Parenthood, il parlarsi addosso come potente marca stilistica

ParenthoodParenthood (NBC, 2010, 13 episodi)

Come tutti i telefilm relazionali, non importa tanto il cosa -una famiglia, più famiglie, problemi, tanti problemi- quanto il chi e il come.

I personaggi di Parenthood sono storti e imperfetti, fanno una valanga di errori ma  si impegnano a ripararli, come Adam (Peter Krause) che è sempre lì che deve aggiustare qualcosa: oggetti materiali ma anche tendenze scriteriate della figlia adolescente come per esempio quella di avere un ragazzo: cose così. (Poi un giorno parliamo di questa tendenza trasversale della tv e del cinema di tutto il mondo nel mettere in scena gente che “aggiusta”: da Jack ovviamente Shepard al protagonista dell’ultimo film di Soldini).

laurenpeterIn Parenthood c’è grande attenzione al mondo degli adulti, ma ancor di più a quello dei bambini e dei ragazzi. Gli stessi adulti spesso sono coinvolti in dinamiche di tipo adolescenziale (non a caso la sigla iniziale è Forever Young di Bob Dylan): ad esempio Sarah cioè Lorelai (Lauren Graham), che ha 39 anni e somiglia sempre di più a sua figlia Rory.
Si può ben dire dunque che Parenthood si inscrive nel filone dei “telefilm di formazione”: tutti, genitori e figli, imparano passo dopo passo a fare il proprio mestiere. Emblematica in tal senso la vicenda di Adam e Kristina che un giorno, all’improvviso, scoprono che il proprio figlioletto Max è affetto dalla sindrome di Asperger. Evitando qualsiasi afflato patetico, osserviamo la lenta presa di coscienza di un evento “ingiusto” che funge altresì da motore narrativo non solo per la storyline specifica, ma anche per l’intera serie.

In Parenthood succede anche un’altra cosa.

I personaggi,
forse per la prima volta in un telefilm “generalista”, non rispettano mai i canonici turni di parola -uno pronuncia la propria battuta, l’altro e così via- ma si parlano continuamente addosso, cercando evidentemente una sorta di mimesi con il reale. L’effetto finale -a volte comico, a volte più teso- non produce mai confusione o rumore, quanto piuttosto una rappresentazione estremamente plausibile delle dinamiche conflittuali: pezzi di frasi, prevaricazioni, schemi che saltano -quelli tra genitori e figli, per esempio-, rapporti di potere mal definiti. Ciò, indubbiamente, costituisce la potente marca distintiva dello show. E in questo senso il meglio che Parenthood offre allo spettatore è il personaggio di Sarah e il suo relazionarsi instabile con i figli Amber e Drew, con il fratello Adam e la cognata Kristina. E non a caso parliamo dei due nuclei familiari che tengono in piedi il telefilm.

Interessante anche la messa in scena, che non ricerca mai la perfezione visiva a tutti i costi, e la regia: laddove altri telefilm insistono, specie in chiusura di scena, sui volti e sulle espressioni degli attori, in Parenthood spesso l’occhio della macchina da presa agisce in sottrazione, indugiando su ambienti, oggetti o dettagli.

Rimangono delle perplessità a proposito di snodi incoerenti (quando Amber scappa di casa alla fine di un episodio e poi nel successivo la ritroviamo a casa sua, dentro la doccia) e di derive tipiche di questi telefilm familiari à la Brothers and Sisters (Scusa. No, scusa tu. Mi dispiace. No, mi dispiace io). Peccato poi per l’episodio finale,  che non mantiene il livello di altre puntate, forse per le incertezze sul rinnovo da parte del network (poi invece arrivato) e la conseguente necessità di trovare una chiusura lineare alle varie linee narrative.
Il voto alla prima stagione è comunque discreto: 7

Note:
* Gli adulti che si fumano uno spinello tutti assieme
* L’adolescente Drew scopre la masturbazione. Il nonno e lo zio gli danno delle dritte.
* Adam che si comporta come un padre siciliano geloso ma non vuole darlo a vedere (What’s Up! Yo!)
*Il piccolo Jabbar
* Amber: finalmente un’adolescente bruttina ma non sfigata
* La colonna sonora. Tra tutti gli Eels e Josh Ritter.
* Peter Krause e Lauren Graham.
Sarebbe gradito uno spin-off con loro due protagonisti assoluti. E comunque appartengono alla scuola di Rachel Griffiths, cioè di quelli sprecati a fare solo televisione.

