La scelta infinita
Negli ultimi dieci anni ho scritto per Link. Idee per la televisione una serie di pezzi sull’aumento esponenziale di contenuti e sugli inevitabili cambiamenti nella creazione e nel consumo.
Nel 2013 scrissi di una nuova pratica che stava prendendo piede con l’arrivo di Netflix: il binge watching (in realtà molti di noi lo facevano già dal 2005 con metodi, ehm, artigianali).
Nel 2018 feci una sorta di reportage dentro la pratica dello speedwatching, cioè guardare le serie mandando avanti veloce. Scoprii che molte persone della mia cerchia (di tutte le provenienze) lo facevano. Per me che sono sceneggiatore fu come andare a intervistare Nanuk l’eschimese (presi atto, strabuzzai gli occhi, ma mi divertii parecchio).
Nel 2019 scrissi invece un pezzo su come gestire l’esplosione di piattaforme e nuove serie un tanto al chilo e su come aggirare la cretinaggine dell’algoritmo (quindi un po’ di noi stessi) recuperando la vecchia e sana teleflânerie, il perdersi nei vicoli dello streaming come nei vicoli della Kalsa: il caso come antidoto al caos.
Da qualche giorno è uscito il nuovo scintillante numero di Link, il terzo della serie prestige Mediamorfosi. Si chiama “Gli anni delle piattaforme”. Nel mio pezzo, La scelta infinita, chiudo un po’ il cerchio prendendo di petto la sopraffazione definitiva dell’intrattenimento dovunque e comunque. Provo a capire perché sentiamo sulla nostra pelle questa entertainment fatigue, come fare spazio nell’archivio del nostro cervello di fronte alla scelta infinita e, soprattutto, come trovare la qualità, che c’è ancora ma è meno visibile rispetto ai tempi di quella “serie un po’ lenta ambientata a Baltimora”.
(Sono molto contento di questo mio pezzo, per vari motivi, i più frivoli dei quali sono: aver parlato di Aubrey Plaza senza nominarla, aver citato nelle stesse frasi Francesca Fagnani e Jennifer Coolidge, Terra Amara e Mare Fuori ma soprattutto aver indicato, en passant, le tre migliori serie degli ultimi anni che nessuno ovviamente conosce: una spagnola, una inglese e una francese).
Come al solito e più del solito, il volume è ricco di contenuti, punti di vista, domande, suggestioni. Prende il testimone da quello che eravamo ai tempi dell’ultimo Mediamorfosi del 2017 e si prepara a passarlo a quello che saremo nei prossimi anni. Come dice Fabio Guarnaccia nel suo editoriale: “Quello che ci troviamo davanti – tra piattaforme e intelligenza artificiale – non è un mostro, ma di sicuro è un nuovo tipo di organismo privo di freni e confini che non siano quelli dei suoi più diretti appetiti economici: il suo impatto sulla società ha molti aspetti positivi che sarebbe miope non riconoscere, ma se lasciato solo a se stesso, privo di norme e di vincoli, legati alla concorrenza leale e al rispetto della privacy, per dirne due, potrebbe avere dei costi troppo grossi da sostenere per la libertà e per il rispetto della dignità umana”.
E adesso, visto che questo post è una newsletter, vi lascio qualche link:
Dove comprare Mediamorfosi 3:
https://www.amazon.it/Mediamorfosi-anni-delle-piattaforme-Vol/dp/8895596315/?fbclid=IwAR1vTJ1_3ROPSGn29uF0cZtLez7NOoMvfPEQHxt5RGcjlDdxWA_IBXhidvM
L’editoriale di Fabio Guarnaccia e l’intervista di Luca Barra a Luciano Floridi
https://www.linkideeperlatv.it/…/mediamorfosi-3-gli…/…
Indice e illustrazioni:
https://www.linkideeperlatv.it/…/mediam…/vista/cartaceo/
Buona lettura,
viva Aubrey Plaza e viva Link.