Behind the tonfo: televisione, social, musica
Alla fine: ognuno ha i binge-watching che si merita
di TuttoFaMedia
1. IL PRIMO GRANDE TONFO della carriera di Fabio Fazio è facilmente spiegabile. Alcuni elementi erano già evidenti dopo la prima puntata (dentro al replay), altri sono emersi a poco a poco durante le venti e passa ore di intrattenimento di cui ci siamo ingozzati in pochi giorni senza mai aprire le finestre. Tutto riassumibile nell’atto di dolore faziano iniziato con “L’errore è stato ripartire da dove ero rimasto” e proseguito nella seduta di autoanalisi a Che tempo che fa. Non ricordo altri conduttori disposti ad analizzare, subito, lucidamente, le proprie Waterloo.
La televisione generalista, per stare al passo coi tempi, deve garantire eccezione. Soprattutto, la sensazione che quel che sta capitando in diretta è questione di vita o di morte. L’evento. Fazio è sempre riuscito a crearlo, sparigliando e creando anomalie. Come hanno fatto, lui e la sua banda, a non accorgersi della tranvata che stava arrivando? Come hanno fatto a non rendersi conto che aveva ragione Littizzetto a essere perplessa sul secondo mandato e che erano necessari dei correttivi soprattutto nel manico, cioè nella conduzione a due? Presunzione? Cecità? Whatever. Un incidente di percorso, specie per i più bravi, è salutare, costringe a trovare nuove idee, nuovi stimoli (nuovi autori). Come tutti i fuoriclasse Fazio è tremendamente ambizioso (e come gli ambiziosi non è affatto un “buonista”, anzi). Non può sopportare l’idea di lasciare in sospeso un ricordo negativo. In queste ore non ha escluso di tornare già l’anno prossimo, forse anche per vendicarsi di chi gli ha fatto “lo sgambetto”. Ehm. Caro Fabio, col cuore in mano: lascia perdere ogni tentazione paranoica, vieni a farti qualche giorno qui a Parigi, così ci facciamo un po’ di VERLAN assieme, ti faccio ascoltare qualche nuovo Stromae da mettere nel tuo iPod ma NO, per piacere. Siamo in hangover, lo sai anche tu.
2. IN RICEZIONE – Grandi lamenti in giro per le internez. Niente di nuovo sotto il sole. Che noia, che spocchia, che disastro, che tutto. Succedeva l’anno scorso, succederà sempre. Pensa a questo scenario: Bonolis, che piomba sempre dopo i fallimenti altrui, come dopo Ventura nel 2004 e dopo Baudo nel 2008, torna nel 2015, e torna con LUCA LAURENTI. Oppure. Carlo Conti e GABRIELE CIRILLI a fare i monologhi. Che palle, vero?
Un lamento continuo, odioso brusio di sottofondo, figlio di una soglia di attenzione ormai pari al niente, e di uno dei grandi paradossi del tuo nuovo modo di guardare la televisione: mentre riversi la tua furia-sedicente-satirica su twitter o su facebook a getto continuo (clic, retweet, clic, retweet), tu, tecnicamente, la televisione non la stai guardando. E ti stai perdendo il senso di quel che stai, ahah, sfottendo. Quando è partito il flashmob canterino, le timeline di tutti gli emisferi sono state invase di reazioni serie con un tempo di reazione ai blocchi che nemmeno Usain Bolt: giornalisti, critici, passanti. Eppure, se tu avessi guardato lo schermo bene, ti saresti accorto che la grammatica registica era cambiata, che lo stacco sulla platea era stato troppo immediato, e che la camera a mano etc. Oppure, tu che hai pensato davvero che Stromae fosse ubriaco, e che sei andato avanti per cinque minuti nel tuo delirio antifaziano, antifrancese, antialcolisti, e ti sei trasformato subito in un proibizionista d’altri tempi (“dove andremo a finire!”), avresti potuto concentrarti sullo schermo e sospettare che si trattasse di una performance. Al limite, se poprio volevi stare su internet, avresti potuto digitare “Stromae ubriaco” e renderti conto che, da quasi un anno, in TUTTA EUROPA, Stromae va facendo le stesse cose. Ma mi rendo conto, fare due cose contemporaneamente è complicato.
3- QUELLO CHE CAPITA NELLE CANZONI – “L’anno scorso erano meglio”. Meglio di cosa, peggio di cosa? Chiedi a un fan dei Modà, avrai una prima risposta. Rimangono sensazioni, per esempio: “quell’anno con i La Crus, fu un Sanremo stupendo” (“Quello di Morandi? Ma ti droghi?”). E la sensazione che potremmo portarci, stavolta, negli instagram dei nostri ricordi, è una grande energia, soprattutto interpretativa: Gualazzi, Rubino, De André, Perturbazione, Sinigallia, Palma, Noemi hanno fatto quello che sanno fare meglio (in alcuni casi anche di più) e hanno creduto tremendamente in quel che facevano, ma con leggerezza. Gli Al Bani e le Oriette Berti di questo millennio (o meglio: quelli che tra 40 anni saranno per noi quello che Al Bano e Orietta Berti sono per i nostri genit-nonni), ovvero Renga, Arisa e Giusy Ferreri hanno aggiunto un’altra tacca ai propri Sanremi: ordinaria amministrazione. Ha vinto Arisa, poteva vincere Renga, mentre Giusy, peccato, non è più tempo per dive. Gli altri: ma per piacere.
