Lascia stare i santi
“Un’amicizia con una donna non è un peccato, un’amicizia. Un rapporto amoroso con una donna che non sia tua moglie è peccato. Il Papa è un uomo, il Papa ha bisogno anche del pensiero delle donne. E anche il Papa ha un cuore che può avere un’amicizia sana, santa con una donna” […] “Le donne sono ancora non bene considerate, non abbiamo ancora capito il bene che una donna può fare alla vita di un prete e alla Chiesa”
Perché qualche giorno fa Papa Francesco, tra una dichiarazione di non ingerenza nelle beghe parlamentari di quattro poracci e una quasi-scomunica verso un altro poraccio, ha sentito il bisogno di ribadire l’importanza dell’amicizia sana e santa di un Papa con un donna?
Qualche giorno fa la BBC (e subito dopo il canale franco-tedesco ARTE) ha mandato in onda un documentario dal titolo più o meno esaustivo “The Secret Letters of Pope John Paul II”. Nel titolo manca l’altra metà di questa storia: Anna-Teresa Tymieniecka, una filosofa polacca con cui il cardinale-poi-papa intrattenne una relazione epistolare dal 1973 al 20015. 343 lettere piene di filosofia, di visioni del mondo, di separazioni, di io, tu e la nostra amicizia santa.
In realtà proprio segrete non erano, in Vaticano tutti ne erano a conoscenza (Bergoglio, nel suo italiano letterale: “quando ero a Buenos Aires, una cosa che si sapeva anche lì di lei, che si erano conosciuti e che Giovanni Paolo II era un uomo inquieto”) (Un uomo inquieto. Il Papa). L’autore del documentario, Edward Stourton, le ha trovate alla Biblioteca Nazionale di Polonia, a cui le aveva vendute la stessa filosofa (mentre le lettere da lei scritte sono davvero segrete, nessuno è mai riuscito a consultarle: un giorno, chissà). Il grande pubblico non era però a conoscenza del fatto che Anna Teresa, sposata con figli, e Karol, (“un uomo inquieto”) sono stati, per definizione di Stourton, “più che amici e meno che amanti”.
Il documentario parte forte parlando di “scoop del secolo”, segue in modo cronologico la nascita e lo sviluppo di questo rapporto (affettuoso?, ambiguo?, naturale?), e prosegue poi costruendo una quasi-storia d’amore fatta di prove ed ostacoli: l’incontro, le lettere prima formali (Wojtyla era spiato dai comunisti) e poi sempre più intime ogni qual volta lui si trova in territorio straniero (“Mia cara Teresa. Tu parli di essere separati, ma io non so trovare risposta a queste parole”). Il trauma dell’elezione a Papa, la rottura legata alla pubblicazione da parte di lei di un libro tratto dai loro scambi filosofici, libro che il Vaticano osteggiò in modo vigoroso (“Anna Teresa si sentì tradita”), e poi il riavvicinamento dopo l’attentato, e infine la delusione per essere stata completamente ignorata dallo staff papale dopo la morte di Giovanni Paolo II.
Il tono di fondo è impostato su una generica e maldestramente velata lubricità che vorrebbe titillare gli animi di non si sa bene chi (“mia madre” cosa ne penserebbe se il doc venisse trasmesso sulle reti italiane? Forse direbbe quello che alcune donne di quella generazione dicono: “E vabbè, è un uomo”), vive di allusioni (“Cosa succede quando si incontrano un uomo eterosessuale e una donna seducente?”), ipotesi e dichiarazioni di studiosi calligrafi assunte come sacre scritture (“Credo proprio che lei fosse innamorata di lui”). Non potendo dimostrare la violazione del voto di castità (“non ci sono prove”), il documentario si accontenta di un generico obiettivo di “cambiare la visione che abbiamo di un santo”, ma senza riuscirci veramente.
Innanzitutto perché, tautologicamente, un santo è un santo e non c’è niente che possa cambiare le cose (tanto più che la causa di canonizzazione andò spedita grazie anche all’abolizione della figura dell’Avvocato del Diavolo, voluta, guarda caso, dallo stesso Wojtyla). A un livello più prosaico e tematico non viene mai approfondito il nocciolo vero di tutta la faccenda, ovvero “L’occasione del Peccato come Peccato stesso” da cui partire per un sensato discorso sull’umanità di una figura come quella papale e ai cambiamenti spirituali, terreni, quotidiani del prima e del dopo il varco del soglio pontificio. Soprattutto, non riesce a rendere la complessità di una donna disegnata piuttosto come una linea dritta, a partire dalle due o tre solite categorie, e senza altre dimensioni se non quella che esattamente ci si aspetta in casi del genere: donna seducente (dunque ammaliatrice?) (e in cui Karol, almeno così viene raccontato, vedeva solo “il segno della presenza divina”), umorale e più-o-meno vendicativa, capace di mettere da parte la propria famiglia e attraversare mari, monti e difficoltà anche solo per poter fare lunghe passeggiate con quell’uomo così speciale. Una femminilità vista esclusivamente nell’ottica del “bene che una donna può fare alla vita di un prete e alla Chiesa”, un ruolo che, per dirla alla Bergoglio, non abbiamo ancora capito (e non vogliamo capire) perché, semplicemente, è riduttivo, parziale, statico. In una parola: sbagliato.
sbagliato perché ridotto o perché attribuito?
dettaglia, per favore
ciao
*Ciao Yet, sbagliato perché sempre uguale e a una dimensione