Cpe, precariato e dintorni

Ricapitolando (fonte corsera). Il CPE, contrat première embauche (contratto di primo impiego), approvato il 9 febbraio, permette alle imprese di assumere giovani sotto i 26 anni per due anni di prova con la possibilità di licenziamento senza giusta causa. Venerdì 31 marzo Chirac ha promulgato la legge ma ha chiesto al governo di modificarla riducendo ad un anno il periodo di prova e introducendo una sorta di “giusta causa” per il licenziamento. In mezzo: proteste come se non vedevano da quarant’anni, con giovani e sindacati uniti nella lotta ad un provvedimento che il capo del governo Villepin concepisce come primo passo verso la flessibilità nel mercato del lavoro. Il futuro non può reggersi sulla “ingiusta causa”, il senso delle proteste che a macchia d’olio hanno scosso la Francia intera, sullo sfondo di una battaglia politica per la successione a GiaccaSciracca.

Questa la superficie. Ma dietro alla comune protesta si agitano vessilli differenti. Come sostiene Massimo Nava sul Corriere del 2 aprile, il Cpe “era stato concepito per i ragazzi delle banlieue, i più dequalificati e i più colpiti dalla disoccupazione, per i quali un contratto qualsiasi, per quanto a termine e con rischio licenziamento, avrebbe fatto comodo, rispetto al far niente, al lavoro nero, alle mance nei fast food. Per gli studenti il Cpe è diventato invece la bandiera dei diritti sociali (che in Francia equivalgono ai diritti civili) e il detonatore di angosce sul proprio futuro di laureati senza garanzia di posto fisso. Fra le due categorie di giovani, il filo della solidarietà e della protesta congiunta si è già spezzato, a conferma che la frattura sociale francese è la somma di tanti egoismi e rivendicazioni contrapposte. L’idealità di una generazione in lotta è smentita dai casseurs che sfasciano tutto, dai giovani che lavorano per pagarsi gli studi e non vorrebbero perdere gli esami, dai giovani delle periferie che in questa vicenda non hanno avuto nemmeno diritto di parola. Non ci sarà da stupirsi se lo eserciteranno un’altra volta incendiando automobili o rubando i cellulari agli studenti in corteo”.

Rileggo e ririleggo queste parole e non posso fare a meno di pensare a noi italiani al di qua delle alpi. Lì, nonostante tutto, accade qualcosa. Qui si sta a guardare, laureati appesi alle mance nei fast food e affacciati alla finestra: non ci riguarda. Pavidità che non corrodono, pensando al tempo infinito che si pretende di avere. Non esistono conti alla rovescia, il presente e il contingente accudiscono e intanto pagano gli affitti. Niente cambia e niente cambierà. Immobili: ci basta e avanza quel che abbiamo, ovvero un sorriso beota stampato sugli occhi. Sguardo spento verso un orizzonte chiuso come un muro in piena fronte lanciato a tutta velocità.

4 Replies to “Cpe, precariato e dintorni”

  1. ciao peter, non posso esimermi. oggi quinta giornata di sciopero generale la mia università è bloccata parigi è bloccata ma pariginamente( NEL SENSO CHE LA METRO CMQ NON SI FERMA MAI MA “RALLENTA”…CIOè UNA OGNI 5 MIN ANZICHè OGNI 3…). sono d’accordo con te, vedendo questi francesi protestanti mi sembra che stiano facendo una rivoluzione di lusso…ma, t’enquete pas, i governi sono più o meno tutti uguali e non ascoltano manco loro, nonostante abbiano la testa dura come il legno…manco un po’ di rispetto per la rivoluzione francese e per il ’68!

    bacini, joujoucampanellino.

  2. È più o meno ciò che pensavo pure io la prima volta che ho letto di questa cosa: Cazzo, in confronto a noi, quelli stanno relativamente di lusso, e mentre quelli protestano, noi non facciamo un cazzo!

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