Quindici cose del posto dove sono.
Sì ci sono. Ora vi dico alcune cose del posto dove sono.uno. qui è difficile vedere poliziotti e carabinieri ma l’esercito sì. alla stazione del Nord, precisamente. con i mitra spianati. hanno tutti dei brutti ceffi e io mi sposto sempre per non essere al centro del mirino.
due. in compenso qui tutti hanno l’iPhone. al massimo i blackberry. ma l’iPhone se la comanda in un modo che non potete manco immaginare. ovviamente lo tengono tutti in mano, giusto per farlo vedere. alcuni lo tengono inda custodia. altri ce l’hanno bianco. anche io voglio l’iPhone.
tre. uno scappa dalla metrobbì di roma e cosa trova? la metro 11, calda, afosa e sudorosa. vabbè, quando il destino chiama, chi sono io per non rispondere?
quattro. a proposito di metro. adoro quella cosa di aprire le porte mentre sei ancora in movimento e scendere in corsa.
cinque. qui è la città del sacco pieno e del sacco vuoto. nel senso -signora mia- che venerdì sera scorso c’erano tipo sei gradi e i denti mi facevano jacques jacques. da ieri invece è riesplosa la estate e ieri notte alle due si poteva tranquillamente girare in bermuda e magliettina.
sei. ciò non toglie che i cittadini di qui siano sempre odiosi. si approfittano del fatto che io capisco ma non parlo. ma vedranno, oh se vedranno, quando avrò invaso la loro capitale!
sette. le proprietarie delle case sono tutte uguali. hanno sempre il golfino e il filo di perle. e sono delle gran stronze. a italia come a qui.
otto. qui le donne sono tutte incinte. a volte sembra di stare in un film di moretti.
nove. e qui le donne sono tutte lesbiche. avvistate decine di coppie omosessuali donne. ah, quindi esistono. a italia non le hanno ancora inventante, mi sa.
dieci. qui non esiste la dicotomia tè al limone/ tè alla pesca. qui esiste il tè alla pesca. e poi altre sottospecie di tè, tra cui il lipton ice tea ai frutti rossi. il tappo della bottiglia è fucsia. mi sa che sono un po’ daltonici, qui.
undici. qui non esistono i tabacchini. però uno l’ho visto.
dodici. ieri camminando nella zona chic ho scovato una boutique prestigiosissima -accanto a miu miu e zegna, per dire- che porta il nome anzi il cognome di Tieffemme. si chiama “FaMedia Paris” e vende cose di pelle. feci anche le foto.
tredici. la canzone che qui va per la maggiore è questa. il cantante si chiama marc lavoine ed è una specie di incrocio invecchiato tra nek e biagio antonaccio. la semènproscèn. non canto altro, voho dico, mentre saltello di arrondismòn in arrondismòn.
quattordici. qui hanno questa ostinata ostinazione nel salutarti ad ogni costo. girato l’angolo ti accoltellerebbero. ma intanto loro ti salutano: bonjour bonjour, anche all’una di notte. bonjour monsieur, ce l’ha il fumo, sivùplè? no che non ce l’ho! e comunque sì, bonjour anche a te! che sfinimentoh!
quindici. le parole. i numeri. suasàndìs. catrvàn, catrvandisnèf. ditemi quale civiltà per dire il numero ottanta dice “quattroventi?” quahaleh? nessuna! infatti a belgio dicono ottanta, come i civilizzati. che poi, io dico, vuoi dire quattroventi? dilloh! ma poi, se devi dire sessanta, per coerenza, devi dire treventi. e che cazzo! invece dicono sessanta! cose di pazzi. di pazzi proprio. ma resta, ca va sans dire, che quando sento catrvànt eccettera, io, voho dico, mi eccito.
due. in compenso qui tutti hanno l’iPhone. al massimo i blackberry. ma l’iPhone se la comanda in un modo che non potete manco immaginare. ovviamente lo tengono tutti in mano, giusto per farlo vedere. alcuni lo tengono inda custodia. altri ce l’hanno bianco. anche io voglio l’iPhone.
tre. uno scappa dalla metrobbì di roma e cosa trova? la metro 11, calda, afosa e sudorosa. vabbè, quando il destino chiama, chi sono io per non rispondere?
quattro. a proposito di metro. adoro quella cosa di aprire le porte mentre sei ancora in movimento e scendere in corsa.
cinque. qui è la città del sacco pieno e del sacco vuoto. nel senso -signora mia- che venerdì sera scorso c’erano tipo sei gradi e i denti mi facevano jacques jacques. da ieri invece è riesplosa la estate e ieri notte alle due si poteva tranquillamente girare in bermuda e magliettina.
sei. ciò non toglie che i cittadini di qui siano sempre odiosi. si approfittano del fatto che io capisco ma non parlo. ma vedranno, oh se vedranno, quando avrò invaso la loro capitale!
sette. le proprietarie delle case sono tutte uguali. hanno sempre il golfino e il filo di perle. e sono delle gran stronze. a italia come a qui.
otto. qui le donne sono tutte incinte. a volte sembra di stare in un film di moretti.
nove. e qui le donne sono tutte lesbiche. avvistate decine di coppie omosessuali donne. ah, quindi esistono. a italia non le hanno ancora inventante, mi sa.
dieci. qui non esiste la dicotomia tè al limone/ tè alla pesca. qui esiste il tè alla pesca. e poi altre sottospecie di tè, tra cui il lipton ice tea ai frutti rossi. il tappo della bottiglia è fucsia. mi sa che sono un po’ daltonici, qui.
undici. qui non esistono i tabacchini. però uno l’ho visto.
