Series Mania: TFM scopre la Nouvelle Vague Coreana e quel “capolavoro” di nome Iris (se Jack Bauer incontra Dawson Leery)

Insomma entra la donnina dell’organizzazione che presenta un omino coreano che ha il compito di introdurci questo telefilm coreano. La donnina dice: una breve presentazione prima della visione. L’omino coreano prenderà la parola e la lascerà 27 minuti dopo.

L’omino coreano parla questo francese inframezzato da consonanti arrotate e dice molte cose, quante se ne possono dire in 27 minuti, tra cui: “Voi ancora non lo sapete ma è in atto una Nouvelle Vague Coreana, cioè Sud Coreana, mettiamo i puntini sulle i di Sud Corea che è meglio”. Ora, io non lo so cosa si prova a parlare ad una platea di francesi e mettere in mezzo concetti come Nouvelle Vague. So però qual è stata la reazione della platea francese quando l’omino coreano ha pronunciato le parole Nouvelle e Vague: il GELO.

Io stavo in terza fila, ultimo posto a destra e volevo alzarmi e chiedergli, all’omino coreano: cioè, che prove hai a sostegno di questa tua cannonata? Pics or didn’t happen. E infatti il primo Fantomatico Prodotto Di Questa Altrettanta Fantomatica Nouvelle Vague Coreana è una sòla coi controcazzi (premio in gettoni d’oro a chi traduce “Sòla Coi Controcazzi” in una qualsiasi lingua del mondo): si chiama Comrades ed è un plagio, senza troppi giri di parole, di Band of Brothers. Dice: e vabbè, le note sono sette, so’ coreani, ci hanno le attenuanti, possiamo pure perdonar loro questo ritardo di dieci anni. No, se ti presenti con chili di spocchia in un posto dove la spocchia è talmente diffusa che hanno pure tolto la parola dal vocabolario, e porti un prodotto del genere allora no, sossorri, affogati: un gruppo di soldati coreani con delle piante in testa si pigliano a bombardate con altri coreani, gli uni vestiti di verde, gli altri vestiti di KAKI (questo era il pitch, e fregacazzi che è una storia vera).
Non so voi, ma in sala, la gente rideva. Era un ridere “di”. Se voi non state ridendo, è perché non avete visto il resto. E piantatela di fare i finti buoni. Vi racconto l’ultima scena del pilot: allora i coreani superstiti trovano alloggio presso la casa di un vecchio uomo coreano che li mette nelle stanza degli ospiti grande 3×2. Cinquanta coreani ammassati uno sull’altro. Omoerotismo come se piovesse. Uno di loro tira fuori la foto della sua fidanzata (ah, siamo negli anni ’50) e la bacia e dice BUONANOTTE CARA.
STACCO SU: un gruppo di strani omini, saranno migliaia (in quei pizzi non è un problema trovare le comparse), insomma ESSI marciano nella notte, agitando delle enormi bandiere. Avete presente quando alle Olimpiadi c’è la cerimonia di presentazione e le nazionali sfilano ognuno coi suoi portabandiera? Uguale. Solo che qua ce sono a pacchi, di portabandiera. Più bandiere che portabandiera, tra l’altro. E stanno facendo la guerra. Insomma i coreani vengono avvertiti dell’arrivo di questo esercito ostile e così in piena notte si schierano sulla montagna, mimetizzati con le loro piante in testa, e, COLPO DI SCENA, appena vedono i portabandiera urlano: I COMUNISTI! Finisce ad ammazzatine e kamikaze che si fanno esplodere per aria. Sì, lo so, non si dovrebbe ridere delle cose tristi (è una storia vera!) ma i francesi ridevano di cuore e di gusto e io ho sempre avuto talento per scegliere da che parte stare.

Immaginate con quale sentimento nell’animo mi approcciai alla visione del Secondo Presunto Capolavoro Della Nouvelle Vague Coreana: IRIS. Sull’Entusiastico Programma c’era scritto, papale: spy in salsa romance in salsa action in salsa paranoia in salsa comedy in salsa qualsiasi altro genere telefilmico mai apparso su faccia di Corea. Se Jack Bauer incontra Dawson Leery.

Titoli di testa? Titoli di testa.
BUDAPEST (Budapest?)
Mi guardo attorno, cerco le telecamere del mockumentary. Ma la sala è buia. Dicevo Budapest. Pacchi di coreani (agenti segreti, parrebbero) si muovono tra strade di Ungheria, parlando in coreano. I sottotitoli sono in francese. Io sono italiano, ripeto a me stesso, così, giusto per puntellare i miei ricordi a breve termine.
Insomma questo agente segreto coreano (secondo voi come può chiamarsi un coreano? KIM, ovvio!) deve uccidere un pezzo grosso di Corea. Perché Budapest? Ce lo spiega in un provvido flashback un agente segreto coi capelli bianchi (LA MENTE): allora KIM tu devi ammazzare questo pezzo grosso (?) perché così contribuirai all’unificazione delle due Coree (?), così come gli ungheresi fecero con le due Germanie (???).
Bene, KIM fa quel che deve fare, cioè sparare a messiè le presidà e poi, mentre regista e cameramen vengon colti da crisi isteriche e epilettiche e la macchina da presa schizza in everywhere, KIM schizza pure lui per tutta Budapest finché non viene accerchiato da trettordicimila coreani NEMICI.
E io che pensavo che a Budapest ci facevano i porno.

