Riot on a dirty Paris

Tre di notte. O del mattino. Gare de l’Est. L’N1, il Noctilien Circulaire è appena partito. Anzi, non si è proprio fermato. Scoppiava di gente. Come sono arrivato fin qui. Ah boh. Dicevano che Paris, i mezzi pubblici, la Nuit blanche, tutto doppio, vedrai vedrai. Ho visto, come no. La 14 è aperta tutta la notte, ma a me fregaminchie. A me serve la 12. La 12 è chiusa. Ma in alcuni punti è aperta. Allora ditelo, merde. Non ora non qui. Taglio perpendicolari. Inciampo in questo N44 che mi porta dove sono. Gare de l’Est. Dicevo. L’N1, quello che fa tutte le fermate del mondo, quello mi serve. Il display dice che il prossimo passa tra 7 minuti. Ci sono genti, tante genti. A un certo punto, in un punto alla mia sinistra, manco troppo lontano. Un rumore tipo SGNIOK, una mandibola che salta. Infatti. Due cinesi se le stanno dando. Disantaragione. Arrivano altri bro, tutti cinesi. Chiamala zuffa. La nuvola di polvere, Bud Spencer, quelle robe lì. Non mi preoccupo, so già il finale: i cinesi non muoiono mai. Tu hai mai visto un cinese morto?

Due ragazze sui trampoli, arrivano, barcollano, vanno. Fischi, di’ pure approvazione. Vola una bottiglia. Schivata. Dalla curva compare un OHOH, ecco l’N1. Miracolo. Si ferma qui, davanti a me. Salgo. Mi siedo. Hai presente tutto il mondo del mondo? È qui, adesso. Sta salendo. Una zampogna farcita, questo autobus. Francesine parigine, francesini parigini, coppie miste e coppie siste, madri e figli, passeggini ripieni d’infanti che fanno crowd surfing, gang black and white, antellò, italiani russi rumeni giapponesi, ci siamo tutti, allora, via.

Vascello tremebondo, in questo caracollare d’anime, frena, tutti avanti ohoh, a sinistra ohoh, sul ponte sventola un ‘ça va?’ che non ottiene risposta, è un attimo, voce che si alza e comincia a battere sui vetri, uomini che gridano, hai paura del buio?, i pugni continuano, pugni sul vetro, ma tu, nella vita, qual è il tuo obiettivo?, ehi dici a me che sto sfasciando tutto?, e che ne so io, a me mi chiamano Terrore. Senti tu, Terrore, sfogati pure, tanto. L’autista si è fermato. La testa appoggiata sulle mani intrecciate. Fate fate, tanto nessuno sale nessuno scende. Guardo fuori dal finestrino. Siamo, come si suol dire, in mezzo alla strada, da qualche parte, pressi di Gare de Lyon. E loro, Terrore e gli amici suoi urlano e battono sui vetri. Yawn, che noia. Dieci a uno che non ce la fanno. Oh, i francesi sono bravi a costruire i vetri dell’autobus. Lo sanno tutti. Ma che stiamo aspettando? Ah ecco, la gendarmerie. L’autista apre la portiera. Salgono due manganelli, poi due distintivi. E ora? E poi? Chissà, la notte era un tutt’uno. Avviluppo di nostalgia. Ciao bro, ci mancherai, ci mancherete. Dura vita, fare i ribelli. Ma adesso dai, andiamo, riportami a casa, ho sonno, non c’ho più l’età per trovarmi in mezzo a rivolte da quattro soldi. La prossima volta portatevi almeno un martello, e che cazzo. 

4 Replies to “Riot on a dirty Paris”

  1. Mi hai fatto ricordare la nuit blanche di tre anni fa, ma non me la ricordo affatto così affollata! Sarà perchè rientrammo a piedi, ed appena in camera (hotel di fronte alla Gare de l'Est) io accesi la luce, peccato che non mi ero fermata a leggere l'avviso in acensore "sivuplè, non accendete le luci in camera per non rovinare il gioco di luci proiettato sulla facciata dell'hotel"!  🙂

  2. ma io te lo dico abbastanza spesso che tivubbi? i tuoi articoli sono ambrosia per my soul. grazie tfm. però ecco magari non ci rimettere la pelle in queste baruffe notturne, che va bene sei a parigi a fare il figo, ma non ci pensi a noi? che ne sarà di noi(maledetto zeppola muccino)?

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