21 Replies to “Parenthood, il parlarsi addosso come potente marca stilistica”

  1. Ecco… ero gusto rimasta a corto di droga!
    Se si esclude il mio teen-trash-drama di riferimento!!!

  2. No, no no.
    Peter Krause più che un telefilm dietro l'altro (che tra l'altro chiude dopo massimo due stagioni.. sarà che porta sfiga?) altro non può fare. E poi, poche storie, a me sta sulle palle.
    Forse è colpa della parte da fesso totale che faceva in Dirty Sexy Money, forse è la sua faccia da bravo ragazzo (in realtà bastardone) che faceva in Six Feet Under, ma non lo digerisco.
    Laureen Graham che altro ha fatto se non Gilmore Girls e tre episodi di Law & Order?
    😉
    Comunque sia, son molto curioso di vedere Parenthood e mi chiedo chi, tra Premium e Fox lo trasmetterà.

    New_AMZ

  3. *Pattie: sei proprio una teeeeeeen ageeeeeeeèr

    *New: considerato che sono i migliori del telefilm mi sa che non ti conviene vederlo 😉 Lauren graham comunque al cinema lavora, poco, ma lavora. Dai don't be too much severo!

    *Yet: poco ma sicuro

    *Enri: robin des bois!

  4. E' che ho il maldischiena e quindi, se già sono una merda con pochissima sopportazione di mio, oggi lo sono ancora di più.
    Porta pazienza 😉

    New_AMZ

  5. si, ma così con parenthood non c'entra un cazzo.
    scusate il francesismo.
    enri kröger

  6. W Jabbar! Mi piace troppo quando pronunciano il suo nome 🙂
    Darth

  7. ho iniziato a vederlo da pochissimo, dunque mi tengo la seconda parte del post per quando sarò arrivata alla fine!
    a dirle tutta, l'ho iniziato a vedere per lauren graham (gilmore girls era un piccolo gioiello, non credi?e lei fantastica) però lo sto apprezzando davvero!


  8. Ecco, ecco.

    Per sopportare l'assenza di B&S e Grey's, seppoffà.

    P.S.: pur io, reggo poco sia Krause e la Graham. Ci starebbe bene come post estivo per decidere i più hamati attori, attrici, protagonisti e comprimari, drammatici o comici!

    Manu

  9. a proposito di famiglie che si parlano addosso, hai mai visto city island?
    stefania

  10. *New: sìsì scrauso si usa anche in sicilia anzi ovunque 🙂

    *Enri: ma come, non conosci parenbois?

    *Andrea: in effetti avremmo dovuto istituire la categoria dramedy

    *Grace: tranquilla, non ho spoilerato su nulla. anche perché sarebbe complicato 😉

    *Manu: forse a settembre, che dici o dite?

    *Stefania: no, di che parla?

  11. e una commedia sul filone di lttle miss sunshine con famiglia disfunzionale che si nasconde segreti.
    La vera forza del film sta nel cast. andy garcia, ma soparttutto lei, julianna margulies, alias alicia florrick, alias carol hathaway.
    non credo sia ancora uscito in italia, ma su internet lo trovi sicuramente perche  e del 2009.
    stefania

  12. *SCHERZI? c'è un film con Julianna Margulies e io non ne sapevo niente??? Corro, corro, corro p.s. thanks!

  13. Scusa ma vedere lorelay che è mamma, ma non è mamma di rory, è contronatura.

    essepe

  14. *essepe: non avendo avuto l'addizione per le gilmore, posso solo immaginare ciò che intendi. amy sherman palladino rocks

    *19: il pilot non mi aveva preso, avevi ragione. bella serie.

    *Manu: ok 😉

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