Il conforto dal passato e del presente
A proposito di civiltà. Stamattina, ad Omnibus la7, dibattito sul terrorismo nero. Ospiti in studio GiovanniBianconi (giornalista corsera, esperto in materia, autore di ottimi libri tra cui “Mi dichiaro prigioniero politico”), LucaTelese (“Il Giornale”), OresteScalzone (ex POTtereOPeraio via satellite da Parigi), e, soprattutto, Valerio “Giusva” Fioravanti, già attore dello sceneggiato anni ’70 “La famiglia Benvenuti”, e, soprattutto, protagonista di una delle pagine più nere della nostra storia. Protagonista in quanto terrorista. Oggi redento. Con AntonelloDuracellPiroso si è parlato, civilmente, di quella stagione. Morti di qua, morti di là. Nella folle ricerca di un equilibrio di sangue, di una bilancia sempre troppo leggera. Non entro nel merito. Ammetto però il forte senso di disagio nel sentir parlare di gente innocente morta sulla base di (presunte) appartenenze politiche, senza altra giustificazione se non: il colore. Rosso e nero. Mi sono commosso nel sentire le parole di una madre che parlava di un figlio morto. E’ questo, ciò che rimane, dopo trent’anni o poco meno. Rimane il dolore di chi ha visto, di chi ha assistito, di chi c’era. Il resto non conta. Sebbene sia necessario continuare a parlarne. Per sapere.
Ad un certo punto, Fioravanti ha detto: “Ci accusavano (noi Nar, n.d.b.) di essere collusi con lo Stato. Per smentirli dovevamo fare qualcosa, così abbiamo deciso di cominciare a sparare sui democristiani, sui magistrati, sul potere”. Sono rimasto agghiacciato. E non solo per i termosifoni più bassi per decreto. La pesante naturalezza di certe parole mi ha fatto riflettere sulla naturalezza di quel che accade intorno a me adesso, oggi. Su quello che significa vivere a Roma nel 2006 e pensarla in un certo modo. O in un altro. Mi ristora sapere di non aver vissuto quegli anni, ma di esserci solo nato, di portarne solo un segno sui documenti. Mi ristora il fatto di non vivere, oggi, con il terrore addosso. Abbiamo altri terrori, ma, insomma, sono ben più sopportabili: ridicoli. Sarà una magra consolazione, ma tanto basta per attribuire alle odierne vicende il peso che meritano.
Ad un certo punto, Fioravanti ha detto: “Ci accusavano (noi Nar, n.d.b.) di essere collusi con lo Stato. Per smentirli dovevamo fare qualcosa, così abbiamo deciso di cominciare a sparare sui democristiani, sui magistrati, sul potere”. Sono rimasto agghiacciato. E non solo per i termosifoni più bassi per decreto. La pesante naturalezza di certe parole mi ha fatto riflettere sulla naturalezza di quel che accade intorno a me adesso, oggi. Su quello che significa vivere a Roma nel 2006 e pensarla in un certo modo. O in un altro. Mi ristora sapere di non aver vissuto quegli anni, ma di esserci solo nato, di portarne solo un segno sui documenti. Mi ristora il fatto di non vivere, oggi, con il terrore addosso. Abbiamo altri terrori, ma, insomma, sono ben più sopportabili: ridicoli. Sarà una magra consolazione, ma tanto basta per attribuire alle odierne vicende il peso che meritano.
La cosa più irritante è che Fioravanti ha avuto la possibilità di scegliere di pentirsi; invece chi è morto, è morto e basta.