Perché ai Fuorisede viene negato il più elementare dei diritti, ovvero il diritto di voto?

Qualche anno fa uscì un libro che si chiamava Generazione Mille Euro. Lo lessi. Inutile. Insulso. E offensivo. Perché se proprio vuoi generalizzare di certo non lo fai utilizzando la categoria “mille euro” -Mille euro a tua sorella!- Poi, ovviamente, è anche uscito il film. Non lo vidi: nel frattempo avevo maturato una certa dignità di me stesso.

Personalmente la chiamerei Diaspora. Ma qualcuno potrebbe aversene a male. E qualcun altro non capire. E allora prendiamo per buono il lemma “Generazione”. Ci si intende subito. Generazione Fuorisede. I Fuorisede, un esercito di diciannovenni che ogni anno lasciano le proprie case e vanno a studiare in città del centro-nord. Diciannovenni che si uniscono a ventenni che studiano e a venticinquenni che fanno stage a trentenni che cercano lavoro che cercano lavoro che cercano lavoro a quarantenni che perdono lavoro che cercano lavoro che perdono lavoro. Dalle Sardegne, dalle Sicilie, dalle Calabrie, dalle Puglie, dalle Campanie. Ecco perché Diaspora.

Chi va via di solito lo fa per svariati motivi. Mai per scelta. Chi va via di solito non torna. Di solito per un unico motivo. Mai per scelta.

La Generazione Fuorisede stiamo scappando. Stiamo scappando. Quelli che andiamo a vivere fuori dall’Italia e sì, mamma va tutto bene ma adesso ti devo lasciare che ho il turno 15-24. Stiamo scappando quelli che cambiamo quattro case all’anno. Stiamo scappando quelli che rimaniamo a vita nelle stesse case delle stesse periferie degli stessi discount degli stessi migranti. Noi stessi migranti. Stiamo scappando noi che non cambiamo residenza. Noi che non possiamo cambiare residenza, se le case in cui abitiamo non hanno contratti registrati. Se paghiamo in nero le nostre centinaia di euro ai nuovi veri aguzzini della modernità: i proprietari di immobili. Noi che non possiamo cambiare residenza perché cambiare residenza significa dover cambiare anche medico di base. E cambiare medico quattro volte all’anno, no non si può. Non si può. Non si può nulla. Noi che non possiamo, non possiamo nulla, perché non sappiamo dove saremo e che faremo non dico domani, ma a fine giornata.



Stiamo scappando perché non vogliamo crederci. Ci hanno mentito. Ci avevano detto altro. Ci avevano assicurato che. E così non era. E poi ci hanno lasciato soli. A noi e ai nostri genitori. Ammortizzatori sociali, li chiamano. Avete visto? La famiglia è la sola vera architrave su cui si regge il nostro Paese. Ipocriti. Farabutti. Vi nascondete dietro un dito. Ci avete lasciato soli. E noi dobbiamo farcela. Dobbiamo trovare un modo. A ciascuno il suo. Non voluto. Trovato. A volte per caso, altre per necessità. Mai per scelta. 

La Generazione Fuorisede legge i giornali. Strabuzza gli occhi. Vive di Internet. Usa i social network per mantenere dritti quei fili che da un computer si diramano fino agli affetti. Aggiunge come amici su Facebook le proprie madri e i propri padri. Vive la vita. Vive le mille realtà di chi non può permettersi il lusso di fermarsi neanche un attimo. Usa i mezzi pubblici. Soffre. Si incazza. Vede con i propri occhi. La gente. La Generazione Fuorisede non sceglie. Si adegua.

La Generazione Fuorisede è privata di molti diritti. Il diritto al bello. Il diritto al bene. Al giusto. Al merito. Il diritto non dico alla Felicità ma il diritto a pensare che da qualche parte quella Felicità c’è, esiste. Il diritto a fare progetti. Il diritto a non avere tutti le stesse librerie Ikea a 15,99 euro. Il diritto a sorridere. Il diritto a non avere un muro di cemento armato piantato davanti agli occhi.

E poi c’è un altro diritto. Il più elementare. Il diritto di voto. Oggi gli italiani che risiedono all’estero vedono riconosciuto questo diritto. E sono tenuti in grande considerazione. Lo stesso non accade con i Fuorisede del Meridione, milioni di twenty e thirty-something costretti a dover tornare ogni volta nelle scuole elementari fatiscenti del proprio luogo di origine. Costretti a spendere centinaia di euro tra treni o aerei, a prendersi giorni di ferie. Ma nella Vita Reale non ci sono “soldi” nè esistono i “giorni di ferie”. Dunque questi disgraziati Fuorisede fanno l’unica cosa che possono: non vanno a votare.

