Dorando Pietri, l’uomo che vinse la maratona ma non ottenne la vittoria

Uno pensa alle fiction di Raiuno, alle solite fiction di Raiuno. E invece.

 

 

Dorando Pietri, Il sogno del maratoneta. C’è un primo livello, fatto di una Figura Eroica e della Bontà che si porta dietro. Poi ci sono le difficoltà, evidentemente molte per poter rendere conto al meglio di tutte queste location in giro per il mondo, Carpi, Londra, New York. E c’è di necessità virtù. Il Sogno del Maratoneta decide di fare i conti con i paletti narrativi e produttivi e li risolve una volta per tutte. Qui non stiamo facendo verità, e allora, sai che c’è? Finzione!

 

La lingua degli attori, il trucco, il parrucco, i silenzi, il décor. Tutto è spudoratamente adulterato, costruito. No, non posticcio. Si sceglie una strada, e la si segue fino in fondo. Messa in scena, regia. Vien da pensare a certi allestimenti teatrali, con quei fondali spogli, minimi, evocativi. Nuova York, Nuova York in fondo non è altro che un cortiletto come un altro dove Luciana cammina sudata, femminilità esagerata e conseguenze solo alluse, manichini tatuati ai lati, muti come è giusto che siano. Tableaux vivants. Luci, chiaroscuri, movimenti di macchina, tutto a restituire la follia di un mondo che non tornerà più. Un mondo lento, dove c’è gente che corre e gente che, nell’altro continente, aspetta di avere notizie. Dorando ha vinto? Sì, ha vinto! Ma come sta? Sta male! Il cuore! Ma che dici? Sei sicuro? No, aspetta, si è ripreso! E ora dov’è Dorando? È lì, sotto l’albero! Dorando, Dorando!

 

Personaggi immobili, che prendono vita dal fondo dipinto. Personaggi presi di lato, di traverso. Inquadrature strette, parziali, a compensare mancanze. Il cattivo ora ha rapito il bambino, e detta la sue condizioni, seduto, che tu sia maledetto. Alle sue spalle, in piedi, paralizzati, Dorando e Luciana. Dorando: farò tutto quello che vuoi. Sono fermi, ma tremano, capite? Li vediamo, i loro sentimenti, non ce li stanno dicendo! Su Raiuno, siamo su Raiuno! E chi se ne frega degli standard di questa televisione che forse non ci merita, chi se ne frega se poi cambiano canale, qua stiamo mostrando la storia di un piccolo uomo che corre. E allora vediamola, questa corsa, tutta. E ascoltiamola, questa lettera che lei, l’altra, ha mandato dall’America, leggiamola tutta, per intero. La Storia, con le sue Ellissi strozzate dentro una carrozza. Ma anche con questa inusitata aderenza tra tempo e modo del racconto, roba da spalancare gli occhi fino a perderci il senno. Fino a Dorando che scende in trincea, scarta i morti viventi e, infine, trova Pericle, l’eterno nemico. “Com’è l’America?”, gli chiede quello. “È grande, troppo”.

 

Dorando Pietri, Il sogno del maratoneta, per quando i soliti incolti esclameranno: Ah, la fiction italiana!

 

3 Replies to “Dorando Pietri, l’uomo che vinse la maratona ma non ottenne la vittoria”

  1. L’ho captata di sfuggitissima. Ovviamente la sagra della pettola della parocchia accanto a casa mia ha goduto di un hype maggiore.

  2. *Yet: potremmo sfruttare i buoni uffici con i discendenti di Conan Doyle

    *Furr: non è la stessa cosa, ma dice che forse c’è ancora sul sito della Rai. (Cos’è la pettola?)

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