia e ancora oggi agitano il ditino: vi invidio moltissimo, vorrei vivere anche solo cinque minuti nel vostro mondo ingenuo e felice). Qualsiasi personalità pubblica controversa, quando va in televisione, non lo fa certo senza rete di protezione o di salvataggio. L’utopia della libertà totale e assoluta, specie in esposizioni così scoperte, è, appunto, un’utopia. Mediazioni tra gli staff, compromessi, concessioni reciproche: talmente ovvio e banale che ci si annoia solo a ribadirlo. Santoro è quello de Il Raggio Verde, di Annozero, delle puntate evento su Dell’Utri e la mafia, su D’Addario e su Ruby. Se non avesse ceduto su qualcosa (la questione morale, per esempio, è stata completamente ignorata) Berlusconi non sarebbe andato. Ma Santoro voleva a tutti i costi Berlusconi. Perché?

 

Due donne, giornaliste, antiberlusconiane, serie, preparate, sue fidate collaboratrici da anni. Stop. Questo il contraddittorio scelto da Santoro, che peraltro marcava a uomo l’ospite Berlusconi, persino incombendo alle sue spalle durante i filmati. Un processo mascherato da cottura a fuoco lento, un lavoro ai fianchi che non aveva come obiettivo lo sbrocco (i patti erano chiari) ma la chiusura di un cerchio. A voler analizzare la scrittura del programma, la sua costruzione, i moduli giustapposti in puro stile santoriano, appaiono nitide le premesse e lo svolgimento: il Paese è allo sfascio, noi, unici tra tutti i talk show, lo raccontiamo da anni e, ora che abbiamo in studio quello che crediamo essere il responsabile di tutto questo, gli presentiamo il conto, anche se niente di quel che può dire o fare cambierà la situazione. Cosa che è puntualmente avvenuta, con Innocenzi, Costamagna e Travaglio. Certo, poteva essere meglio, o peggio, a seconda dei punti di vista, ma l’impegno era di non trascendere, da ambo le parti. La frottola che Berlusconi sia uscito vincente assomiglia tanto alle reazioni di difensiva ilarità che hanno alcuni di noi quando vedono certi film dell’orrore. Negazione della finzione accettata come realtà in un caso, negazione della realtà che si tramuta in finzione nel nostro. Berlusconi, coi suoi silenzi, con le sue ammissioni (“E si vede che mi ricordavo male” “E che ci volete fare, sono nonno per la settima volta”) e con le sue discutibili scenette non ha vinto proprio niente. Ma, è vero, nemmeno ha perso. D’altronde, cos’ha ancora da perdere Berlusconi?

 

L’idea che mi sono fatto di Berlusconi in tutta la vita mia, da quando soffiò Donadoni alla Juventus ai cartelloni pubblicitari misteriosi che apparvero una mattina del ’94 a Palermo, fino a questa ennesima resurrezione, è semplice: sono convinto che Berlusconi pensi veramente di essere un uomo buono e giusto, un uomo che si è fatto da sé e che ha fatto tanto bene al prossimo suo. Il punto non è se ha commesso o non ha commesso certe azioni discutibili. Non più. Se pure le ha fatte, vi è stato costretto, dalle situazioni, dai contesti, per pura difesa. Il punto è che lui, in quanto uomo buono e giusto, non può tollerare in alcun modo la macchia indelebile di una condanna definitiva in terzo grado, quale che sia. Proprio per il bene che ha fatto – e ne ha fatto, eccome – vuole lasciare di sè un’immagine pulita, almeno formalmente. Ecco cosa ha da perdere Berlusconi. Nel 1994 come nel 2013.

 

Ma se prima, imprenditore di enorme successo lanciato a folle velocità verso i libri di storia, aveva le energie e la voglia di celare questo obiettivo personalissimo dietro propositi più nobili (“Lo faccio per il mio Paese”), adesso invece non gliene importa veramente più niente, vuole solo essere rieletto in Parlamento, fare ostruzione, fare melina, provare a guadagnare ancora un po’ di tempo. Basti osservare l’incoerenza di questa campagna elettorale, la stanchezza da pugile suonato di fronte a un insolitamente aggressivo Bruno Vespa, il corpo inerme offerto persino a una Giulia Innocenzi che in altri tempi si sarebbe mangiato in tre secondi netti. Berlusconi non vuole fare il presidente del Consiglio, l’ha detto lui stesso, confermando (oggi) i nostri sospetti (di ieri). E dentro di sé forse non vuole fare nemmeno il ministro. Berlusconi ieri sera era sereno e divertito come non lo è stato mai, e lo era proprio perché mancava una vera posta in gioco. Ecco perché Servizio Pubblico ha finito per assumere questa strana forma di “intrattenimento a tratti spassoso con finale in regolamento di conti”. Berlusconi, e noi con lui, sa che perderà, sa che i destini si stanno giocando altrove e che quello di ieri è stato, tutto sommato, un epilogo non necessario a un libro che in realtà è già stato scritto.

 

 

19 Replies to “Santoro e Berlusconi, une liaison pornographique”

  1. e comunque, l’unico problema di Dell’Utri e’ che e’ nato a Palermo 😀

  2. Sei il mio Aldo Grasso.
    Sono d’accordo su tutte, dall’ingenuità della gente che si è stupita degli accordi (MA VA?) alla sua presunta vittoria.

    Zit

  3. Tu, quando scrivi così, non hai pari. Questo è un articolo superbo, amico mio, ed è un enorme orgoglio farti i miei più soddisfatti complimenti.

