Volevo essere Boris Becker

Undici anni, qualcosa in più, chiesi a mio padre Pà, il judo mi fa cacare, voglio iscrivermi a tennis. Mio padre, che già vedeva in me un campioncino di judo, judo chissà perché poi, mi ci aveva iscritto di peso, a judo, fece la faccia a labbrino, disse Vediamo, Poi Vediamo. Quel Vediamo era una specie di porta spalancata sui miei futuri passanti incrociati di rovescio. Mi misi a camurrìa. Un attimo prima di farsi portare il cervello dal mio Allora Pà, avevi detto Vediamo, hai Visto?, mi guardò dall’alto in basso: Se dopo due mesi ti lamenti o vuoi cambiare di nuovo sport, ti pigghio a vastunate. Anche io ti voglio bene papà, pensai.

Il circolo era vicino casa, ed era il secondo circolo più prestigioso tra i tre di tutta la città. La retta annuale era molto elevata, ma d’altronde avevo undici anni, portavo già la riga di lato, non fumavo, non bevevo, non mi drogavo, ero quello che in gergo si dice un bambino modello.
Al momento di mettere la firma sull’assegno mio padre mi lanciò un’occhiata assassina che non scordai per il resto dei miei giorni. Ma io feci finta di niente, tutto impomatato nella mia tuta acetata azzurro cielo con bardature di giallo e bianco e, soprattutto, i miei polsini diadora al polso. Il vero è che io tutto quel casino l’avevo piantato per potermi mettere i polsini senza sembrare uno scemo. Che io i polsini diadora li portavo già nella vita di tutti i giorni ma a scuola effettivamente erano un filo fuori contesto. E i miei compagni, diciamolo, non erano così intelligenti da non farmelo notare. Su un campo da tennis nessuno si sarebbe accorto dei miei polsini diadora, persi tra decine di polsini diadora sui campi pieni di polsini diadora. Questo il mio piano, non faceva una grinza.

La prima lezione, il primo giorno, era settembre. Il maestro, un uomo alto un metro e mezzo, abbronzatissimo e con gli occhiali da sole, il Nick Bollettieri di San Vito Lo Capo, ci fece schierare tutti in fondo al campo per fare il discorsetto di inizio anno. Eravamo una trentina. Un silenzio tombale. Prima di cominciare il maestro disse due cose. La prima cosa fu A fine anno facciamo un torneo con gli altri circoli, non mi fate fare figure di merda. La seconda cosa, invece, fu: Ehi tu, tu con quei polsini diadora, chi sei, Boris Becker?

Non indossai più un polsino in tutta la mia vita.

(Post recente, 3 giugno 2011)

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