È un bicchiere di vino con un panino -o con un pacchetto di tuc-

Avete presente quando siete al mare e mettete la testa sotto l’acqua e restate in apnea per un tempo indefinito e infine la tirate fuori e avete gli occhi chiusi e scotolate i capelli di modo che tutta l’acqua schizzi attorno e vi passate le mani sugli occhi e infine li riaprite e ci mettete quei due decimi di secondo ad abituarvi al sole che vi piomba in faccia come se aspettasse solo voi e avvertite quella leggera sensazione del sale che comincia ad asciugarsi e infine sorridete? Ecco: io. Mi è sempre piaciuta questa sensazione di ebbra epicità del mattino presto –il mattino presto è per i grandi, il mattino presto è per i giusti, per tutti quelli che non possono scegliere, o che scelgono di non scegliere- Il mattino presto, in cui il tempo sembra scorrere più velocemente, sulla scia di passi svelti e facce stanche, facce di donne che urlano dentro le metro ‘ahò, te stai a sdraià, e se vòi dù pizze in faccia, basta che mohò dici”, facce di vecchi che urlano “ahò, ma che cazzo stai a dì, stronza! oavète visto tutti, non l’ho toccata, ma chi ‘a tocca a questa!”, el’espressione ‘sai, io viaggio per lavoro’ mi è sempre piaciuta, ogni volta che sentivo qualcuno dire ‘sai, io viaggio per lavoro’ quel qualcuno mi appariva più cool, più smart, più meglio, insomma, ho sempre sognato di poterla dire, un giorno, e ci pensavo ieri, ieri che io adesso viaggio per lavoro, ed effettivamente mi piace, me lo ripeto duecento volte al giorno, ‘io viaggio per lavoro’, mi sembra che mi dia un tono -anche se poi ci faccio ben poco, con questo tono, lì, sulla banchina numero uno, con la tramontana che si fa beffe della mia sciarpa rimasta a casa, con un pacchetto di tuc ottenuto prendendo a calci la macchinetta della stazione, con questo cartello: ‘area fumatori’ in the middle of nothing, che forse avrebbero fatto meglio a chiamarla ‘aria fumatori’, a meno che non ci fossero delle pareti invisibili a delimitarla, ma io non le ho viste, sinceramente- e viaggiare, per lavoro, rimanendo appesi agli orari degli altri, agli intercity plus -che se per caso si bloccano e fanno più di quella mezzora di ritardo di default io in ufficio non ci arrivo e vaglielo a spiegare poi, ‘il treno fa ritardo’ oggettivamente sembra una scusa da lavativi e apparire come lavativi la prima settimana di lavoro è proprio quello che ci vuole per essere presi a calci in culo, da subito e per sempre-, appesi ai colpi di sonno, ai treni accanto che si muovono e hai la sensazione che ti stai muovendo tu e invece no, e

i palazzi fatiscenti dàà prenestina, i panni stesi ad asciugare sotto la pioggia della notte appena morta, il pigneto che se ne va, le nuvole gonfie di qualcosa che non vedrò -almeno qui- eoggi la dolce voce della regia dice che succederà qualcosa nei paraggi del colosseo, ma a me non importa, non è affar mio, non è affar mio oggi e ora, oggi che su questo treno capita di sentir parlare spagnolo, lui tedesco e lei francese lonely planet muniti, proprio mentre io ascolto gli i’m from barcelona e leggo un libro di pablo qualcosa, oggi che magari se mi addormento finisco a siracusa centrale o a palermo centrale, e magari mi risveglio nel lettino singolo della mia stanza con lo stereo regalo dei diciottanni, oggi che la donna di fronte a me legge un foglio che chiede ‘perché le risorse umane sono un valore aggiunto?’, già perché?, oggi che il controllore è in vena di leggerezza e dice ‘benvenuti sull’intercity plus, nel senso che è più di un intercity!’, e giù risate, oggi che questi due fidanzati lui tedesco e lei francese che parlano spagnolo per capirsi sono bellissimi, e io glielo dico, siete bellissimi, e il vostro viaggio in Italia è bellissimo e i vostri baci sono bellissimi, e complimenti, complimenti davvero, io glielo dico, e lei non capisce, e lui non capisce, ma lei ride, e lui ride, e io rido e tutti ridiamo, oggi e ora che c’è leggerezza, e siamo leggeri, e danziamo proprio, di leggerezza, mentre le teste ciondolano e si incantano nel vano tentativo di rintuzzare il sonno, leggerezza, mentre arrivo a destinazione, e lascio gli altri nelle mani di piazza garibaldi, e scendo, e penso che tengo voglia di sfogliatella, oggi, oggi che proxima estaciòn:

