Il rosso permissivo.

“C’è stato un incidente alla metro di Roma. Tu stai bene? Rispondi”.

 

Un messaggio, e poi tanti altri, e poi telefonate. Sicilia, Umbria, Abruzzo, Francia, Bosnia. “Sì sto bene”. Rispondo. Rispondiamo. Messaggi, pensieri, da lontano, soprattutto, che quando ci si allontana dal centro tutto si amplifica  a dismisura, paradossalmente. Sto bene. La tv, edizione speciale del tg1 e del tg2. Altrove girano televendite. È uno di quei momenti in cui ringrazi il cielo di non esserci. Anche se, anche se. Una strana fitta. Essere là, là, sul luogo dell’incidente. Il fascino perverso del poter dire “Io c’ero”. Il fascino perverso del sentirsi importanti, decisivi. No, non c’ero. Non c’ero.

 Da una settimana ho cambiato casa, e ho cambiato vita. Prima, a sole tre fermate da Piazza Vittorio. Adesso, tutt’altro orizzonte, la linea B, quella meno chic, quella meno affollata, quella che funziona sempre e comunque, anche a mezzanotte. Quella più triste, quella senza monumenti. No, non c’ero. Ero a casa, stavo passando lo straccio in corridoio. E sì, sto bene. Non c’ero, anche se ogni volta scelgo con cura il vagone su cui sistemarmi. Il primo o l’ultimo. I meno affollati. Non c’ero, anche se a volte capita di ritrovarmi alle spalle del macchinista e osservare la sua sagoma nel buio intermittente. La solitudine di un uomo solo, alle prese con un unico, grande ossimoro: noiosa ripetitività e massima responsabilità. Non c’ero, anche se di solito leggo sempre, un libro, o il corriere, o la repubblica, e mi distraggo, e sono sempre sul punto di perdermi  la fermata, e mi ridesto all’ultimo e scendo di corsa. Non c’ero, anche se è vero ciò che tutti dicono, la linea A ultimamente procedeva a singhiozzi, fermandosi spesso in mezzo al nulla. Ma non c’è -adesso lo sappiamo- un prima o un dopo, c’è solo un semaforo rosso: imperativo (non passare!) o permissivo (passa, ma vai piano piano, mi raccomando e per favore). 450.000 passeggeri al giorno. Non c’ero, anche se quei volti e quelle paure io le ho viste, le ho vissute. Una bomba, un attentato. Perché ci penso, e ci pensiamo, e so, sappiamo che le eventualità esistono per essere smentite, o confermate. Non c’ero. E adesso ci sono, qui, sali scendi scendi e sali, prossima fermata Policlinico, e sto leggendo il giornale, e mi vengono gli occhi lucidi a leggere di quella ragazza morta, e di sua madre, che non riusciva a contattarla al telefonino, e poi del famoso sceneggiatore che racconta di una sua studentessa piena di cenere e del suo labbro “che trema incontrollato”, e ancora del buio e delle urla, e ancora, e ancora, adesso, qui, mentre mi tengo alla sbarra blu e il vagone frena, e alzo gli occhi e sposto lo sguardo e scopro che anche altri smettono di leggere il mio giornale e fanno lo stesso, adesso scopro che tutto sommato è andata bene, per fortuna, già la fortuna. Questione di punti di vista.

 

P.s. Storace subito dopo la tragedia ha dichiarato: “A Roma ci sono una notte bianca e 365 giorni neri”. E un morto e 250 feriti. Complimenti a Storace per il tempismo.

10 Replies to “Il rosso permissivo.”

  1. … e meno male che non c’eri. Meno male che non c’eravate (tu e Anto). Non dico altro, perchè c’è poco da dire, in questi casi. Solo sperare che cose simili non accadano mai più, ma è un’illusione da bambini, lo so.

    Un abbraccio, a te e alla molfettese.

    UAU

  2. Ahem… non ho cambiato sponda: era un abbraccio di gruppo… s’è capito? 🙂

    UAU

  3. Ma no, ma no, era di gruppo… di gruppo… 😉

    UAU

  4. No, non c’eravamo. Ma era come se. Lo sa Tfm. E ci voleva una tragedia simile per ridestarmi e convincermi a dirgli che in questo momento è una delle persone più importanti della mia vita. E che quello che scrive fa parte di noi e del nostro progetto di immortalità come Foscolo e prima ancora Seneca e tanti altri ci hanno insegnato.

    E allora il mio motto, quando Paz non esisteva e nemmeno Bifo e Ambrogio e Walter (magari lui no che oggi mi sta sul culo) e Bologna e tutto il resto. Quell’incipit meraviglioso che ci ha portato a questo punto hic et nunc. All’ikea col panino sul cruscotto. A Tor Bella Monaca, per errore ma anche no. A Saracena, passando per Molfetta-Palermo-Cisternino e chissà. E poi a mettere i sottotitoli con un orecchio solo (che dall’altro non ci senti). E ancora da Paolo…perchè il niente non si divide. E poi volendo anche a fanculo perchè sono tanto carina e raffinata, ma tu lo sai che se mi girano sò cazzi tua…e poi la lista sarebbe troppo lunga. In questo momento e per sempre. VITA LONGA EST SI UTI SCIAS. Ti voglio un bene dell’anima. From Trymon Land…

  5. Solo quando si libera la propria voce si rischia di essere vivi. Finalmente ti fai vedere. Oltre la superficie. Dove stanno le ferite. Dove ti cercavo.

    Brava, mi hai lasciato di sasso. Adesso risplendi ancor di più, e mi costringi a voltarmi altrove per evitare di morire. TFM carissimo, permettimi di dirti che ti invidio da far schifo, in quanto destinatario delle sue parole.

    Ciao raga’, scusate la franchezza.

    UAU-Lorenzo

  6. mizzica…hai amici pure in Bosnia?:)

    beh, per fortuna che non c’eravate anche se questi fatti drammatici servono a far riflettere sul valore di tutto ciò che hai intorno.

    Un po’ capisco queste sensazioni…ieri qui a Cosenza e in alcune parti della Calabria, alle 15 circa abbiamo avuto una forte scossa di terremoto…beh, un minuto e mezzo di panico nel vedere lampadari e armadi tremare. Ma è bello poter essere qui a raccontarlo. Brutto sentirsi invece così maledettamente PROVVISORI…che da un momento all’altro…

  7. Uau: posso capirti, però ti dico una cosa (con la stessa franchezza): non mi invidiare, non è fruttuoso. Le parole, e quel che si portano dietro, sono quel che sono solo dentro un certo contesto. Nel bene e nel male 😉

    Raganella: …non…capisco…i…tuoi… puntini…puoi…essere…più…chiara…? … (…)

  8. sì forse ho messo troppi puntini sospensivi 🙂 però se ti soffermi solo a quelli, non cogli il senso del discorso che invece è chiaro.

    Parlavo della metro, del terremoto e di come cose così ti fanno sentire maledettamente provvisori che da un momento all’altro… puoi non esistere più.

  9. Ironia, ironia. Avevo capito benissimo, raganella. Cercavo solo di alleggerire. Evidentemente non ci sono riuscito. P.s. mi fai così stupido? 😉

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