Un fatto umano, storia del pool antimafia (e di altri mali cristiani, traditori e assassini)
25 novembre 1985. Due studenti del Liceo Classico Giovanni Meli di Palermo, Biagio Siciliano e Maria Giuditta Milella, aspettano l’autobus in via Libertà. All’improvviso, una macchina dei carabinieri che fa da scorta ai giudici Borsellino e Guarnotta viene urtata, chissà come, da un’altra macchina e piomba sulle persone in attesa alla fermata. Biagio muore subito, Giuditta qualche giorno dopo.
Avevo rimosso questa storia. Ci ho ripensato leggendo Un fatto umano, storia del pool antimafia di Manfredi Giffone, Fabrizio Longo e Alessandro Parodi.
Sono stato uno studente del Liceo Classico Meli. Ogni anno, per cinque anni, il 25 novembre, si teneva una messa in ricordo di Biagio e Giuditta. Non è bastato. Dopo tutti questi anni, semplicemente, fatalmente, me ne sono dimenticato. È una cosa che mi succede spesso, di dimenticarmi i fatti di quando ero adolescente. Me ne sono andato, e a volte devo sforzarmi per riportarmi a quello che ero e che sono stato.
Un fatto umano è una graphic novel che racconta la storia di alcuni uomini fuori dall’ordinario e altri ben dentro le miserie che sappiamo. Inizia con una serrata introduzione, necessaria a ricostruire il clima e le situazioni che ne scaturirono. Una lunga rincorsa che parte nel 1978, con la voce di Mimmo Cuticchio, eclettico cuntista palermitano. E che arriva, non può essere altrimenti, nel 1992. Dentro c’è tutto, ma proprio tutto quello che è successo in quei quattordici anni: dall’uccisione di Aldo Moro alle stragi di Capaci e via D’Amelio, passando per P2, Gladio, politici, mafiosi, giornalisti, uomini delle forze dell’ordine. Manfredi Giffone, autore assieme a Longo e Parodi (che scelgono di rappresentare i personaggi con fattezze animali, alla Spiegelman, per intenderci), all’epoca delle stragi aveva 13 anni. Dice che, mettendosi al lavoro, ha scoperto di non sapere niente di quanto era successo. Perché sì, quando hai 13 anni, in fondo, non sai niente, anche se credi di sapere molto. Giffone ha fatto un lavoro enorme, tra documentazione e bibliografia: ha scelto di raccontare tutto, in meno di 400 pagine. Raccontare tutto, o almeno provarci, significa dover andare spediti, dare molte cose per scontate. Significa chiedere molto, al lettore, in termini di attenzione, di concentrazione, perché gli eventi sono tanti e le transizioni da una tavola all’altra sono veloci. Eppure, Un fatto umano riesce anche ad illuminare situazioni inghiottite dall’oblio e oscurate dal resto. La storia di Biagio e Giuditta, quindi, ma anche altre storie, di uomini dimenticati, la storia di Emanuele Basile, di Beppe Montana, di Natale Mondo, di Nino D’Agostino e Emanuele Piazza.
Un fatto umano ha molti meriti. Il più importante sta proprio in questa costrizione al ricordo. I fatti, le storie, scappano, se ne vanno, è nelle natura delle cose. Alla fine, ciò che importa davvero è che rimangano le tracce di certi uomini e di ciò che hanno fatto. Un fatto umano riesce nel proprio intento: ciò ne fa un’opera fondamentale.
Booktrailer:
in wish list da un po’, ora lo voglio ancora di più
lo regalerò a mio marito per il suo compleanno
ciao
Siamo molto contenti che il libro ti sia piaciuto.
Grazie di questa bella recensione.
ho iniziato ad interessarmi all’argomento grazie a mio suocero che è stato perito del tribunale per le stragi di Capaci e di Via D’Amelio; questo sarà senz’altro un titolo che si aggiungerà a quelli che ho già in lista. Grazie TFM per questa bella quanto utile recensione.