Dice: ma lo Stato rimborsa i treni a chi presenta il certificato elettorale bla bla. Certo. Una percentuale. Solo una percentuale. Mica tutto per intero. Perché è ovvio, questi meridionali che tornano alle case e alle nonne vanno a votare sì, ma poi vanno anche al mare. E che, noi li paghiamo per andare al mare?

Caro Stato, hai mai provato a fare in treno la tratta Roma-Siracusa? E Roma-Vibo Valentia? E RomaBolognaPerugiaMilano-ovunque?

Caro Stato, ti sei mai chiesto: Ehi, ma forse qui c’è un problema? Ti sei mai chiesto Ehi, ma il cittadino è in cima ai nostri pensieri? Ehi, ma io cosa faccio per mettere il cittadino nelle condizioni migliori per esprimere il proprio diritto di voto? Ehi, ma come fa un Disgraziato Fuorisede a “scendere” il 6-7 giugno per le elezioni Europee e per il primo turno delle Amministrative e poi “salire” di nuovo e poi “riscendere” il 21 e il 22 per il secondo turno e per i referendum? Ehi, ma forse non c’è altra soluzione? Ehi, ma tutto quello che abbiamo fatto finora è lontanamente definibile come *democratico*?

Malafede, incompetenza, menefreghismo: fai tu, caro Stato. Ma quando ti sarai posto il problema e avrai cercato di risolverlo, facci un fischio. Noi, Generazione Fuorisede, saremo ben lieti di poterci sentire cittadini di serie A e di poter esercitare i nostri diritti. Anche a distanza. Che forse tu non lo sai, ma mica l’abbiamo scelto noi, di essere Fuorisede. 

35 Replies to “Perché ai Fuorisede viene negato il più elementare dei diritti, ovvero il diritto di voto?”

  1. io quando tu scrivi di fuorisede mi struggo, perchè anche se atipica sono fuorisede anche io (dal profondo nord-ovest alla toscana).

  2. hai e avete ogni buona ragione

    e un voto espresso per corrispondenza, come si fa in tanti posto al mondo, non dovrebbe essere così complicato da organizzare

    ciao

  3. *Pattie: anche se cito sempre i terroni in mezzo ci sono anche i fuorisede atipici, eh! Vale lo stesso.

    *Yet: ci vorrebbe zero. Facilissimo. Mistero.

    *Unacosaacaso: anche tu della famiglia? 🙂

  4. oh sì, ma sono fortunata! In tre anni ho cambiato solo tre case e tre medici di base. E lavoro nello stesso posto da ben due anni e mezzo (ovviamente a progetto, ça va sans dire!)

  5. verissimo, giustissimo, approvatissimo non solo per la migrazione sud-nord ma in generale.

    Unica puntualizzazione: non serve mostrare il contratto d’affitto per cambiare residenza. (E il medico si può cambiare senza cambiare residenza, c’è un formulario apposta all’anagrafe dell’ulss. Certo sì se cambi 4 case l’anno in 4 distretti uiss diversi resta dura, sì sì).

    ps: E un bel voto elettronico, che farebbe risparmiare milioni di euro (così che non si strumentalizzi sempre il diritto a votare come “un costo”), quello no?!?

  6. Non lo so.

    Ci sono punti oscuri nel tuo post.

    1.E’ bello sentirsi in esilio, ma molte volte quell’esilio ce lo siamo cercati.

    Non sono sicura che tutto si riduca ad un “non l’ho scelto io, ho dovuto andare, ho dovuto fare, ho dovuto muovermi…”

    2. Il fuorisede si muove anche da nord a centro (tipo Pat, e tipo me), e fosse stato per me, avrei fatto nord-sud

    3. sono d’accordo sul voto per corrispondenza. Qui in Spagna lo fanno, anche interno, ed è pensato apposta per i ragazzi che studiano in un’altra città. La raccomandata la paghi tu, però io la pagherei volentieri

  7. *unacosaacaso: ah allora sei fortunatissima 🙂 beata te!

    *truesmile: il riferimento al contratto d’affitto era legato ad un concetto generale di stabilità. appunto se cambi 4 case in un anno -come ahimè mi accadde in passato- è un inferno!

    sul medico: mi informai. se non hai la residenza devi essere studente o devi avere un contratto di lavoro o something del genere. così mi dissero alla asl daha tiburtina 🙂 a te non risulta?

    voto elettronico: ah guarda fosse per me farei tutto online. ma poi milioni di impiegati che farebbero? purtroppo è triste ma è così. il voto per corrispondenza forse sarebbe un buon compromesso. ah che utopie.

