Celentano Fazio Volo
Sommario: Canale 5 festeggia l’una tantum di psichedelica euforia (Celentano sopra i nove milioni, come non accadeva da anni), mentre Raitre prosegue i propri impercettibili slittamenti (cambiare qualcosa per cambiare non troppo).
C’è un’immagine che mi porterò dietro di questo Celentano 2012 Mediaset Edition. La clip di lancio della seconda puntata di Rockeconomy, prima del break pubblicitario. Un montato autocelebrativo in cui Adriano retwitta le voci e i corpi di Emanuela Falcetti, Monica Gasparini, Federica Panicucci e altri. Breve blob che annuncia la venuta del Profeta Prodigo, ne esalta i risultati, le gesta e le opere, tacendone, ovviamente, le omissioni. Leggera impressione per quei volti Mediaset, per quel marchio abbinato a quella faccia. Ma dura poco. Alla fine, possiamo dirlo, l’attesa per questo trasloco, sorta di reboot del marchio celentanesco, nell’unica spiaggia (tra le due) disposta ad accogliere il naufrago in astinenza da video, non ha prodotto niente che non avessimo già visto: il dettaglio degli stivaletti beige, le bombe, la retorica, la scenografia cupa che vive di miserie rimpallate, la gente che si esalta al passaggio delle telecamere (puro Festivalbar Style: il luogo è il messaggio), Morandi, Mazzi e persino Fitoussi.
L’unico vero motivo di interesse, semmai, era il ritorno sulle vere scene, davanti a un vero pubblico, del cantante Celentano. Qualche incertezza di intonazione, qualche strofa ciccata malgrado il gobbo. Ma il ragazzo della via Gluck, unplugged chitarra voce, spazza via qualsiasi discorso. Discorso che peraltro nutre e alimenta il celentano-mondo, in un impasto inestricabile di cui non si riesce più a distinguere l’origine e la fine. Un discorso polveroso, solfa zeppa di anticaglie (“I detentori del capitale”, “L’arte viene da Dio” e via pontificando), non tanto ipocrita per essere diffuso da un network commerciale (accusa priva di senso, al limite del ridicolo), quanto incapace di aggiungere ed elevare (obiettivo), rimanendo anzi al livello del luogo comune, inteso proprio come luogo capace ancora di aggregare le grandi masse (risultato).
In questo paradosso del Discorso Sopportato, fio da pagare in cambio del ricordo e della nostalgia che solo la musica sa restituire in questo modo, sta la forza di un signore di 73 anni che può permettersi, ancora, ora e per sempre nell’ora della nostra morte, di fare quello che vuole.
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A proposito di cose già viste e di sante messe. Che tempo che fa del lunedì conferma, dopo due puntate, la propria evoluzione naturale, sintesi delle esperienze pluriennali del weekend e dei recenti Vieni via con me/Quello che (non) ho. Fazio ha ormai trovato questo equilibrio tra distacco (ironia) e immersione totale (fede), un filo su cui camminare con naturalezza alternando discorsi alti (il concetto di Dio) e bassi (il turpiloquio di Littizzetto). Una dinamica che sa di pilota automatico, alimentata dalla solita compagnia di giro (i cantautori che rifanno altri cantautori, i comici di un certo livello che riempiono i teatri di un certo livello) che però non è solita andare altrove quindi non è poi così solita, e che vive di quasi sola parola. In prima serata.
Un microcosmo di autosufficienza, che a volte somma per non dimenticare, e a volte toglie per evidenziare, per esempio quel che era sotto gli occhi di tutti ma magari non ancora perfettamente a fuoco. Come nel caso di Matteo Renzi, portato a dialogare a distanza con Bersani (Pierluigi), e che viene praticamente lasciato da solo a mostrarsi per quello che è: un politico che si vuole diverso dagli altri (D’Alema ha mai citato Pizza Hut in televisione?) ma che poi non lo è così tanto, nel suo italiano non impeccabile (“Noi non facciamo gli show a giro per l’Italia”, “Non è mica che noi”), e nelle sue domande retoriche vuote (“Vogliamo parlare o no del fatto che dobbiamo cambiare per esempio le nostre certezze sul diritto del lavoro?”, frase che rimane là, sospesa nel vuoto, nella sua assenza di significato).
E se per caso tu, tu che stai leggendo, adesso stai pensando Sì, ma che palle Favino e Paolo Rossi e ‘quelli che’ e tutta questa retorica e tutta questa bontà, io ti dico: Hai ragione, ma io mi tengo lo stesso Stefano Benni e il Dodecalogo del Buon Cane “che caga sempre dove qualcuno può passare” (se poi Benni va anche a Sanremo, meglio ancora).
