Tuto bene, tuto bene
<– In quel film che tutti conoscete ad un certo punto qualcuno diceva: ho visto cose che voi umani. E in questo caso queste cose di TFM sono solo cose che hanno a che fare con qualcosa che va oltre. Rispetto a cosa, io non lo so. No, non ho visto la Madonna. Nè risento ancora dei postumi. Sto parlando di uno sguardo che si allarga: immaginate un primo piano che a poco a poco diventa campo lungo, e poi lunghissimo.
Alleggerisce, viaggiare.
Ho visto cose belle, e per una volta non c’è -non ci può essere- vuoto in aggettivi altrimenti sfibrati -lo decido io-. Cose belle, cose che mi hanno allungato il respiro, ultimamente (e prossimamente) troppo breve. A pieni polmoni.
È il cervello che comanda tutto: dolore, piacere, (e)stasi. E non ci voleva così tanto. “Tuto bene”, continuava a ripetere il mio amico libanese, dal nome complicato, ribattezzato per semplificare Pino. Già tutto bene. Frase karmica, per allontanare gli spettri. Bombe che cadono, gente che scappa. È la guerra. Pino, fan di zucchero, che si raucizza la voce e si mette a cantare “ho bisogno d’amore per dio”, in salotto, mentre non si rende conto della verità, che è lì, sotto i suoi occhi. Bisogno d’amore. E già, ma lui non sa cosa vogliano dire quelle parole, mentre si dimena mimando il blues. O forse sì, lo sa, il suo migliore amico è mezzo milanese. Amici libanesi. Pino e gli altri, Gigi, Pina (o Lina?) e quant’altri. Abbastanza da essere fiero -commosso- di poter cancellare d’un tratto stereotipi e pregiudizi. Gli stessi che Pino, agente di borsa ora rifugiato a Londra e in cerca di lavoro, mi ha chiesto -tra il serio e una tequila con limone: a proposito, buona!- di sovvertire in una storia che io dovrei -sottolineo rei– scrivere per lui. “Ho in mente un piccolo soggetto, piccolo, uno short”. “ok, Pino, ma mi devi dire come la vuoi concludere, sennò di cosa parliamo”. “Oh, dear nico, i know what you say, ma voglio something di unreal, capito no?” “Eccome, Pino!”
La prima volta che ho sentito parlare di Libano è stato dopo le stragi mafiose del ’92 (’92, porca miseria, ma che errori faccio!?!?!). Palermo come Beirut, dicevano. E io, pur sapendo come fosse realmente la vita in Sicilia, mi figuravo lo stesso scenari apocalittici. Assurdità. Guerra. Libano. Ma anche Occidente. L’occidente di donne che qui (e lì) mettono la mini, che scopano, che fingono, che scappano a bordo di una nave e ora indossano vestitini a pois rossi. Ho sentito l’arabo, quello vero, urlato in discussioni violente, libano contro libano, questa è. Ho visto l’amore. Preciso preciso. Una cucina, affettare funghi e friggere cavolfiori, mentre due occhi luminosi e petrolio ti guardano e ti fanno capire che nulla mai e poi mai, libano, Israele, londra, san Francisco, e di nuovo brick lane, in prima fila e in solitudine che muta pelle e forma. Prova a unire questi punti su una cartina, vedi che ne esce fuori. Io lo so. E per questo è più difficile tornare indietro, cercando di non far rumore sulle scale di legno cigolanti, addio, porte aperte porte chiuse, lenzuola a coprire, lenzuolaa svelare. Parole, e promesse, che galleggiano nel vento. Wild is the wind. Io lo so. E per questo è più facile tornare indietro, con gli occhi pieni. Con tutta la forza che mi sento scoppiare nelle vene. È pronto il proscenio? –>
Pino ieri mi ha raccontato di quando a sedici anni e’ andato a mare con il furgone del padre, e di quando in gita con amici, in stato mentale alterato, si sono ritrovati in un campo di militari che li hanno inseguiti, e di quando ha “preso in prestito” la macchina di uno perche’ l’autista fuori dal locale non si sbrigava a riportargli la sua, e di quando…
e adesso mi ha chiamato e siamo di nuovo soli io e lui a cena devo correre che sta cucinando!
stewie
grande pino! buona cena in ritardo…
anche io faccio una fatica enorme a lasciarmi indietro quelle scale di legno cigolanti e i volti di quel piccolo pezzo di mondo che amo… un desiderio, uscire in punta di piedi per non svegliare chi dorme…e poi sperare che al ritorno nessuno si sia accorto che sono mancata così tanto. ma questa è un’altra storia. un bacio, grazie di aver anche tu annusato quell’aria. Joujou.
Grazie a me? Ma grazie a te, a stewie, a loro, essi, noi, voi, mi, ti, ci, si, li!