Discorso a parte per i Giovani. Gara-abbastanza-farsa, e per vari motivi. Le canzoni arrivano già edite, elemento che dovrebbe garantire visibilità e invece toglie solo interesse; non gliene frega più niente a nessuno, tanto i veri Giovani escono comunque e altrove (sì, ok, Arisa, Gualazzi e Rubino arrivano da quel palco, ma anche da precise scelte discografiche alle spalle); Rocco Hunt.
Siamo la terra del sole non la terra dei fuochi. A parte la schizofrenia di chi un attimo prima sputava sulla brutta retorica faziana e un attimo dopo incensava la bella retorica del nostro Rocco Hunt. A parte la paranoia “meridionale” che ha colpito, in modo diversamente violento, chi osava fare battute di qualsiasi tipo (“per fortuna c’è un’aria diversa”) e che ha raggiunto livelli di fraintendimento allucinante (specie contro la Gialappa’s). A parte che non c’è niente di male se tua madre e tutta la tua famiglia sono all’Ariston e fanno come I PAZZI mentre canti (ed è bellissimo, eh, anzi: tenerissimo) ma se ci si offende perché a qualcuno viene in mente la parola “sceneggiata” e si denuncia un “razzismo anti meridionale” forse, ma forse, c’è qualcosa che non va nel tuo essere meridionale (ma poi: razzismo nel senso di razza? Veramente?). A parte questo, ci sono un paio di dati che mi sono rimasti impressi. La prima serata Rocco Hunt ha avuto l’88% dei televoti, in finale invece il 75%. L’88% e il 75%. Per fortuna non sono uno di quelli che crede ai complotti delle banche. O dei call center.
4- IN ALLEGATO
D’accordo su tutto, come sempre.
Ci sono alcuni punti che andrebbero proprio sottolineati e grassettati con carattere 72.
eph.
Non mi ricordo chi fosse stato né su che testata, ma mi ricordo che in concomitanza con un evento televisivo particolarmente twittato fosse stata fatta un’analisi dei twit, per poi scoprire che quelli veramente perspicaci e divertenti erano pochissimi.
E’ cambiato tutto negli ultimi anni e troppo in fretta, generando quello che tu giustamente chiami lo sbriciolamento dell’attenzione.
Ci siamo lamentati quando i blog sono diventati un po’ di tutti, ci siamo lamentati quando i vip sono entrati su Twitter, ci siamo lamentati quando anche il vicino ci ha trovato su Facebook… perché “la gente comune” cioè quella che non ha lauree in ingegneria, non legge i fumetti e non sa a memoria gli orari delle serie americane però quando sono trasmesse in America, quella in sostanza, che guarda Sanremo, entrava nella nostra torre d’avorio. L’osservatorio da cui noi guardavamo loro.
Ci aspettavamo però, che davanti al loro evento caratterizzante, Sanremo appunto, dimostrassero più capacità analitica, più attaccamento, più… attenzione, già.
E invece niente. Stiamo qui a stupirci che il zoccolo duro di Sanremo l’ha guardato e si è lamentato (ma lo riguarderà anche l’anno prossimo – cioè nove milioni).
Invece di chiederci perché quei pochi (3 milioni), quella cresta che fa la differenza tra un Sanremo molto guardato e uno poco, non si sono neanche messi a criticarlo, sono direttamente passati oltre.
Azzardo un’ipotesi: forse perché hanno lasciato i giocattolini (Twitter, Facebook etc) di cui si sono già stancati nelle mani dei fratellini più piccoli (che non li sanno ancora usare bene) e sono usciti a fare altro.
Che ne dici tu?
*Virgh: mi sono posto il problema in questi giorni partendo proprio da quei tre milioni che dici te. Analizzando gli ascolti negli anni, i cali improvvisi tra un’edizione e l’altra ci sono sempre stati, specie in caso di conduttore-bis. E ben prima dei social.
La mia idea è che quei tre milioni non hanno sentito che ne valeva la pena guardare Sanremo, anche solo per parlarne sui social o in ufficio. Cioè: se lo avessero guardato non avrebbero trovato non tanto con chi parlarne ma “di cosa” parlare. Qualcosa che non fosse il solito “si stava meglio con Toto Cutugno”. Questo è il vero fallimento di quest’anno. La chiave e gli argomenti erano sbagliati.
A cascata una serie di altri fattori: tipo, e non è un particolare, mancava/no il/i cantanti con forti comunità di fan, quelli che si spostano a prescindere e generano discorsi anche nella pancia di quelli che non hanno la tv a casa ma neanche leggono i libri e non si sa che cazzo facciano. Mengoni, Modà, quella gente che c’era l’anno scorso, per esempio.
La tua ipotesi la terrei buona per i prossimi tempi, e più in generale. Dando per scontato che “non staremo ancora a lungo a fare sempre le stesse cose su Twitter” e che molti stanno già andando altrove (per esempio fuori casa), vedremo che ne sarà di chi di volta in volta passa il testimone.
(ovviamente è “lo” zoccolo duro, scusa per il refuso)
e non per nicolizzare. ma son d’accordo come sempre.
occorrono brutte trasmissioni, o almeno piatte e lente, per poter twittare in pace.
Il fatto e’ che la gente muore. (specialmente quella in eta’ da essere pubblico di San Remo)
*BelG: e poi resuscita!
Secondo me si reincarnano in bomboniere.