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Su Fabio Volo è stato detto tutto e il contrario di tutto. Specialmente sui fan di Fabio Volo, sui lettori dei suoi libri, sugli spettatori che lo seguono in radio come in tv, sulle donne che giurano di esserci andate a letto. Ieri è andata in onda la prima puntata della seconda stagione di Volo in diretta (quasi l’8%). E la domanda era: riuscirò a farmi piacere Fabio Volo senza vergognarmi di dire che mi piace Fabio Volo, evitando allo stesso tempo di finire nel calderone di quelli che quando sentono Fabio Volo ah, dove andremo a finire?
La risposta è No e No. Eppure i primi due minuti mi avevano illuso, con Jane Alexander (mai esplosa del tutto malgrado una rarissima capacità di bucare lo schermo: perché?) abbigliata da Nicoletta Orsomando e da Lana Del Rey, ma soprattutto col dialogo tra Fabio Volo e il quadro vivente di Paolo Limiti (citando Wilma Goich). Ma le illusioni, si sa, sono fatte per durare lo spazio di un latte alle ginocchia. Il breve momento stand-up, con battute sul grasso Giuliano Ferrara (dai, veramente, basta), e la satira da discount sui polli italiani e sui casalesi di Casale Monferrato alle prese con Saviano, hanno rimesso le cose al loro posto. No, Fabio Volo non mi piace e No, non posso fare a meno di stare in pessima compagnia con quelli che dicono Fabio Volo ah, dove andremo a finire. Su ‘Paolo Nori inviato del programma di Fabio Volo’ invece non ho ancora un’idea, e non credo di volerla avere.
l’ultimo periodo in grassetto è una battuta, vero?
(non l’ho visto, fabio volo, e non mi piace).
🙂
Tieffè, io sono proprio contenta che tu da lì dove sei mi dai un’idea della televisione italiana ed al tempo stesso un’opinione, così non devo far fatica da qui dove sono di guardare e PURE di pensare. Grazie Tieffè, cuoricini forever!
Detesto tanto quelli che descrivono Fabio Volo come un dio quanto quelli che lo assurgono a portatore di tutti i mali del mondo: non è nessuna delle due cose.
Detto questo, il Volo televisivo è sempre stato un po’ altalenante: autoreferenziale e un po’ acerbo nei programmi di Mtv (sembrano passati trent’anni, a ripensarci), maturo e originale nei programmi Mediaset (sì, lo so, sembra esagerato, ma erano una boccata d’aria fresca ed erano scritti bene, uccidetemi pure), incerto sul da farsi a Volo in diretta.
E credo che la colpa sia anche di Raitre. Dovendosi adattare ad una rete che teoricamente non c’entra niente con lui né col suo pubblico, resta lì, indeciso fra un po’ di camp da terza serata à la Cabello, le interviste intelligenti e il Letterman de’ noantri. E in questo modo non interessa troppo né al pubblico di Raitre (d’altronde, poveretto, è lì schiacciato fra un Ballarò e un Linea Notte, tra un Chi l’ha visto e un Doc3…) né ai suoi fan adoranti che, ne sono convinto, lo ascolta(va)no in radio e leggono i libri ma certo non aspettano le 23:15 per vedere Il Volo in diretta (che poi, ieri sera mica era in diretta).
Paolo Nori m’è parso a metà fra uno Zoro e un Claudio Cerasa. Diciamo che non è esattamente un volto televisivo.
(evviva #supertele, sia il pallone che la nuova rubrica!)
eph.
Piuttosto che Fabio Volo la morte nera.
Ho accolto con somma felicità la sua notizia dell’addio a radio deejay, diventato eccessivo altare di qualcunquismo (ciao Platinette, ciao Fabio, non mi mancherete).
L’anno scorso c’ho provato a guardare il suo programma spegnendo i miei (pre)giudizi mentali ma niente, lui me li ha confermati tutti, uno per uno. Il citare opere letterarie a muzzo, giusto per darsi un tono, i continui riferimenti al suo passato da panettiere (c’è ancora qualcuno che non lo sa?) il ripetersi che è tanto odiato ma lui se ne guarda bene dalle critiche “a meno che siano costruttive”.
Niente, solo del gran prurito alle mani.
E a quelli che dicono che piuttosto che non leggere è meglio leggere Fabio Volo rispondo che allora è meglio essere analfabeti.
Zit
Ti stimo molto.
