Conduttrici, conducenti, Natasce
Ad un certo punto ho aperto gli occhi e ho pensato: lo sapevo. Mia nonna diceva sempre: ah, i pensieri. Nonna, se tu sapessi.
Le zerosette e diciassette.
La casa, il mondo. Penombra. Mi muovo con familiarità. I gesti anticipano i pensieri di un attimo. Me ne rendo conto dopo. Un attimo.
Sotto l’albero: un fico secco.
Devo ricordarmi di comprare un bollitore. Il pentolino borbotta. Il filo della bustina finisce dentro l’acqua bollente. Rimango così, sospeso con il dito a mezz’aria.b. la conduttrice e il conducente
E adesso parliamo di chi la notte scorsa ha lavorato! La conduttrice bionda parla con il conducente del tram. Come è andato il turno? E’ stanco? Il conducente del tram è giovane. Al massimo venticinque anni. Ha un taglio di capelli a metà tra Ivan Cattaneo e un cantante emo di penultima generazione. Rasati sotto e un ciuffo che da destra scivola dolcemente fino a circumnavigare il viso. E gli occhi buoni. Stanco? No. Sì. Un po’. La conduttrice bionda ride. Che gente ha incontrato nel suo turno di notte, la notte di Natale? Il conducente del tram dice Tanti extracomunitari. Loro non hanno la macchina e usano i mezzi per muoversi. La conduttrice sorride imbarazzata, dice Beh anche tanti italiani non hanno la macchina. Il conducente abbassa lo sguardo, colpevole. Dice E’ vero. La conduttrice bionda è molto comprensiva e cambia discorso. Dice Che rischi corre la notte, un conducente del tram? Il conducente del tram si rinfranca e dice A dire il vero non molti. La notte è più bello, per me. I passeggeri dormono. Di giorno no. Di giorno urlano e litigano. La conduttrice dice Davvero? Anche a Natale in cui tutti dovrebbero essere più buoni? Il conducente dice Soprattutto, a Natale! Sono tutti così nervosi. Il conducente abbassa lo sguardo. La conduttrice dice Gentile amico conducente, che senso ha per lei il Natale? Il conducente dice Non saprei. Per me è sempre Natale. Vede, io sono sempre buono e disponibile per tutti. Le faccio un esempio? Le faccio un esempio. Io faccio capolinea alla stazione Termini. E tanti viaggiatori si fermano per chiedere informazioni. Ci sarebbe un box informazioni apposito, ma io non li scaccio mai a male parole (come fanno certi miei colleghi). Io gli spiego volentieri che tragitto fare. Anche stanotte. Dei ragazzi non sapevano come tornare al Laurentino 38 e io li ho aiutati, anche se non sapevo la strada. La conduttrice bionda sgrana l’eyeliner e ride Ahah e
adesso la parola a te, Michele
Il conduttore Michele è senza giacca e dice Salutiamo la nostra ospite, Irina, che è ucraina. Allora Irina, che Natale è per lei?
c. il mestiere di Natascia
Io una volta ho conosciuto una donna ucraina. Non si chiamava Irina. Il nome vero non lo posso dire. Diciamo che si chiamava Natascia. Non era bella. Ma per il mestiere che faceva non era fondamentale. Natascia aveva una grande forza. Natascia era venuta in Italia con grandi speranze. Era venuta con suo marito. Lei aveva un permesso di soggiorno. Lui no. Così lei doveva lavorare per due. Di giorno e di notte. Il marito clandestino. Lo amava, diceva lei. Nonostante tutto. Un giorno lo scoprirono. E lo rimandarono indietro. Lei rimase sola. In Italia. Sola. Fu così che tutto ebbe inizio. E così che io la conobbi, una sera. Natascia non era bella. Ma era brava. Oh, se era brava. La migliore, mi sbilancio. Mi colpì subito, tra le tante. Occhi vispi e parlantina sciolta. Oh, quanto parlava Natascia, anche in quei momenti. Mi faceva ridere, tanto. Finii con il voler bene a Natascia, davvero. Un giorno, alla fine, mentre ci prendevamo un caffè, le chiesi: Natascia, ma tu, ce l’hai un sogno? Lei mi guardò, prese la tazzina in mano, bevve tutto d’un sorso il caffè e disse: sì, un trattore. Un trattore? Domandai. Sì, disse lei. Secondo te perché rimango qui in Italia a fare questo lavoro della merda (scusa parolaccia ma è davvero un lavoro brutto, padrone ti sfrutta e paga pochissimo, molto meno di italiane)? Sto raccogliendo i soldi. Appena metto da parte un po’ torno a Ucraina e mi compro un trattore. Non serve altro. Un trattore. Poi vado per i campi. E vivo con il mio trattore e i miei pomodori. Non vedo l’ora.
Non me li scorderò mai, gli occhi di Natascia mentre diceva che voleva un trattore. Natascia posò le tazzine nel lavello. Andò in bagno. Si rivestì, si diede una spazzolata ai lunghi capelli neri, e disse: Tieffemme, sei tanto dolce e affettuoso, ma la prossima volta ricordati di farmi trovare il Lysoform che sennò i pavimenti vengono opachi!
TFM tranellone.. quanti sono caduti sulla Natascia?
Il Piccolo Gandhi
chi ha scritto le motivazioni di quella sentenza ha una profonda comprensione del diritto – quello del cazzo, ovviamente
tanti auguri a Natascia e ricordati di comprare il lisoformio (lo uso anch’io)
Un Tfm amaro, crepuscolare, alla Frank Capra. Ma bravo bravo bravo. Auguri
(80/100)
mio caro tieffemmuzzo, un abbraccione dal brasile. perchè mi manchi.
il tratur e’ un sogno molto bergamasco!
palbi
Niente zucchero nel the, e sotto l’albero un sacco di guai.
troopo pochi, i gradi di separazioni tra la vita di effenne e quella di tieffemme.
uhmmm….
io quando andavo al liceo mi svegliavo alle zerosette e diciassette… ci ho messo cinque anni, rosicchiando un minuto dietro l’altro, per arrivare a quell’orario…
*Gandhino: e quanti si sono poi ripresi, sulla Natascia! 😉
*Yet: ah beh se lo usi anche te allora significa che va bene. Io mi tengo sul tradizionale, ma anche quello verde (bergamotto? cedro?) non è male 🙂
*Ott: lusingato e auguri a te
*Ari: ricambio l’abbraccio di almeno quattro minuti. tu alla playa e noi a fanculo!
*Palbi: beh ucraìna e cittadella, very very closah
*Effenne: è tutta una questione di vocali e consonanti. tu hai una -i- di meno 🙂
*Suibhne: zerosette e diciassette. anobii. tutto torna, no? 😉
Vuoi un trattore? davvero? vieni a fare un giro quassù, che il papi un lavoro te lo trova, eh… 😉
Basta chiedere…
* eh 😉
muahahah
per cinque nanosecindi ho temuto il peggio!