dodici. ieri camminando nella zona chic ho scovato una boutique prestigiosissima -accanto a miu miu e zegna, per dire- che porta il nome anzi il cognome di Tieffemme. si chiama “FaMedia Paris” e vende cose di pelle. feci anche le foto.
tredici. la canzone che qui va per la maggiore è questa. il cantante si chiama marc lavoine ed è una specie di incrocio invecchiato tra nek e biagio antonaccio. la semènproscèn. non canto altro, voho dico, mentre saltello di arrondismòn in arrondismòn.
quattordici. qui hanno questa ostinata ostinazione nel salutarti ad ogni costo. girato l’angolo ti accoltellerebbero. ma intanto loro ti salutano: bonjour bonjour, anche all’una di notte. bonjour monsieur, ce l’ha il fumo, sivùplè? no che non ce l’ho! e comunque sì, bonjour anche a te! che sfinimentoh!
quindici. le parole. i numeri. suasàndìs. catrvàn, catrvandisnèf. ditemi quale civiltà per dire il numero ottanta dice “quattroventi?” quahaleh? nessuna! infatti a belgio dicono ottanta, come i civilizzati. che poi, io dico, vuoi dire quattroventi? dilloh! ma poi, se devi dire sessanta, per coerenza, devi dire treventi. e che cazzo! invece dicono sessanta! cose di pazzi. di pazzi proprio. ma resta, ca va sans dire, che quando sento catrvànt eccettera, io, voho dico, mi eccito.
Tieffem, ma sei nella ville lumier?
ma che merveille.
ma quanto ci stai?
mi porti una baguette con il burro salato?
Immagino che dire New York sia banale, ma li’ tutti hanno l’i-phone…la metro 11 e’ a Washingthon, il the ai gusti strani un po’ ovunque, donne stronze, lesbiche, incinte, con filo di perle le trovi dappertutto…boh, per me sei in America..Tieffemme ha trovato l’America..
Dire New York e’ banale, ma li’ tutti hanno l’i-phone… la metro 11 c’e’ a Washington. Le donne, come le hai descritte le trovi in un sacco di posti… I the multigusto li trovi in tutto il mondo occidentale… Mah, per me sei in America, o comunque, hai trovato l’America… (spero il mio commento non arrivi dopio, ne ho perso uno per strada..)
ma infatti nel francese antico si diceva trois-vingt!
A belgio dicono qatrvàn. Però poi non dicono qatrvandis per dire novanta. No. Per dire novanta dicono nanà. Nanà! Giuroh!
E se fossi in Canada? e più precisamente nel Quebec…dev’essere figo il Quebec….
io sapendo giá dove sei…ne approfitto dunque per fare il solito rompipalle e dirti che in belgio pure si dice catr-van. E’ in svizzera che si dice uittant.
Posso confermare invece che in belgio non si dice suassan-dis e nemmeno catr-van-dis.
ma quand torn?
stiui
*Pattie: sì ti porto anche la demìbaguette!
*Asperger: magari New York. Comunque sì, ho trovato l’America.
*Suibhne: ah! lo dicevo io!
*Esseppina: mi ero sbagliato con la Svizzera. O non lo so, che una volta ad un corso di francese mi avevano detto che. Ma la mia memoria falla. Nanà!
*Natror: dev’essere ma non ne ho idea. Forse sono in Senegàl, boh
*Stiui: ah ecco, dicono settanta e novanta ma non ottanta. Già più civilizzati.
e non vale, io non lo volevo saperlo dov’eri, così potevo immaginarmi posti esotici. Cmq in Quebèc dico di no, perché non farebbe caldo nella metro, no? Quello lo vedo più possibili a Parigi o giù di lì…
Che poi che trano, a barcellona conoscono solo il te al limone, che però non devi dire tè al limone, devi dire la marca… se no ti guardano strano
ecco, il Senegàl sì che è un posto esotico che ti invidierei. E sì l’avevo pensato che potevi essere in un pezzo di africa francese. O in camerùn, ad esempio.
Vabbè, poco importa, lasciamo spazio all’immaginazione
1. Italia, almeno, così m’han raccontato si sta ultimamente
2. Aifonlandia
3. Madrid
4. Marrakech
5. Bogotà
6. Toronto
7. Parigilandia (scappa)
8. Qualunque posto che non sia Italia. Quando arrivai in Francia pensai che nella città dove bitavo vivesse tale Sperminator; poi mi resi conto che ovunque la gente procrea, tranne in Italia, dove lo faranno solo e quando sarà chiamato “il nostro dovere verso il Partito”
Vabbè, se lo dici, il gioco finisce 🙁
Sembra che l’80 detto così sia un gallicismo, che i Galli l’80 non ce l’avevano.
Sembra, eh.
Come in “La mia Africa” quando la tipa dice che l’africana che le insegnava i numeri non aveva l’indice sinistro, ed allora s’era inventata che il 7 non esisteva. E la tipa del libro si era immaginata tutta una matematica senza sette, ma solo con sei+uno o otto-uno, e diceva, aveva una sua logica.
Forse i Galli non avevano il dito ottanta.
*Scogliera: sì infatti lasciamo spazio, chissà dove sarò domani, chissà dove sarò dopodomani 🙂
*Virgh: ho provato a non dirlo, però insomma oggettivamente era difficile con le proprietarie di casa 🙂
che proprietarie di casa? e dire cosa? ho un neurone solo (biondo)
Senegal??? Hai fatto i vaccini? XD
senza-progy hai anticipato la mia “remarque” si numeri belgici ma, lo ametto, non avrei mai riso di nanà.
merci
*Pattie: indovina! 🙂 Ma ti sei fatta bionda? 😉
*Natror: secondo te?!?!?
*Mellennio: ok, non rido. Devo tornare nella Belgicca per ripassare i numeri