La lusinga, la baldanza, il fio, lo scoramento, i calzoni corti, Parigi quando mi disse Fidati di me

io quelli che dicono non m’importa del tempo non guardo le previsioni del tempo non ne parlo in ascensore chi se ne fotte, io grande ammirazione, che così io non sarò mai, io sono chi al mattino scosta la tenda e, a seconda, son bestemmine o bestemmioni e comunque no, ho cambiato idea: o mentono o mentono. non ci credo, alle cose che mi dicono di loro. che vuol dire che non si curano del tempo?, e se per un mese nuvolaglia e pioggiaglia? no, io sì, mi è successo, mi è appena successo. conseguenze dell’umor, nascere di domenica, in mezzo all’estate, in mezzo al giorno, e poi vivere in fornaci di scirocco e tritolo.

mi dissero, i corvi, all’epoca, atènto stai atènto, il centro europa, mettiti la maglia della salute. invece no, quell’anno fu un anno magnifico, le ottobrate parevano estati in allegato, l’inverno fu assenza di guanti e cianfrusaglie varie, marzo parente a giugno. era printemps, dicevano alla télé, ma già andavamo a correre e facevamo i pique-nique sulla senna, la senna al tramonto, corpi nudi, i battelli, i turisti ciao ciao con la manina. il tempo degli acciacchetti, delle sciocche calamite all’indietro, di là da venire, e venne, dopo averci illuso di buonumore e quel che ci stava dentro. facemmo piani, piani di piacere, prima del dovere, mandarli all’aria. legge mai abbastanza elusa, le mosche nel pugno, niente programmi, niente immagini, poi ti svegli scosti la tenda una due cento mille volte, ah sì, è così?

di questo giugno che scappa, urla e porquoi, feste delle musiche e feste dei cinema, feste sempre feste ma che cazzo c’avranno da festeggiare, oggi parigi mi pareva londra, una quantità di genti ejettate a flusso continuo da negozi metro parchi palazzi mostre cortei sogni stramazzi e strapazzi, rivoli di minzioni su rue rivoli, urla, altre urla, e se parigi è così piccola io mi prendo per mano e mi porto con me, genti di pasque e pasquette che ci fai qui, no che ci fai tu qui, attori in tournée, esami che mai mai smettono, domani facciamo la festa, ognuno porta qualcosa tu cosa porti, fisso il vuoto, penso a me in quinta elementare, la fanta, sì la fanta, michelle williams mi guarda dalla locandina di western, le dico ciao michelle, ma belle, très bien ensemble, mi raccomando, all’esame ho alzato la mano ho detto Mi Sa Che C’è Un Errore Di Stampa, la storia finisce con maria lourdes che chiama l’applauso ed è tutta una stima di bene, bill callahan con quella voce poteva solo finire a cantare, but i’ll find a better word, someday, il 91 non passa, volevamo riprenderci la bastiglia ci siamo presi i chilometri in diagonale, croci disegnate e mal portate, i pattinatori pazzi di notre dame, sarah manezza nella marezza, questioni di inciampo, ci spaccia i catrevandis come suoi ma vu sucati un pruno, un nano all’improvviso ci affianca, sul suo monopattino su misura, ci sorpassa e sorride, vince lui, lui e la pioggia fina fina, che ricomincia, ma dura poco, infatti stavamo tutti dietro la linea bianca, piede pronto a partire, in attesa dello sparo, lo sparo liberi tutti, il était une fois il cache cache, e ora mannònt per strada, petti e cosce e sudori caldi, sudori freddi, l’erba è verde, oggi per la prima volta in vita mia ho messo un paio di calzoni corti, domani la canicule, i beur vendono l’acqua dentro i pezzi di ghiaccio, tre euro merci, ti guardo dritto in faccia, in fondo agli occhi, non te lo dico più, ma la verità è che mon coeur ne bat plus quand je te vois, mon corps ne bouge plus quand j’entends ta voix, parigi, dai, statti un poco ferma che ti faccio una foto: j’suis fou de toi.

5 Replies to “La lusinga, la baldanza, il fio, lo scoramento, i calzoni corti, Parigi quando mi disse Fidati di me”

  1. "rivoli di minzioni su rue de rivoli".
    Questa è poesia pura (ma ho apprezzato anche l'ermetica "manezza nella marezza").

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