A questo punto, con il nostro HEROE KIM steso per terra (è morto? sarà morto? fu morto?) parte The Flashback, che si merita il titolo di Flashbakkone perché il salto indietro nel tempo è poderoso:
KIM ha i capelli corti e va all’università. Frequenta un corso di storia politica occidentale (omicidio Kenendy, prima guerra del Golfo, quello che si dice un programma rizomatico) e qui incontra BELLA FIGHEIRA che ha un nome incomprensibile tipo CHOI ETC. Per brevità d’ora in poi la chiameremo Profumiera. Sì, perché il povero KIM ci casca subito come una pera cotta e attua una raffinatissima opera di stalking. Profumiera non lo calcola manco di pezza. Kim a un certo punto la segue per i flautati e setati giardini dell’università (un effetto FLOU ci fa capire che siamo dentro la cornice ROMANCE), afferra Profumiera per un braccio e: Basta! Mi tratti come uno scemo! Io no scemo! Io smart! Andiamoci a prendere un caffè e poi a casa mia che ti voglio bombare! Profumiera: un caffè? Ma per chi mi hai preso? O mi offri almeno 4 NEGRONI o te ne puoi andare affanculo! Kim gli si dipinge in viso la faccia di chi sta pensando Me la dà e così vanno in questa bettola e cominciano a bere come due spgune. (DLIN DLON, siamo in the mood for comedy romantic). Kim si ubriaca come un ciucco ma Profumiera no: lo sta scherzando. Breve ellissi segnalata da un movimento di carrello: Kim ora dorme sul tavolo pieno di bicchieri vuoti, da solo. Profumiera ha onorato il proprio nome e se ne è andata. A un certo punto la proprietaria della bettola prende a bastonate Kim: TERRONE VATTENE DAL MIO LOCALE.

Il giorno dopo. Kim va all’università ma di Profumiera nessuna traccia. Kim triste. Pomeriggio. Scopriamo che Kim è soldato e vive all’accademia con altri soldati. Kim è molto amico di altro coreano paffutello molto simpatico. Secondo voi come si può chiamare il co-protagonista di un telefilm coreano? GIN. Kim&Gin amici per la pelle. Kim racconta pene d’amore a Gin, Gin scherza Kim, cose così. I giorni passano felici. Una sera GIN incontra in un bar una bella figheira e se ne innamora all’istante. Indovinate chi è questa bella figheira? Sì, proprio lei: Profumiera. Torna in caserma e racconta a Kim: KIM, ho conosciuto la donna della mia vita, la madre dei miei figli. Kim, che è triste pensando a Profumiera, sprizza felicità da tutti i pori: bella pe’ ttè.

Una notte, all’improvviso, mentre Kim&Gin sono nei rispettivi lettini ammazzandosi di seghe pensando a Profumiera, all’improvviso (l’ho già detto?) (musica di tensione) (mode comedy romantic off –> mode cospirazione ON) insomma Kim&Gin vengono rapiti da GENTE cattivissima vestita di nero che li porta in un capannone e li sottopone a TORTURE paurosissime tipo somministrazione di pentothal. Mentre GIN emette lamenti tipo latrati dietro una porta, noi restiamo su KIM, che è il nostro protagonista, legato alla sedia che gli manda scariche elettriche mediante elettrodi attaccati ai coglioni. Dietro il vetro un’equipe di CATTIVI osserva l’esperimento. L’esperimento in realtà è una prova per Kim: se resiste a TORTURE allora lui abile e arruolabile in organizzazione segreta tremendissima e cattivissima. Kim non solo resiste ma, con la forza di Greyskull e dell’incredibile Hulk, diventa tutto verde e A MORSI si libera delle catene che lo tengono imprigionate. Poi si dirige verso lo specchio oscurato che c’è nella stanza, capisce che dietro quello specchio lo stanno osservando e niente, comincia a prendere a SEDIATE lo specchio. Quel che Kim ancora non sa è che dietro a quello specchio c’è anche il capo dell’organizzazione, una donna, e questa donna, chi l’avrebbe mai detto, è proprio lei, Profumiera.

E questo era il cliffhanger del primo episodio.
L’omino coreano aveva ragione. Iris è un capolavoro, il mastahpiece della Nouvelle Vague di Sud Coreana. 4 stelle su 4. Se volete vi passo il pilot su Dropbox.

14 Replies to “Series Mania: TFM scopre la Nouvelle Vague Coreana e quel “capolavoro” di nome Iris (se Jack Bauer incontra Dawson Leery)”

  1. *Fulvia: non ci vuole molto, eh 🙂

    *Yet: potrebbe anche essere un flashforward e io non l'ho capito eh 🙂

    *P: no no, siriusli!

  2. Un double feature! Immagino le ghignate del pubblico…
    Accidenti, ed io che credevo di non essermi persa granché!

    Muscaria

  3. Ho inserito un commento per 6 volte, ogni volta "terminated request for sarcazzo suspicious data"
    Vediamo se questo commento almeno APPARE.
    Clem

  4. Non ci ho più voglia di riscriverlo tutto 😛
    credo il problema fosse che avevo copiato un pezzo di tuo post per citarlo e la cosa non gli piaceva.
    Clem

  5. secondo il mio modesto parere non francese, questa è nouvelle vague. almeno rispetto a quei capolavori di telefilm coreani con star del calibro di rain. consiglio "im sorry, i love u" per approfondire l'argomento.
    stefania

  6. *Clem: scusalo, è un tantino geloso

    *Stefania: cioè quindi "non" è nouvelle vague. O sì?

    *Virgh: precisamente 🙂

  7. la mia teoria è che prima se ne stavano a fare la vita da mentecatti in corea, ora invece espatriano, gli si aprono nuovi orizzonti, è tutta una nuova consapevolezza e mi sembrano tutto sommato sul pezzo. ma sinceramente, anche se ignori quello di cui sto parlano, sei solo fortunato, a me hanno costretto con la forza bruta a guardale. una vita difficile e una giovinezza rovinata.
    stefania 

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