Avete presente quell’attimo preciso e puntuale che sta nell’adesso, adesso, non nel ricordo di domani o nel rimpianto di dopodomani? Ecco: io.
E ancora non tocco, sto in mare aperto, ma insomma già galleggiare e mulinare le gambe con dignità mi pare una cosa non di poco conto.

11 Replies to “È un bicchiere di vino con un panino -o con un pacchetto di tuc-”

  1. mi hai fatto pensare a una canzone degli avion travel, pendolare solo nel sottotitolo però, il testo racconta di percorsi di tutt’altro genere.

    non la sentivo da parecchio, è bello ogni tanto ripescare cose dalla cartella “passato”

    tfm: strimovconsciusness!

  2. Si ma citare Albano e Romina nel titolo… tutto fa tristess!

  3. Viola: esatto, è periodo di consciusness. Devo tornare alla stupidera? Dimmelo, se devo, ci metto un attimo 😉

    Essepì: very sensitiv 😉 il libro della brioche. Giudizio sulle prime cento pagine: spassosissimo. Poi vedremo 🙂

    UtAnonimo: intanto li hai riconosciuti, il che è tutto dire…;)

  4. Leggere delle TUC alla stazione mi ha procurato un deja-vu..comunque mi hai fatto venir voglia di fare un bel viaggio in treno, che mi manca parecchio.

  5. ehmmm…

    tfm più che il libro della brioche credo che tu stia leggendo nel nome del porco e non è un’allusione è proprio un libro dell’esimio pablo. e ti dico anche perchè. perchè all’inizio cita, gurada caso, una musichella di proxima estacion: esperanza.

    ora, anche se mi stessi sbagliando, in ogni caso è un tutto torna colossale! 😉

    e l’ho scoperto non perchè sia onnisciente ma per caso, grazie a un’amica che mi ha detto: tò leggi qua. e dopo aver letto le dediche e l’introduzione con – lo ammetto – malavoglia, ho strabuzzato gli occhi, ho detto: non ci posso credere e ho riso per dieci minuti buoni!

    poi, lo so che mi sto contraddicendo per una cosa che dissi ma sai qual è il mio problema e che ci vuoi fare, mi piace giocare anche se tfm in questi ultimi tempi sembra non averne tanta voglia…uè quando torna fammi un fischio che mi metto in prima fila…come quella storia dei banchi perchè non c’è niente da fare, mi diverto un sacco…

  6. che bello sentirti così!

    che culo i due fidanzatini bellissimi, io li avrei odiati! ma tu no! W la leggerezza allora.

    sono contenta per te!

  7. Ti avevo raccontato di quando avevo chiesto di dividere ai miei studentini francese le cose del mondo e della vita in due liste: leggere e pesanti. Ne erano venute fuori due liste bellissime (pesante: Balzac, matrimonio, capire le donne, la delusione, il giorno dopo aver bevuto, la noia/ leggero: il cielo, l’amore, le nuvole, l’illusione, l’innamoramento) che ancora conservo come spero tu faccia con questo momento in cui il cuore smette di battere per guardarsi intorno e sorridere [que tenga un buen viaje (en todos los sentidos)]

  8. Neru: no, non è nel nome del porco, ma evidentemente è un gran bel tutto torna!

    Riguardo alla mia voglia di giocare: si tratta chiaramente di una tua inferenza -che io abbia smesso o non abbia più voglia, dico- L’ho scritto e l’ho ribadito: non si sbaracca mica, semplicemente capita che ci siano giorni in cui materialmente non posso accedere a qualsivoglia computer. E’ difficile giocare senza giocattolo 😉

    Giusta: ti giuro, erano impossibili da odiare, con tutta la buona volontà 😉

    Virgh: e infatti questo post serve proprio a conservare. proprio.

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