    *Virgh: la migrazione da sud nord è purtroppo schiacciante. la migrazione nord-nord o nord-centro non l’ho presa in considerazione perché spesso voi potete scegliere tra due università di pari livello o quasi. vuoi mettere palermo con roma? e poi da voi i treni funzionano -anche se cari- e da noi no. e poi voi potete tornare a casa più spesso e noi no. insomma sono due concetti diversi di “fuorisede”. ciò non toglie che a tutti dovrebbe essere garantito il diritto di spendere solo qualche euro di raccomandata -ad esempio- per votare.

    “Quell’esilio ce lo siamo cercati”: giusto. Ma tu, in tutta coscienza puoi dire di aver “deciso” di andare all’estero dopo aver soppesato un’alternativa di pari livello in Italia? Per me scegliere -e quindi ‘non’ scegliere- significa proprio questo: avere libertà di scegliere -o non averla-.

    Se un’opzione è decisamente meglio per vari motivi, allora è sì una scelta -coraggiosa, di fuga, etc- ma non completa, a metà. Una scelta indotta, mettiamola così 🙂

    Se la risposta è sì allora sei la prima tra i miei amici “esteri”. E quando mi proporranno di scrivere un libro sull’argomento sarai la prima intervistata! 😀

  8. A legger queste cose mi (as)sale l’angoscia e non sono neanche fuorisede…

    Mi dicono che il voto elettronico ce l’hanno pure in Estonia.

    Mi sa che ormai possiamo solo dirci democratici, mica esserlo.

    nhu mai

  9. Tutto molto bello, solo un piccolo appunto: io fui fuorisede per scelta, adesso sono insede e non vedo l’ora di tornare fuorisede. E ne conosco altri, come me. (poi qui si potrebbe iniziare una disquisizione sul fuorisedismo come State of Mind, ma non è la… sede ;))

    LB

  10. Posso fare una standingovation a LB per il fatto di fuorisedismo come state of mind?

    E’ vero però che il fuorisedismo nordico è meno obbligato.

  11. *Nhu: sei una dentrosede 🙂

    *Valu: dai, per i prossimi mesi non sono previste elezioni. Mai dire mai, però! 😉

    *LB: sei fuorisede per scelta? davvero? 🙂 Ribadisco quello che ho chiesto a Virgh. Tu, nella tua regione d’origine avevi le stesse possibilità che hai avuto nel posto fuorisede? Per me quella è vera scelta. Scelta è tra Torino e Milano, tra Venezia e Firenze, tra Bologna e Perugia. Non so se ho reso l’idea. Io, che da una città di un milione di abitanti, son dovuto andare via, non ho scelto proprio nulla. Ovvio che ho “scelto”, ma non avevo altra “scelta”.

    Forse avrei dovuto scrivere il post in prima persona singolare, ma ti e vi assicuro che la mia quasi decennale esperienza romana mi parla di “costrizione” molto più di quanto possa apparire a prima vista.

    Sarebbe bello parlarne seduti attorno al tavolino di un bar ma insomma, accontentiamoci del blog 🙂

    *Pattie: certo che puoi. puoi c’era anche il “terronismo” come state of mind. tu ce l’avevi? secondo me sì. era una cosa bella, eh! 🙂

  12. Non posso non bullarmi del fatto che il mio grandissimo sindaco Emiliano abbia messo a disposizione mezzi di trasporto completamente gratuiti per tutti coloro che volessero tornare a Bari per votare. Grazie a lui e Vendola posso dirmi orgogliosa di essere barese e pugliese, purtroppo non posso dire lo stesso dell’essere italiana.

    Mandarina

  13. Non posso non bullarmi del fatto che il mio grandissimo sindaco Emiliano abbia messo a disposizione mezzi di trasporto completamente gratuiti per chiunque volesse tornare a Bari a votare. Grazie a persone come lui e Vendola posso dirmi orgogliosa di essere barese, e la fuga che sembrava sul serio come l’unica soluzione ai nostri problemi sembra non essere piu’ necessaria. Scusate per questa manifestazione di orgoglio pugliese ma devo ancora smaltire la gioia per la vittoria di ieri….:))

    Mandarina

  14. Tutto molto giusto solo una domanda e una considerazione.

    La domanda è: ma il voto telematico è sicuro? Non è che poi ci si troverebbe con brogli inverificabili? (sai in islanda è una cosa quì un’altra)