  4. Io l’unica cosa che ho pensato quando ho sentito della trasmissione e che ho continuato a pensare ieri sera mentre ogni tanto sbirciavo twitter è stata: “inutile”.
    Ma tu l’hai detto molto meglio 🙂

  5. Sembravano quelle situazioni da Seconda Sofistica (BUUUMMMM!!!), quando il filosofo XY girava di città in città e si faceva esaminare dal pubblico famelico nell’agorà su qualsivoglia argomento, sfoderando in ogni situazione l’orazione giusta, pescata da un set di argomentazioni pre-pronte e aggiustabili all’occasione. Qui Berlusconi, col suo trenino di concetti già espressi tali e quali dalla Gruber 3 giorni fa (il premier non serve a nulla, ci vogliono 450 giorni per far passare i disegni di legge, lo spread è il frutto di un concorso di eventi), si è fatto esaminare da Santoro in una sorta di test di tenuta logico-dialettica. Tutto qui: non una parola vera sul futuro del Paese, non un bilancio su 20 anni di politica, tutto ridotto a interrogazione programmata su 10 pagine del libro. La sterilizzazione preliminare dei temi ‘caldi’ ha inevitabilmente reso tutto lo spettacolo pura accademia, da ambo le parti. Nessuno voleva davvero lottare, ciascuno provava semplicemente, per l’ennesima volta, la parte. Povera Italia.

  6. L’unica cosa che mi lascia un po’ perplesso e sulla quale vorrei avere delucidazioni è “Proprio per il bene che ha fatto – e ne ha fatto, eccome”. Da che punto di vista ha fatto del bene? Dove? Quando? Forse non capisco il sarcasmo, o l’ironia della frase? Forse ti riferisci al bene che ha fatto in quanto “uomo generoso” quale egli si definisce elargendo prestiti (che in quanto tali ne fanno casomai un usuraio piuttosto che un uomo generoso)?

  7. *Blippo: il bene che ha fatto a tutte le star televisive e a Mike Bongiorno che gli riconobbe eterna riconoscenza per il benessere ecconomico che la Rai non gli garantiva, il bene che ha fatto ai terremotati de L’Aquila, o il bene che ha fatto a Barbara Matera e a suo marito per accattarsi la casa. Sì, c’era una punta di ironia. O di invidia, a seconda dei punti di vista.

  8. Io invece pensavo davvero che non c’erano accordi..ma poi leggendo le tue righe, sì, non fa una piega….

  9. credo che lo spettacolo sia stato indecente ma al di la di un mio giudizio sommario penso che la carrellata di berlusconi in tv nelle ultime settimane abbia un solo scopo, che non è quello di vincere le elezioni perchè nemmeno lui pensa di farcela, ma giocare l’unica vera carta che gli sia rimasta, cioè quella che con la sua presenza in tv di accaparrarsi i massimi introiti pubblicitari finchè è possibile, proprio come un esercito in ritirata che vuole arraffare tutto ciò di arraffabile.

  10. ‘Santoro non è un giornalista come gli altri’. Santoro non è un giornalista punto. È un tifoso, un opinionista come lo siamo tutti, in fondo. È Berlusconi dall’altra parte della barricata. Un uomo di spettacolo. È il bar sport dove lui è Berlusconi sono a loro agio.dove pareggiare è più bello che vincere 6 a 0, chè c’è il gusto della rivincita.

  11. tu sei bravo
    solo un punto non mi vede d’accordo: Santoro è uomo non di parte ma di controparte, è il suo mestiere
    ciao

  12. Non ho visto il programma perchè non sopporto più di sentire parlare Berluisconi, ho letto di questa “cosa” che facevano in tv e ho aspettato te (TFM) perché mi dai sempre una visione da un’angolatura diversa dagli altri, più contemporanea, più realistica, più giovane(?).

    Berlusconi ha vinto eccome! Ha vinto nel suo intento disturbatore, della democrazia, ha vinto perché ha trasformato in marketing la politica di questo paese… ha vinto perchè ha regalato carnevalate in cambio di impegno sociale.

    E Santoro gli ha dato una mano, l’altra sera, in nome di un dio più alto, lo sher.
    Hai ragione, Santoro non è un giornalista qualsiasi, il suo licenziamento dalla Rai diventò fatto sociale, gli italiani lo hanno sostenuto contro una ingiustizia palese che stava subendo… Santoro aveva un debito enorme con i telespettatori e con gli italiani e invece ci ha trattati come carne tritata, anche lui.

    La tua visione “televisiva” del mondo mi piace ma mi spaventa, adesso, perchè qui da noi (Italia) stanno succedendo cose molto, molto gravi e forse, sottolineo forse, sarebbe il momento di cominciare a pensare da adulti o quanto meno non da TELESPETTATORI.

    Grazie
    Anna

  13. Ps. opinione personale: non avrebbe dovuto invitarlo e farne una prima serata, non lui, non Santoro, né altri.

  14. Articolo superbo…
    Sulla trasmissione non posso che condividere, come ha detto virginiamanda, hai detto tu benissimo ciò che potrei esprimere io.

  15. scritto come sai scrivere
    lucido come sai essere
    esamini il programma e capisco
    concordo in molto
    ma il bene no. forse giusto Bongiorno, Vianello e Scotti e Fede. Insomma, forse e sempre solo quello che faceva comodo a lui. che non è bene. è interesse
    nulla per l’italia
    non ha certo reso migliore la tv, il calcio, la politica
    non ha reso migliore nulla

    io non ho guardato, non guardo, non guarderò più nulla che lo riguarda
    ho detto basta da mò

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