Lo scrittore ambulante che vendeva i suoi libri in spiaggia

San Vito Lo Capo è una ridente cittadina di mare che se ci vai ti accorgi subito che mancano le librerie e le edicole (quelle che ci sono fanno pausa da mezzogiorno a boh, o meglio: aprono e chiudono nel modo tipico di molte cose siciliane, cioè a muzzo). Invece, bisogna dirlo, San Vito Lo Capo abbonda di cose tipo: i turisti del ricco nord-est italiano, i ristoranti, il cous cous di pesce, la sabbia. San Vito Lo Capo è un po’ la Venice Beach di noi che sognavamo l’America ma sai che c’è?, noi ce l’abbiamo più profumato assai. Chilometri di sabbia liscia liscia e fina fina che ci si arriva dopo un percorso abbastanza tortuoso in macchina (“Ma un’autostrada dritta pareva male?” “A noi ci piace la conquista, se volevi le cose facili te ne potevi andare a Rimini” “Ma che ci trase adesso Rimini”). Arrivi, ti metti il costume e tutto il resto, come dire, è noto.

Io e mio padre siamo belli stinnicchiati sui lettini, sotto l’ombrellone. Lui, a sinistra, si legge Tuttosport, da anni contribuendo alle vendite della filo-juventinità in terra isolana (quando vivevamo a Palermo, per un certo periodo, se lo faceva mettere di lato, con grande sconcerto dell’edicolante) (adesso lo legge raramente, di solito quando scendo giù: “Il calcio non è più quello di una volta, non leggo più niente, mi fecero passare il piacere, anzi ricordami il mese prossimo che devo disdire l’abbonamento a Sky”). Io, a destra, combatto con l’ennesimo Strade Blu di vero e di finzione che ho trovato nella libreria che ieri ha aperto alle cinque e un quarto di pomeriggio (“Pago col bancomat” “Non ce l’abbiamo il bancomat”) (un giorno dovrò spiegarmi perché continuo a comprare gli Strade Blu) (e perché in Sicilia i bancomat fanno tutta questa antipatia) (ma anche nelle altre isole del Mediterraneo: forse non ci arrivano i fili). Intanto mia madre nuota come una sirenetta dove-si-tocca e prima, o dopo, fa quello che fanno più o meno tutte le signore della spiaggia, cioè attaccare bottone con tutte le altre signore della spiaggia, parlando di calcio, di Mondiali e di giuoco del pallone (“Io lo dicevo che lo schema a Y non mi convinceva”).

 

 

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Me ne accorgo subito. Come una nuvoletta molesta che oscura momentaneamente il sole facendoti temere il gran drama, il mio spazio visivo dirimpetto, fino a due secondi prima libero, viene occupato da una macchiolina, umana. Alzo di poco lo sguardo, tenendo sempre lo Strade Blu come bastione tra me e il non mi scassate la minchia. Un signore, sui sessantanni, mi sta guardando. Seduto a un paio di metri di distanza, su un lettino non suo, ha una borsa a tracolla color sabbia, una maglia color sabbia e un paio di pantaloncini color sabbia. L’operazione mimetica funziona solo in parte, la sigaretta che sta fumando ne rivela la presenza, tra l’altro molto pensosa. Ma anche la mia operazione mimetica con lo Strade Blu funziona male, perché a un certo punto i nostri sguardi si incrociano, e non importa che l’impatto duri meno di un centesimo di secondo, fuggendo io a gambe levate dentro il libro che ormai non sto più leggendo, importa che, da questo momento in poi, semplicemente, è finita. Il signor color sabbia si alza e viene verso di noi.

 

Normalmente reagirei con un grugnito di disappunto, o al limite con un “No guardi, non mi interessa niente. Ma niente proprio”. Purtroppo c’è da considerare la variabile MIO PADRE. La variabile MIO PADRE è tipo il panico che ti assale in quel secondo netto che passa tra il notare che il rubinetto perde e il renderti conto che la cucina è allagata. La variabile MIO PADRE è quella che associa una inesausta curiosità verso il genere umano a una educazione come quelle di una volta. Se qualcuno si presenta e chiede Permesso prima di iniziare a parlare, come minimo ascoltiamo quello che ha da dire, anche se parlerà per dieci minuti senza fermarsi mai e facendosi nuocere come pochi al mondo.