    La considerazione è questa e ti prego di non prenderla come espressione di razzismo perchè sono di torino e tutti i miei parenti sono del nord: i treni e tante altre cose anche al nord vanno a puttane. E’ normale che un treno abbia due o più ore di ritardo, o che venga soppresso o altro. E lo paghiamo pure caro. Noi le autostrade e le tangenziali le paghiamo (pago pure la tangenziale se voglio andare a torino nord). Sono perfettamente concorde sul fatto che il mezzogiorno è lasciato a se stesso (o meglio a una certa situazione) e che lì non si può vivacchiare come si fa da altre parti ma devi farti un culo così per ottenere briciole. Però permettimi, secondo me alcune cose sono così perchè nessuno fà nulla. Voglio dire: non puoi non pagare l’autostrada e lamentarti perchè ha solo due corsie e d’estate ci sono 800 km di coda, non puoi metterti a urlare in mezzo alla strada perchè tuo figlio è morto in motorino e non aveva il casco. Sono cose che non riesco a concepire sinceramente…

  15. Il fatto è che non ho “scelto”, mi è capitato.

    E’ diversa come situazione: in realtà in Italia non aveva mai fatto le cose che ho fatto qui, ma se devo essere sincera, in Italia non c’avevo neanche provato.

    Avevo un’altra età ed un modo diverso di vedere le cose, avevo dei sogni che credevo impossibili.

    Essere “fuori” ti fa pensare he siccome sei diverso tu, sarà diversa anche l’impossibilità.

    Non lo so se in Italia avrei avuto lo stesso lavoro e lo stesso stipendio.

    Di conseguenza, la risposta non è nè si nè no, è una domanda diversa che dvresti farmi 🙂

    (ops, ho appena perso il posto di prima intervistata)

    😉

  16. *mandie: quindi noi eravamo fan di Emiliano? Forse mi ero perso qualcosa. Comunque va bene. Questa cosa dei mezzi di trasporto gratis me l’ero persa. Grande Emiliano alè ohò. A voi baresi. Bari ha nelle proprie mani il destino del nostro popolo! Vedi come stiamo messi 🙂

    *Natror: guarda che al sud l’autostrada la paghiamo e alcuni portano anche il casco. Non farti influenzare da una parte che diventa il tutto 🙂

    Se da Trapani a Siracusa ci metti 10 ore in treno la colpa è di qualcun altro, mica di chi l’autostrada non la paga.

    Dici che al Nord i treni vanno a puttane? Mi sa che abbiamo due sistemi di regolazione diversi! 😀 Io quando vado mi pare di essere in un altro pianeta e piango di giuoia!

    *Virgh: ok. Ti è capitato. Ma se avessi avuto un’alternativa di pari livello e pari “respiro”? Forse no 🙂

    Ma vabbè, passiamo alla seconda domanda, signorina…

  17. Beh di sicuro non è il paradiso. Per vedere i treni in orario vai in svizzera e prendi quelli meno importanti…sono addirittura in anticipo….

    Non intendo fare di tutta un erba un fascio ma per esperienze di numerosi miei amici meridionali, quando vanno giù vedono pochissima gente che fa le cose come andrebbero fatte. E i caselli da roma in giù sono come dei miraggi. Poi io riporto quel che mi raccontano loro perchè non ho esperienze dirette, ma se lo dicono loro che sono di giù io ci credo…

  18. io ho aspettato a commentare questo post. me lo sono letto subito quando l’hai scritto. e non lo so perchè ma mi sono sentita in colpa. perchè io sono tornata a casa. non ho ancora capito perchè l’ho fatto. le cose non è chemi vanno benissimo. però non accenno ad andarmene. e mi sento in colpa perchè non sono rimasta fuoricasa a resistere. che sì, si può anche dire che tornare è più dura. ma tornare è anche rinunciare, cedere, sopportare. io pure mi sento fuorisede. però fuorisede da me. mi pare che tutte le cose che voglio, siano in diaspora, lontane sparse ovunque. non qua.

    è sconnesso questo commento.

    scusa.

  19. *Natror: guarda che i caselli ci sono o non ci sono. non è che uno può NON pagarli! 🙂

    Comunque io, che sono piemontese di nascita, dico: il nord è il paradiso!

    *Viola: fuorisede da me. esattamente come mi sento io. anche se non sono tornato. anche se sono qui. anche se sono fermo. esattamente. tutto lontano. non è questo quello che voglio. no. non qua non ora.

  20. Non lo so se posso intromettermi in quest’ultimo scambio di vedute.

    Mi è piaciuta l’idea di “fuorisede da me”.

    Forse andandocene abbiamo formato un’identità che non riusciamo del tutto a comprendere, perché slacciata e diversa da quella dei nostri genitori.