Applausi per “riuscirò a farmi piacere Fabio Volo senza vergognarmi di dire che mi piace Fabio Volo, evitando allo stesso tempo di finire nel calderone di quelli che quando sentono Fabio Volo ah, dove andremo a finire?”
A me Volo non dispiace, ma neanche mi fa impazzire. Ho provato a leggere il suo primo libro e giuro che dopo 20 pagine mi sentivo male per la banalità. Ma in radio non mi dispiaceva. Certo: finiva spesso in retorica, ma tutto sommato, nel palinsesto tipico della radio odierna, almeno lui faceva qualcosa di diverso.
In Tv non ci provo neanche a vederlo. E mica per presa di posizione. È che avevo la tv di Fastweb e adesso il serivzio è stato drasticamente chiuso, e io non mi sogno manco di pigliarmi un decoder per il digitale terrestre. Non ne ho voglia. O meglio: diciamo che la televisione italiana non mi dà particolari stimoli.
*Lukiz: diciamo che no, non è una battuta. O forse sì, boh. Comunque non ho capito il senso di ‘Paolo Nori in tv’, anzi proprio la rilevanza del suo ruolo nel programma.
*Virgh: prego. Lo sai che qui si fa servizio pubblico di quelli POTENTI
*Davide: condivido la tua analisi sulla difficoltà a trovare un’identità precisa su Raitre. Però, paradossalmente, in tv gli riescono meglio le cose più impegnate, gli accenni, i sottotesti, la malinconia, quelle robe lì. Le cose più strettamente popolari (i polli, Casale Monferrato, le battutacce) invece le cassa completamente. L’opposto che con i libri. Rimane comunque un Ufo, questo Volo. (Anche io vedendo Nori ho pensato a Zoro: magari le prossime settimane andrà meglio, ma intanto un grande boh).
*Zit: “E a quelli che dicono che piuttosto che non leggere è meglio leggere Fabio Volo rispondo che allora è meglio essere analfabeti”: qualcuno potrebbe dire che c’è un legame stretto tra l’una cosa e l’altra (leggere Fabio Volo e non essere eccessivamente alfabetizzato) ma questo qualcuno potrebbe essere tacciato di qualcunquismo ; )
*Silvia: anche io!
*Filo: non lo dire a me che vivo fuori e la televisione italiana me la devo andare a prendere, cioè devo proprio volerla con tutte le mie forze : )
*Qualcunquismo era un errore ma in realtà sono felice del mio neologismo.
Per Qualcunquismo s’intende: ripetere concetti già citati da qualcuno prima e meglio di te.
ho detto no a Celentano. per protesta protratta contro Mediaset
guardo Fazio. per partito preso e perchè nonostante il markettismo mi piace ancora quell’insolito che porta
volo. mi faceva ridere molto su mtv (quando faceva parlare l’ombelico) quando era ancora fabio volo.
ho anche letto un suo libro. anche della Litizzetto ho letto un libro. poi si cresce e si smette. forse potrei scrivere un libro su chi ha letto un libro di Volo e Litizzetto?
In radio non lo sopportavo. come non sopporto i partiti del si e no.
*Zit: fun dei neologismi
*Moglie: beh almeno littizzetto non ha pretese letterarie (volo ce le ha? direi di sì, se vendi milioni di romanzi ti vengono per forza)
Guardo il logo di rock economy e mi chiedo quand’è che salteranno lo squalo e ne faranno uno in comic sans.
tieffemme secondo me lo sa. di non essere. spero.
*Furr: mentre perdevo minuti preziosi della mia vita a cercare un logo meno PECIONE ho pensato che tanto valeva non farlo. A proposito di Comic:
http://www.scienzeelettere.it/libri/buonenotizie.jpg
Fabio Volo lo vidi talvolta ai tempi dei tempi. Quelli in cui girava per l’Ammerica, e faceva un programma no nmale con interviste varie. Ed era non male pure lui, come persona (due gradi di separazione tra me e lui, testimonianza diretta di suo aiutante).
Di Fabio Volo come scrittore ho letto un librino venduto tempo fa con un Grande Quotidiano nazionale che non compro più. Ho vomitato (per il librino) (sì, anche per il Grande Quotidiano).
Paolo Noris è (stato?) talvolta geniale; adesso scrive un po’ troppo e un po’ solo “alla Nori”. Scrivere “alla Nori” (o “alla Colagrande”, o “alla quelli dell’Emilia”) è un esercizio divertente ma faticoso. Nori talvolta oggi fa ancora ridere, talvolta è faticoso. Dal vivo, e in diretta, secondo me è un disastro. Sa soltanto leggere quello che ha scritto (IMHO). Non riesco a figurarmelo in Tv.