 

Il signor color sabbia fa un mezzo sorriso, a metà tra la sofferenza e il nontiscordardimé, e dice “Scusate, volevo parlarvi del mio libro”. Dalla borsa a tracolla color sabbia tira fuori, effettivamente, un libro. Sulla copertina la figura stilizzata di un ragazzo che guarda verso l’orizzonte. Fa tutto molto ‘Copisteria Via Salaria Rilego Tesi A Metà Prezzo’. Sono invaso dal dispiacere. Il fatto che io abbia tra le mani un libro vero, edito da una casa editrice vera, non scoraggia l’uomo color sabbia. E neanche mio padre: “Ah sì, e di che parla?”. Mi volto verso di lui, ma non mi vede, troppo impegnato a dare corda al signor color sabbia: “Niente, è la storia di un ragazzino cresciuto troppo in fretta. Lui voleva solo giocare a pallone ma poi la mafia gli ha ammazzato suo fratello. E poi inizia tutta la storia che non vi svelo sennò che piacere c’è, è giusto?” Mio padre annuisce come a dire “Giusto”. Il signor color sabbia dice che se vogliamo c’è anche una specie di concorso a premi legati al libro del ragazzino cresciuto troppo in fretta: “Voi lo leggete, poi scrivete la recensione, me la mandate VIA MAIL e poi io nel prossimo libro pubblico la recensione più bella di tutte col nome e cognome”.

 

A questo punto la variabile MIO PADRE esce fuori strada, tirandomi in mezzo come d’altronde si era ben capito sin dall’inizio: “No, io di ‘ste cose non sono pratico, MIO FIGLIO sì, lui ce l’ha la mail”. E si gira verso di me. Adesso mio padre e il signor color sabbia mi guardano. Abbasso lo strade blu e, cortesemente, dico che la prima cosa che mi viene in mente: “Sì ce l’ho, ma ho il computer rotto”. Mio padre mi fissa come a dire “Ma da quando?”, io annuisco come a dire “Papà, che ci vuoi fare, sono macchine, sono fatte per rompersi”. Ma il signor color sabbia non si lascia scoraggiare: “Se volete ne ho un altro”, e dalla borsa tira fuori un secondo libro, con in copertina l’immagine stilizzata di una ragazza che scruta l’orizzonte. “Questo parla di un tema che mi è molto a cuore, la violenza sulle donne”. Butto lo strade blu sul lettino e mi alzo in piedi: “Senta, per cortesia. Noi qua siamo in vacanza e non abbiamo tempo da perdere con queste cose”. Il signor color sabbia ripone i due libri nella borsa a tracolla color sabbia e guarda mio padre: “No è che siccome ho visto che suo figlio stava leggendo un libro, allora mi sono detto…”. Lascia la frase così, poi si gira e se ne va. Lo guardiamo allontanarsi, adesso non è altro che un puntino di sabbia in mezzo ad altri puntini di sabbia.

 

– C’era bisogno di trattarlo così?
– Papà, il ragazzino e la mafia, e la violenza sulle donne, essù dai
– Magari sono belli, che ne sai
– E vuol dire che ci siamo persi due libri belli, pazienza

Arriva mia madre tutta abbronzata e ritemprata da lu bello mare di San Vito Lo Capo.

 

– Chi era quel signore con cui parlavate?
– No niente, un venditore ambulante
– E che vendeva?
– Mah, libri

 

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2 Replies to “Lo scrittore ambulante che vendeva i suoi libri in spiaggia”

  1. è il primo post che leggo e tu scrivi in siciliano. con lo strascico.
    spero che tu abbia assaggiato un caldo freddo e una treccina con lu zuccaro di Debborah

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