I Cinefili In Differita amano dire frasi tipo Ho visto un film iraniano coi sottotitoli in francese

cannes2011I Cinefili In Differita per vari motivi non sono potuti andare a Cannes, quindi vanno alle rassegne di Cannes in Città.
I Cinefili In Differita per esempio vanno al Reflet Médicis, 3 rue Champollion, nel quinto arrò di Paris, per la rassegna integrale di Un Certain Regard.
I Cinefili In Differita fanno la conoscenza di questa sala con l’aria condizionata a palla nella parte sinistra, la lucina d’emergenza sempre accesa e disturbante nella parte destra, le poltrone in discesa all’indietro e lo schermo molto alto che a volte per giunta non funziona.
Ma non importa. Ai Cinefili In Differita la scomodità piace, laddove per scomodità si intende anche avere cinque-minuti-cinque tra una proiezione e l’altra e farseli bastare per: mingere, mangiare un tramezzino al Monoprix di BD Saint-Michel e caffè al volo da Pomme de Pain dall’altra parte del marciapide.

Ai Cinefili In Differita piace dire frasi tipo Ho visto un film iraniano coi sottotitoli in francese e ho capito tutto, tanto era un film pieno di silenzi.
I Cinefili In Differita sono registi, sceneggiatori, studenti, pensionati e amano improvvisare dibattiti pre e post visione sul Significato Di Quella Inquadratura.
I Cinefili In Differita rimangono fino all’ultimo macchinista turco citato nei titoli di coda di quel film turco: l’Opera D’Arte è Tale Nel Suo Complesso.

 

 

Film? Chi ha detto film?

 

1) Oslo, 31. August, Norvegia, Joachim Trier, con Anders Danielsen Lie (7,5/8)

 

2) Martha Marcy May Marlene, Canada, Sean Durkin, con Elizabeth Olsen e John Hawkes (5,5/6)

 

3) Les nieges du Kilimandjaro, Francia, Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride e Jean-Pierre Darroussin, Grégoire Leprince-Ringuet (6,5)

 

4) Bé Omid È Didar (Au Revoir), Iran, Mohammad Rasoulof, con Leyla Zareh (7)

 

 

Oslo, 31. August
Dopo aver provato qualsiasi tipo di dipendenza (cocaina, ecstasy, alcol, eroina) Anders è ora in riabilitazione. È pulito da dieci mesi e ottiene il permesso di uscire per un giorno. Torna così alla sua vita di prima e si scontra con quello che è il suo passato e che potrebbe essere il suo futuro. Anders ha 34 anni, è in gamba, ha ancora la possibilità di impossessarsi della propria vita. Ma sente che qualcosa si è spezzato e che la sua vita, forse, è finita. Una storia di infelicità, nell’arco di ventiquattro ore, un qualsiasi 31 agosto. Joachim Trier assiste un racconto fortemente emotivo col massimo del rigore e della pulizia visiva. Il finale è mozzafiato. (7,5/8) (Trailer)

Martha Marcy May Marlene
Martha ha una ventina d’anni e, chissà come, chissà perché, è finita in una setta il cui leader carismatico, Patrick, di giorno suona la chitarra e insegna ai suoi adepti a zappare la terra, la notte stupra ragazze a piacimento. Un giorno Martha riesce a scappare e si rifugia a casa di sua sorella Lucy. Vorebbe ricostruire la propria vita ma non ci riesce. Il regista Sean Durkin ha un talento visivo ed estetico spiccato e cura ogni inquadratura come una pianticella che però cresce cresce ma non matura. Molto non quadra, nel finale di questo che rimane comunque un discreto esercizio di stile. In ogni scena Elizabeth Olsen sembra dire Io non c’entro niente con quelle vaiasse delle mie sorelle gemelle (Mary Kate, Ashley? Presenti?). John Hawkes impressiona per la seconda volta in pochi mesi, dopo il livido Winter’s Bone (5,5/6) (Trailer)

 