    Tornando pensiamo di ricostruirla ed invece tornando ci aggiungiamo ancora più confusione.

    Dite che a tornare è più dura, dite che restare fuorisede è più dura.

    Dico che restare senza radici per seguire i nostri sogni anche, fa sempre parte delle cose “più dure”.

    Dovunque siamo, a COSA stiamo resistendo?

    (sono andata fuori tema, ma mi avevate smosso una cosina qui, in fondo alla gola)

  21. *Virgh: non so noi, ti parlo di me.

    Io sto resistendo a quello che non avrei mai immaginato. Io tutto questo non l’avrei mai mai immaginato. Stando fermo o scappando o andando o restando.

    La vita è bella e piena di sorprese. Ma insomma. Quando ti accorgi che con la tua barchetta a remi, dopo tanto lavoro di braccia sotto il sole, alla fine ti ritrovi sempre allo stesso punto, senza esserti mosso di un millimetro, allora.

    La fatica, io sto resistendo alla fatica.

  22. Sarà… ma il 20 agosto si leggeva questo: http://www.trasporti-oggi.it/archives/00022438.html

    E infatti ci sono autostrade (che vengono chiamate superstrade) che sono gratis. A quelle si riferivano i miei “contatti”. Poi non sono tutte gratis ma qua pago anche l’aria che respiro.

    Per me il paradiso è il nord d’europa…senza andare troppo lontano svizzera e austria sono mooolto più vivibili….

    Poi ognuno ha le sue opinioni 🙂

  23. viola, virgh, TFM la vostra discussione ha messo anche a me quel nodo in fondo alla gola.

    io che quando sono a Firenze ogni tanto ho delle botte di nostalgia per quel che ho lasciato e che quando torno a casa sento che ormai certe cose non mi appartengono più.

    la nostra condizione, sia che si vada, sia che si torni è sempre in bilico: non so voi, ma io ho pezzi di cuore sparsi in giro e metter tutto insieme è un vero casino.

  24. Esatto, Pat! E’ come se a stare sparsi in giro quei pezzi si fossero gonfiati, ed ora non combaciassero più così bene…

  25. *Natror: ah vabbè e tu ti fidi di Castelli?!?

    *Pattie&Virgh: dai venite qua, abbracciamoci

    (mi sento in un libro di de carlo)

  26. ok, hai ragione, faceva un po’ gruppo dei fuorisedisti anonimi…

    Ciao, io sono Virgh

    (in coro sommesso: ciao virgh)

  27. Pago la tangenziale nord quella che va a settimo, brandizzo corso giulio ecc.

    Poi si pagano certe uscite come Santena (venduta come uscita perfetta per l’ugc tanto per fare qualche gruzzolo in più)

  28. sono fuorisede da 13 anni. non ho votato per quasi dieci, il primo voto l’ho dato quando finalmente ho potuto prendere la residenza a roma. per scendere a votare in sardegna, lo stato ti rimborsa il 60% del biglietto di seconda classe della nave, a patto di andare il sabato e tornare la domenica, che su una tratta da 12 ore come quella civitavecchia-cagliari è praticamente impensabile. mi è sempre stata sulle palle, ‘sta cosa.

    poi io sono una fuorisede convinta, nel senso che, anche se me ne sono andata non certo per scelta (a meno che non vogliamo considerare scelta quella che contrappone l’andarsene al rinunciare a una passione e vivere una vita lavorativa di ripiego), a casa non ci tornerei mai. però fuorisede ci si sente e ci si sentirà sempre, un pò per una questione di state of mind, un pò soprattutto perché è inevitabile finché le condizioni sono queste che tu descrivi nel post e che conosco anch’io, fin troppo bene.

    per inciso: il contratto d’affitto non serve per cambiare residenza, è vero; ma se il tuo padrone di casa è ufficialmente residente nella casa dove tu abiti, non puoi dichiarare di esserlo anche tu, a meno di non avere una sua dichiarazione di consenso – ma in un buon 90% dei casi loro *non vogliono* che nessuno risulti residente in casa loro, altrimenti non l’avrebbero affittata in nero; e il medico per i fuorisede è provvisorio, scade ogni anno e per rinnovarlo serve il certificato di frequenza dell’università, o un contratto a tempo determinato, o un documento che attesti la frequenza di uno stage o una roba così, sempre con data di scadenza. siamo una generazione a scadenza, ecco.

    un saluto.

    lapitzi

  29. Non dovresti dare altre spiegazioni. C’è un pezzo di molti in quasi ogni frase.

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