La Cina è vicina e l’involtino primavera è molto lontano -e anche i luoghi comuni-

L’altra sera serata a tema. Il tema era: la Cina. La Cina è vicina. Prima il cibo poi il cinema. Partiamo dal cinema. Lussuria. Adattamento titolico italico pessimo -che, come ha detto nei giorni scorsi un grandissimo critico vercell-sicul-roman-tieffemmese non rende giustizia al grande irrisolvibile ossimoro contenuto nella virgola del titolo originale: Lust, Caution. ovvero: Lussuria, prudenza”: madonna che palle questi critici- ma è un film da vedere, specie se non è il vostro genere di film e specie se vi piace Victoria Cabello -se l’avete già visto avete capito, se lo vedrete capirete: scusate ma questo è il massimo di periodo ipotetico che posso produrre per oggi-Ma prima del cino-cinema c’è stato il cino-cibo. Ora. Facciamo un gioco. Chiudete gli occhi. Io vi dico: Ristorante Cinese! Quali sono le prime due cose che vi vengono in mente? Involtino primavera e copertura di affari loschi? Sì? Bene, è il caso di sfatare questi due triti luoghi comuni. A dire il vero io non ho le prove provate per farlo, ma insomma.

Nei paraggi di Piazza Esedra, vicino ad un palazzo in costruzione, nascosto in un vicoletto, c’è questo ristorante, annunciato non dalle classiche lanterne rosseattenzione: indizio numero 1!- ma da una freccia e dalla scritta Gran Ristorante. Dice: come hai fatto capire che era cinese? Dopo Gran Ristorante c’era anche scritto Cinese. Insomma entriamo. Ci accoglie un esemplare maschio di età indefinibile tra i 14 e 15 –lo capisco dai brufoli– e ci fa capire con un gesto del braccio a ventaglio che possiamo sederci dove vogliamo. Anche perché il locale è vuoto. Ci mettiamo un po’ a decidere, perché quando hai troppa scelta finisce che non sai mai che scegliere, mentre se hai poca scelta scegli subito. Specie se c’è un solo tavolo libero. Insomma ci sediamo: menù –nei ristoranti cinesi il menù è sempre sul tavolo, mica come in quelli italiani dove devi stare sempre ad implorarli come se ti facessero un favore!– Leggo le ventisette pagine di menu –c’è anche la traduzione fronte-retro– ma alla fine siccome non ho voglia di pensare, metto il pilota automatico. Arriva un omino di età indefinibile tra i 51 e i 52 e ci chiede: Plonti? Io dico Sì. Allora: involtini primavera, nuvole di gamberi, ravioli al vapore e pollo alle mandorle. Che sono, a parte il riso alla cantonese, le stesse identiche cose che prendo quando vado in un ristorante cinese da quindici anni a questa parte –la mia prima volta è stata a 14 anni: se lo dico a un adolescente di oggi mi ride in faccia– L’omino sollide e sclive –credo anche lui abbia messo il pilota automatico– però poi, non so da dove, mi parte un moto di ribellione e urlo –ma solo io posso sentirmi-: TFM sei una palla! Allora l’occhio mi cade su un pezzo di menù scolorito: maiale tzai tzai. C’è scritto. Senza volerlo, prorompo in un secco: Ehi tu, cos’è tzai tzai? L’omino tra i 51 e i 52 pelde il suo solliso e va in panico –manovra di emergenza, manovra di emergenza!– evidentemente non è abituato a questo tipo di domande: tzai tzai è… vegetario… sì… tipo… verdura..che è… sottoterra… tipo…. patat- Lo prendo! Mi porti il maiale in tzai tzai tipo patata! Ma è gialla? Domando, in un rigurgito di rimorso. No. Dice lui tornando al suo solliso quieto prima di dire: Da bere vi porto la Fellalelle? –>

–> Mentre aspetto con ansia lo tzai tzai vado al bagno –vado sempre al bagno dopo aver ordinato così mi evito l’attesa delle portate e perdo anche un po’ di tempo- Cerco il bagno e trovo una saletta a parte, un po’ nascosta. Sbircio e: una decina di avventori di cinesi, la tv accesa su un canale cinese e una musica soavissima e dolcissima –cinese- che mi dona subito una pace interiore mica cazzi: per un attimo ho la sensazione di essere in paradiso, nella fattispecie un sobborgo ingiallito di Pechino. Poi però la minzione mi chiama e torno alle mie terrene miserie. Torno al tavolo e trovo già il maiale tzai tzai fumante che mi aspetta. Aveva ragione l’omino, lo tzai tzai non è giallo. E non è nemmeno tondo, nè a bastoncino, nè. Insomma non è tipo-patata. Lo tzai tzai è un’alga verde sottile sottile –centinaia di tzai tzai!-, e tra le altre cose è buonissimo. E come tutte le cose buonissime dei ristoranti etnici poi le maledici di notte al cesso. Ma a pensarci bene vale anche per le cose belle della vita: anche l’amore finisce che lo maledici di notte al cesso. Insomma mangiamo, ci alziamo, paghiamo il conto, lasciamo pure la mancia –77 centesimi di resto lasci lasci, dico con sorriso magnanimo pensando di aver fatto la mia buona azione quotidiana: giusto in tempo, erano già le dieci di sera!- e prima di uscire noto che in uno dei tavoli sfatti c’è un bambino cinese dall’età indefinibile, tra i 5 e i 6 che gioca, assieme alla madre –incinta e cinese-, alle costruzioni lego: un trionfo di giallo e blu e rosso. Il bambino mi gualda e lide, la madle mi gualda e lide, il padre mi gualda e sollide –?-, mentre io chiudo la porta e penso che no, nei ristoranti cinesi non può succedere mai niente di tzai-brutto.

12 Replies to “La Cina è vicina e l’involtino primavera è molto lontano -e anche i luoghi comuni-”

  1. Ma durante l’attesa delle portate vai in bagno sempre proprio sempre?? Anche se c’è qualcuno con te che poi sembra che non ci vuoi stare in sua compagnia?? Anche se sei da solo che poi magari ti rubano la giacca??

  2. anche l’amore finisce che lo maledici di notte al cesso… questa me la segno, e me la rivendo… che ultimamente maledico molto (anche non al cesso)

    e comunque la prossima volta prova il pollo in aglodolce che è buonissimo…

    ecomunque (2, la vendetta) al cinese preferisco il giapponese, e in particolare il giapponese non fèscion che c’è vicino a casa mia

  3. se tu visitassi il mio blog ognitanto e non staresti sempre a bighellonare con la mia coinquilina, sapresti che anch’io ho avuto ahimè piccole allucinazioni cinesi..

  4. Essepì: sempre 😉

    Pat: mai stato al giapponese -in Italia- Proverò, vengo a Firenze?

    Lujixa: io che bighellono? Ma quando mai? 😉

    Virgh: …

  5. Già il fatto che fosse pieno di aventori cinesi a ben sperare sulla qualità e la veracità del cibo: secondo i loro canoni, ovvio, questo non salva dalla notte sul cesso.

  6. Viridian: esattamente la stessa cosa che ho pensato io. Il bollino di garanzia.

    Quadrilatero: ehhh da mo’ 🙂

    Nuriape: da quanto ho capito tu sei andata direttamente alla fonte 🙂

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