Les nieges du Kilimandjaro
Niente a che vedere con l’omonimo film con Gregory Peck, questo film ambientato a Marsiglia (Guédiguian docet) è invece liberamente ispirato a un’opera di Victor Hugo. Michel e Marie-Claire sono una coppia di mezza età, lui sindacalista, lei badante. Hanno una famiglia felice, tanti amici e, dopo una vita di sacrifici, finalmente si apprestano a fare un viaggio. Una sera, mentre giocano a carte con la sorella di Marie-Claire e suo marito, subiscono uno choc da cui non si riprendono. Guédiguian ci porta in mezzo alla gente, gente che non arriva alla fine del mese, gente che viene licenziata, gente che non ha i soldi nemmeno per riparare la serratura di una porta. Ma c’è una via, e Guédiguian ce la mostra. Se è vero che la vita fa schifo, è altrettanto vero che farsi la guerra tra poveri la rende ancora più insopportabile. Allora, tanto vale. Lo sguardo basso del regista, e le strepitose interpretazioni di Ascaride e Darroussin, classici attori feticcio, ci fanno perdonare una colonna sonora a tratti risibile e qualcosina un po’ così. (6,5) (Trailer)

 

Bé Omid È Didar (Au revoir)
Nell’Iran della metropolitana (prossima fermata: Khomeini), dei jeans e dell’abbigliamento occidentale, degli studi medici all’avanguardia, di un progresso mai dato per scontato, succede anche questo: Noora, giovane donna avvocato, scopre di essere incinta di un bambino che sarà affetto dalla sindrome di Down. Noora non sa che fare, è affezionata al bambino che porta in grembo, vaglia le opzioni, pensa ad abortire, anche illegalmente, prova a lasciare il paese. Ma ogni sua mossa, ogni sua azione, si scontra contro un muro di gomma fatto di violazioni e divieti. Noora non è libera, non può fare nulla. Sempre e comunque la domanda che le viene rivolta è: Dov’è suo marito? Senza il consenso e la presenza del marito, infatti, Noora non può far nulla. Ma il marito di Noora non c’è, è clandestino e Noora deve scontare sulla propria pelle l’oppressione di un potere contro cui, forse, non può far nulla. Il regista Rasoulof accompagna lo spettatore dentro questa oppressione, con inquadrature fisse, immobili, che resistono ad un’azione che si svolge, inevitabilmente, altrove. Rasoulof recentemente è stato condannato a sei anni di prigione per essersi opposto al regime. Per questo motivo non è potuto andare a Cannes. Alcune parti del film sono state girate di nascosto.(7) (Trailer)


10 Replies to “I Cinefili In Differita amano dire frasi tipo Ho visto un film iraniano coi sottotitoli in francese”

  1. Al di là del voto, per titolo, minirecensione e trailer, dei quattro farò di tutto per vedere Oslo, 31. August.

  2. andrò a vedere Oslo, 31. August
    con Bé Omid È Didar (Au revoir) ho paura di star male ma in una proiezione diurna, che si esca dal cinema con la luce, posso osare
    sempre che i film arrivino in piccolo paese
    ciao

  3. LOL!
    TFM, lo sapevi che in danese Anders (And) è il nome di Paperino?
    No, cioè, sono notizie queste, altrochè! 😉

    New_AMZ
    (deformato professionalmente 🙂
     

  4. Io comunque consiglio, voglio dire imploro, di andare a vedere il mio ultimo film Battito Assente, che quasi lo avevano selezionato per Cannes, se solo non ci fosse questo pregiudizio verso l'horror…

  5. Oslo 31 August mi ispira un sacco. Anche gli altri, anche quello con la sorella Olsen, che fa paura perchè sembra una trentacinquenne, almeno in foto, e ha una faccia stranissima.
    Inoltre, ogni volta che leggo menzioni su John Hawkes o vedo John Hawkes da qualche parte (e succede spesso), dentro di me canto "John Hawkes una vita per il cinema John Hawkes una vita per la moto…"
    Otter

  6. *Yet, Marco: spero proprio che avrà una distribuzione, al limite c'è sempre l'Internet

    *New: LOL! Ma quindi Anders è un nome da sfigati o solo un nome molto diffuso?

    *Ladinsane: Noooh! Mandamelo! Lo voglio! 😀

    *Otter: tra l'altro John Hawkes canta anche una canzoncina chitarra e voce, cripissima nel contesto ma graziosa fuori contesto

  7. Scusate la domanda da profano, ma i filmi intellettuosi di Cannes, ci hanno il prerequisito di dover essere sparapallici per passare le preselezioni? Tipo "Per essere ammesso al concorso, il film deve avere uno o più dei seguenti:
    – Morte
    – Distruzione
    – Genocidio
    – Infanzia difficile
    – Stupri
    – Mutilazioni
    – Marco Masini
    – and/or pepperoni."

    Clem

  8. Chiarito il dubbio, annuisco vigorosamente e capisco come mai non seguo Cannes mai.
    A meno che non ci sia un film con "pepperoni".
    Clem

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