Shame, l’horror vacui di Steve McQueen

 

Steve Mc Queen (il regista) non è certo uno che ami nascondere le cose. Già nel precedente Hunger ci aveva mostrato tutto quel che c’era da mostrare con l’impressionante deperimento fisico di Bobby Sands (attivista nordirlandese morto per uno sciopero della fame nel 1981). Il corpo al centro di tutto, un corpo consunto fino alla distruzione, che saturava lo schermo e portava oltre ogni immaginazione. Da Michael Fassbender a Michael Fassbender, ancora corpo e ancora eccesso di visione. Stavolta è il sesso (anatomico, meccanico, malato), a costituire il primo livello di lettura, il dito che indica la luna ma che blocca le visioni, la calamita che si fa boomerang e azzera ogni altro discorso.

 

Ma c’è altro, e questo altro ha a che fare con la precisa cifra stilistica di un regista che sceglie, coerentemente, di indugiare, quasi al microscopio, su dettagli che si prendono letteralmente la scena: non solo il sesso di Fassbender o il sesso di Carey Mulligan (anche lei generosa nell’offrire la propria nudità, seppur laterale, quasi spiata), ma anche l’insistere su alcuni oggetti (l’anello che torna a più riprese), i vistosi movimenti di camera che vogliono portare lo spettatore in una precisa direzione (il vuoto del binario della metropolitana), il primo piano strettissimo di Sissy mentre canta una sofferenza da cui però lo spettatore rimane escluso. Se è vero infatti che l’horror vacui del regista funge quasi da metronomo per la durata del film, è altrettanto vero che non tutto viene detto, o meglio, spiegato. È il caso del legame che tiene uniti i due fratelli (“non siamo noi, è il posto da cui veniamo”) o, più in generale, la radice della cosa che attanaglia Brandon. Shame mostra molto e dice poco. Quel che sta in mezzo, lo lascia all’immagine e alla somiglianza di chi guarda.

 

Note:
– Ormai funziona così: le Star Da Zero A Mille. Gosling, Fassbender, avanti il prossimo
Carey Mulligan e Michelle Williams sempre più interscambiabili: ruoli, bravura, quello sguardo
– Finalmente James Badge Dale ha fatto qualcosa per quei capelli (Rubicon, don’t you?)

 

***

 

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13 Replies to “Shame, l’horror vacui di Steve McQueen”

  1. Quei tre asterischi sono una separazione o un voto? 🙂
    Perché, sinceramente, oltre le 3 stelle non andrei.

  2. Secondo me piuttosto bello, anche se un po’ troppo estetizzante. troppo belli troppo ben vestiti troppo patinati, anche se potrebbe essere il contro altare della disperazione. Poco spiegato poi come dici tu, il perchè..perchè i due sono arrivati a tanto? Ossia, manca spessore psicologico. è un film fenomenologico; ma forse non si può fare diversamente in certi casi, troppo difficile spiegare le storie: basta vedere la brutalità del vuoto, e il sesso fine a se stesso. nel momento in cui si rischia di entrare in una relazione, il sesso diventa impossibile. Perchè non ha niente a che fare con l’altro ma è pura esercitazione autoerotica ( e senza neppure le fantasie che anche l’autoerotismo può avere).
    Brava l’attrice quando canta new york new york, e bell’esemplare di maschio metropolitano Fassbender ( e qui parlo proprio del piacere della vista), già ottimo Jung in A Dangerous method. Ciao

    Paola

    Paola

  3. New York, New York. Nel senso della canzone, ma pure delle strade che così le ho viste da poche altre parti. Concordo con quasi tutto, ma mi resta l’impressione che dall’horror vacui che descrivi resti esclusa la narrazione, che invece qualche vuoto ce l’ha…
    L.

  4. ho visto il trailer e mi ha procurato un lieve malessere – non so se lo vedrò
    (poi mi sono appisolata più volte guardando J. Edgar, che ha dato il suo meglio con le automobili)
    ciao

  5. *Quad: no, erano solo asterischi di separazione. Parlando di voti, il mio voto è tra il 6,5 e il 7

    *Paola: A dangerous method, madre che palle

    *L: sìsì, ci sono i vuoti. Ma dipende da come guardiamo la faccenda. Voluti, non voluti, casuali, limiti? Vedremo nei prossimi anni i prossimi film.

    *Yet: sono molto d’accordo con te. Dopo l’automobile mi pare si sia un po’ spenta la luce. Ma il dibattito rimane aperto.

  6. no no tfm A dangerous method non è affatto che palle, parola di strizzacervelli ( freudiana) . sabrina è stata una grande psicoanalista, immersa tra due geni despoti e un difficile mondo maschile. Ma non pretendo, era troppo per addetti ai lavori o molto interessati all’argomento..Edgar piuttosto che palle! E anche un po’ compiaciuto verso questo fascistone! ma non apriamo troppi capitoli..bye bye

    Paola

  7. Per me tutto quell’horror vacui è il vuoto nella mente del regista nel non saper raccontare una storia decente. Come giustamente hai notato, ci sono dei punti focali della storia (perché questi due fratelli sono a pezzi? – ad esempio) che sono solo lontanamente sfiorati. E non è una questione di leggerezza, di atmosfera, come poteva essere nell’ultimo film della Coppola. Qui c’è proprio il nulla cosmico.
    Sembra una bozza di film, riempita ed infiocchettata da infiniti piani sequenza e questa carnalità morbosa che fa tanto “regista emancipato degli anni 2000”.
    Ma gli anni 2000 sono passati, appunto.
    Bocciato su tutta la linea!

  8. A me il film è piaciuto tanto, anzi rispetto agli altri pareri forse mi è piaciuto troppo.
    Due ore attorcigliata alla lurida poltrona del cinema Fiamma (se qualcuno mi ascolta, ecco, una pulita ogni tanto…) testimone oculare di una dolorosissima storia che non viene spiegata fino in fondo, è vero. Ma poi che cambia? Se il padre li picchiava, se abusava di loro, se la madre era scappata col circo, alla fine della fiera importava davvero qualcosa?

  9. *Heleonor: se spieghi e perché spieghi troppo, se non spieghi e perché non spieghi. Il duro mestiere di chi fa le storie. Ti tirano sempre le pietre.

  10. Heleonor, non è che bisona “spiegare”, come se ci fosse causa-effetto; cosa psicologicamente falsa,.. ma dare spessore psicologico ai personaggi, che è altra cosa, anche perchè lo spettatore rischia la noia, se non può identificarsi almeno un po’. Comunque, alla fine a me è piaciuto, a parte i vestiti di Armani e la spallina che scende ad hoc dalle spalle della bella protagonista, che suonano veramente finti..eccesso di estetismo nella disperazione, insomma, la rende meno credibile. E da buona psycho voglio precisare che non è un “caso clinico” così raro: l’impossibilità relazionale crea sesso compulsivo, direi oggi piuttosto di moda. Avete mai visti Californication? Fiction discutibile ma le prime tre serie non poi così male..a proposito tfm, ricordati il commento a tgw..
    Paola

  11. *Paola: lo spessore dei personaggi passa ‘anche’ attraverso la distribuzione di informazioni. Dipende da come arriva questo passaggio e dalla quantità di informazioni che vuoi distribuire. In senso deteriore alcuni lo chiamano ‘spiegare’. Visto che parliamo di cinema, ‘mostrare’ è il verbo più giusto.

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