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 A proposito dei nuovi direttori delle reti Rai

1 Contesto

Campo Dall’Orto dice “La vera cesura rispetto al legame dai partiti è legata al fatto che stiamo prendendo persone competenti” (quindi quelle che c’erano prima?), Bignardi si inalbera se qualcuno le dà della renziana e chiede di andarsi a rivedere le interviste da lei fatte al premier, Giorgio Gori è sicuro che Renzi e Campo Dall’Orto non si siano consultati, Mentana insinua che il vero manovratore sia proprio Giorgio Gori.

Difficile, molto difficile non cedere alla tentazione di liquidare il tutto con un terra terra “Siete uguali a quegli altri”. Ma se lo fai passi per volgare grillino, se non lo fai ti fai ammaliare dalle lusinghe del futuro luminoso che stai cercando di intralciare. Credo che abbiano tutti ragione. Campo Dall’Orto quando parla di competenze. Bignardi quando difende la propria combattività. Gori quando, da bravo politico, sa che le cose si possono anche comunicare col pensiero. E Mentana quando gioca a quel gioco della settimana enigmistica.

Il punto è questo: tutti i fili di questa vicenda, e senza neanche bisogno di chissà quale labirinto, portano al potere, quindi a Renzi. Renzi si è preso il potere (e tutti, compresa una persona che lo conosceva bene, ci ricordiamo come), facendosi veicolo di un messaggio di rinnovamento. Il messaggio si è poi trasformato, modellato, adeguato alla reale politica, all’importanza di vincere anche senza giocare bene, alla necessità di piazzare le persone giuste e di mettere alla porta quelle sbagliate, all’obbligo per ogni generazione di avere il proprio Landolfi.

Sarebbe bello se tutti questi splendidi 40-50enni sulle ali dell’entusiasmo ammettessero almeno quello che non c’è niente di male ad ammettere, per poi voltare pagina e iniziare a lavorare: sì, qui mi ci ha messo Renzi, e Renzi non ha bisogno di chiamarmi perché so benissimo cosa vuole o cosa non vuole Renzi. Il sottotesto c’è e ci sarà sempre, altrimenti quelle posizioni sarebbero occupate da altri legati ad altri ancora. Le interviste di cui parla Bignardi io me le ricordo bene, compresa una in cui lei inchiodò l’allora candidato alle primarie sulla questione “diritti civili” facendone uscire tutti i conservatorismi di allora (e che oggi vanno sotto una generica etichetta “cattodem” ma l’impronta quella è e quella rimane). Un’intervista bella, tesa, televisivamente perfetta su cui, tuttavia, aleggiò per tutto il tempo, un gigantesco “Sì però”. Lo stesso “Sì però” che attraversa la storia della tv italiana e da cui, a quanto pare non ci libereremo mai, checché ne dica questa o quella propaganda.

2 Prospettive

L’under 40 Andrea Fabiano ha il compito forse più semplice per entrare nella storia e nelle grazie di noi brava gente. Ristrutturare il cimitero degli elefanti, ovvero il palinsesto di Raiuno, immutabile per eccellenza, sarebbe il primo passo. Volti nuovi, contenuti nuovi, aria nuova. Soprattutto, volontà di dare seguito alle parole di Campo Dall’Orto sulla credibilità e sul rapporto con i telespettatori. Il nodo cruciale è su cosa si è disposti a fare sul piano reale dei numeri, dei punti di share, dell’usato sicuro. La ridicola vicenda del Capodanno e il secondo, tragico Sanremo di Conti non fanno ben sperare. A Fabiano chiederei se ha visto l’imitazione di Belen fatta da Virginia Raffaele e se gli ha ricordato qualcosa: per esempio la stessa imitazione, nella forma e nelle battute (alcune identiche) già realizzata la scorsa primavera, su Canale 5, nel programma Amici di Maria De Filippi. Lo spettatore di Raiuno si merita una copia sbiadita del marchio principale della concorrenza? Si merita questa confusione, questa sensazione di aver sbagliato canale, questa sovrapposizione di volti e contenuti riscontrabile anche nel daytime o nella domenica populista, il tutto nel nome del “che ci frega, tanto funziona?”. Vedremo. Telesogno: la ricostruzione reale della fascia 14-16, e una vera competizione con il dirimpettaio.

Angelo Teodoli è la dimostrazione che “prendere un cadavere, riempirlo di ceffoni e resuscitarlo” non basta a tenersi il lavoro. Raidue era una cosa morta, buttata in un angolo prima che venisse rianimata e riprendesse colori. Le uniche vere novità strutturali degli ultimi anni del servizio pubblico vengono proprio da Teodoli. Potrei fare l’elenco dei titoli di prima serata che hanno sfiorato o toccato la doppia cifra, parlare della giusta glorificazione di Caterina Balivo, o anche dei tentativi non sempre riusciti di smuovere le acque (quella cosa di J-Ax rimarrà sempre troppo impunita). Ora tocca a Ilaria Dallatana, professionista che, come si suol dire, conosce il prodotto come pochi. Il suo compito non è semplicissimo: il confronto con i numeri, l’eventuale volontà di eliminare quello che funziona e provare altre strade per un’idea più moderna di “secondo canale”. Molto curioso di vedere come si rapporterà con i format Magnolia e con tutto il cucuzzaro “Guardì”. Dallatana potrebbe passare alla storia come colei che “spinse alla Bacchelli Cirilli e Morselli” ma forse basterebbe un cambio di scenografia per salvare un pugno di posti di lavoro. Telesogno: la seconda serata, cazzo.

Daria Bignardi è una numero uno, una che non ha mai fallito (hater, stacce). Ha reinventato il talk un paio di volte (Tempi moderni e Le invasioni), ha fatto parte della storia della tv italiana (Grande Fratello 1) con quello stile da “Ma guarda se una stronza come me doveva avere a che fare con questi quattro poracci”. Poi si è messa a scrivere libri di successo. Quindi perché mettere in stand-by l’avviata carriera di romanziera per infilarsi in questo ginepraio di polemiche perenni? La risposta cattiva è la cieca ambizione, quella buona è che, beh, insomma, vuoi mettere dirigere una rete televisiva? La scommessa è grande, per vari motivi: se Vianello ha subito una spettacolare erosione numerica, è anche vero che ha mantenuto un’ottima solidità identitaria. Raitre è sempre Raitre, ovvero alcune cose migliori di tutta la tv italiana (Gazebo, Fazio del sabato, la cronaca, le inchieste). Forse un po’ troppo “sempre la stessa Raitre”. La curiosità in questo caso è capire quale Bignardi prenderà le decisioni, la prima Bignardi più intello e dunque rispettosa delle origini della rete, o la seconda Bignardi, quella più sbrodolata che stava tra l’alto e il basso. Il pericolo è che qualsiasi cosa farà, sarà esposta ai quattro venti. Sarebbe bello poter assistere al primo incontro con Fazio (“Allora Fabio, let’s talk about talk”), e sarebbe bellissimo, anche per spazzare via tutti i discorsi sulle collusioni di cui sopra, una conferma di Giannini e di Ballarò, ma mi rendo conto che con quei numeri sarà complicato. Telesogno: lo spostamento di Gazebo alle 20h10, dal lunedì al venerdì. Da anni sostengo che quella sia la vetrina migliore per il gioiello della casa.

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