Deejay chiama All Music
“La televisione è il mondo euforizzato che ci immette dentro i programmi anche quando crediamo di essere solo semplici spettatori…Ci sentiamo ripresi anche quando non lo siamo, siamo ripresi anche quando non lo pensiamo”. Paolo Taggi, Vite da format.
Una delle accuse più ricorrenti rivolte al medium televisione riguarda senza dubbio la sua pervasività, la sua capacità di esondare fuori dallo schermo, allagando la contemporaneità in tutte le sue forme. La tv è totalitaria, impone il proprio linguaggio e i propri temi -stabilisce l’agenda- e gli altri media si sono ormai ridotti a rincorrerla su un terreno che li vede sconfitti in partenza, costretti come sono a giocare continuamente di rimessa.
Osservazioni vecchie come il cavallo bianco di Napoleone, e che mi sono balzate alla mente assistendo a “Deejay chiama Italia”, ogni giorno su Radio Deejay alle ore 10, e, contemporaneamente, dal 23 gennaio, in tv, su ReteAllMusic. Per una volta è la radio a tracimare, ad invadere un palinsesto tv, ad imporre la propria presenza. Sfidando dunque un vecchio maleficio per cui la radio copia-incollata in tv fa sempre&comunque una brutta fine, Linus, direttore di Deejay, ha imposto una novità potenzialmente rivoluzionaria. Non solo la diretta radio all’interno dello studio con i commenti e le gag di uno dei programmi più importanti della radiofonia italiana, ma anche&soprattutto i fuorionda. Ovvero: tutto ciò che in radio non vediamo, ma che, fino ad oggi abbiamo solamente intuito, sospettato. Ciò che accade prima della sigla, durante una canzone, durante una pubblicità. Le pause, essenziali nell’economia del consumo radiofonico, diventano parte integrante della versione televisiva.
Ecco quindi che, con l’ausilio di telecamere semoventi poste agli angoli delle sale, esattamente come in un qualsiasi reality “casalingo”, scopriamo le reali fattezze fisiche dei personaggi che animano la trasmissione: il regista tecnico, la centralinista, il capo della redazione. Scopriamo persino, grazie alla precisione invadente del mezzo, quale motore di ricerca staziona nell’home page dei computer.
E’ il retroscena che diventa protagonista. Ciò che aveva caratterizzato la televisione, dalla metà degli anni ’90 in poi, ovvero l’abbattimento della famosa quarta parete, o della cornice, adesso si ripropone, in uno strano incrocio multimediale tra tv, radio, Internet. Già da tempo, infatti, con l’ausilio della webcam, era possibile penetrare nei “dietro le quinte” del programma. Ma la svolta televisiva appena descritta va in tutt’altra direzione. Se da una parte la possibilità di “vedere la radio” tramite il web attiene comunque ad una scelta, quella di cliccare su una precisa icona e seguire delle istruzioni, dall’altra la facilità di accesso alla tv estremizza la situazione. La tv, una volta accesa, è come una calamita, ti attrae e respinge allo stesso tempo, finendo per incastrarti in un infinito spettacolo. Non puoi sottrarti alla visione televisiva, quando e perché essa ti promette qualcosa. Non importa se questo qualcosa verrà mantenuto. Conta il patto implicito che si viene a creare. Attento, spettatore, rimani con noi, ché da un momento all’altro può succedere qualcosa. Da un momento all’altro Nicola Savino (co-conduttore) farà una battuta mentre prende un caffè, da un momento all’altro Linus chiederà alla centralinista di mettersi in contatto con De Gregori, e noi siamo lì ad attendere l’esito della telefonata (“sta guidando, appena trova un posto dove fermarsi prova a richiamarci, ma non sa se fa in tempo per oggi”, “Bè se non è possibile oggi, lo facciamo domani”). Assistiamo dunque alla costruzione del programma del giorno dopo, siamo messi al chiaro di tutto. E’ questa una delle premesse promesse. Ma non basta. La potenza e l’invasività della tv esprimono tutta la loro potenza di fuoco, quando ci svelano, definitivamente, la maschera dei conduttori, la loro fatica, la loro stanchezza, la gestazione precisa di siparietti e scenette. Scopriamo, nella diretta tv, che è tutto deciso nei minimi dettagli, e, un attimo dopo, nella diretta radio (che è anche diretta tv) scopriamo che invece è tutto improvvisato.
E’ in questo scarto, in questo smarrimento, che si manifesta l’incredulità per un’operazione rischiosissima. Quella di mescolare due piani antitetici, due contratti diversi, quello stipulato con lo spettatore televisivo e quello stipulato con lo spettatore radiofonico. Da una parte la promessa di trasparenza, di realtà, dall’altra la promessa di mistero, di incertezza. La tv, che si arroga il diritto di spiegare, di svelare, di far capire. E la radio, mezzo non-completo, mezzo amico che ti lascia libero di completare a tuo piacimento facce e voci e colori. Ed è forse è questa la ragione per cui non convince, questa novità. Diversamente andrebbe nel caso della trasmissione esclusiva del “resto”, dei fuorionda, senza l’elemento radio. Oppure, cosa più fattibile, nel caso di una versione inedita, per la televisione. Di una ricostruzione apposita, senza pretese di oggettività. Perché, in fondo, l’unica realtà ammesa e concessa, in tv, è quella simulata.
condivido in pieno la tua idea di radio come mezzo amico
secondo me la differenza è tutta lì, nella completezza, nei 360° che la radio fa immaginare, mentre la tv te li sbatte in faccia senza reticenze
ho visto la trasmissione giorni fa e mi ha incuriosito, ma il punto di vista, come hai detto giustamente tu, è completamente diverso
ciao
luca