“Che cazzo di nome da ragazzini irritanti e compiaciuti, pensò Katz”

Sto leggendo un libro. Freedom, di Jonathan Franzen. Lo sto leggendo nel senso che a uno che si chiama Jonathan e che mi ha regalato Le correzioni, minimo minimo si deve tanto rispetto.
E quindi niente metro-bus-tram, niente comodino-abat jour-buonanotte, niente.
Diciamo che sto affrontando queste seicento pagine con dedizione. Il tempo che ci vuole, che poi sarebbe l’ideale per ogni libro, solo che poi non lo si fa mai.

E poi capita che questa dedizione abbia quel che si merita. Uno di quei momenti in cui l’universo, all’improvviso, sembra fatto di giustezza. Per la precisione, il momento in cui Jonathan Franzen o chi per lui va al concerto di Conor Oberst e di un certo gruppo chiamato Bright Eyes:

Le sbarbine si riversavano sulla pista di ogni ingresso, vispe come scoiattole dagli occhi splendenti (che cazzo di nome da ragazzini irritanti e compiaciuti, pensò Katz) e dal cespuglietto spelacchiato […] Oberst, con indosso uno smoking blu polvere, salì sul palco senza gli altri, si mise un’acustica a tracolla e mormorò due lunghe canzoni senza l’accompagnamento della band. Non era un pacco, era un autentico ragazzo prodigio, e quindi per Katz ancora più indigeribile. Il numero da Artista Profondo e Tormentato, l’autoindulgenza con cui spingeva le canzoni oltre i limiti naturali di sopportazione, gli ingegnosi crimini contro le convenzioni del pop: recitava la sincerità, e quando la recita minacciava di svelare la sincerità come falsa, recitava la sua sincera angoscia per la difficoltà di essere sincero.”

10 Replies to ““Che cazzo di nome da ragazzini irritanti e compiaciuti, pensò Katz””

  1. l'ha preso mio figlio grande e si dimentica sempre di portarmelo
    e trattiene inoltre Le correzioni, che è mio
    dovrei fare un'incursione a casa sua
    ciao

  2. a me freedom è piaciuto talmente tanto che l'ho finito ormai da un paio di settimane ma continuo a rimuginarci su, ci parlo, me lo ridico e soprattutto non riesco a prendere in mano nessun altro libro… :((
    buona lettura, ti invidio un po'
    Federica

  3. Azz, l'ho iniziato da qualche giorno e sono ancora intorno a pagina 200…
    Pure gli spoiler letterari, su TFM? 😀
    L.
     

  4. *Yet: devi

    *Federica: lo finisco a breve, poi magari ne riparliamo sul blog

    *Palbi: perfettamente ragione. Non che padroneggi la lingua inglese così bene, ma qualche altra traduzione mi ha lasciato perplesso. A proposito: l'avevo cominciato sei mesi fa in inglese, ma poi ho capito che andavo troppo lento. Vabbè la dedizione, ma mica posso starci su un anno

    *L: mi sono permesso solo e soltanto perché non rivela nulla di sostanziale e definitivo: è un dettaglio, uno di quelli che ancora tiene in piedi questo blog 🙂

  5. Lo sketch di Katz di Enrico Montesano in Grand Hotel Excelsior ti ricorda qualcosa?
    stiui

  6. Una curiosità, ma hai ascoltato qualche canzone dei Bright Eyes, che per la verità è il solo Obrest, gli altri sono di contorno?
    Anche senza ascoltare qualcuna delle loro canzoni cercati i testi.
    Noi italiani spesso e volentieri siamo convinti che cantautori come De Andrè e anche Rino Gaetano siano un qualcosa di unico per la loro capacità di raccontare la vita dal basso, dalla miseria.
    Eppure ne esistono tantissimi che fanno ciò in lingua inlgese e senza pretese intellettuali (in questo caso mi riferisco ai fan di De andrè, Guccini e similia non di Rino Gaetano, il quale come autore meriterebbe un discorso a parte).
    Se ti devo segnalare un gruppo americano che compone testi molto belli ma senza tematiche di tipo sociale ci sono i Death Cab for Cuties o Iron & wine 

  7. la vita e' in un disco dei bright eyes.

    aldf

  8. *Posttelevision: Death Cab sopra tutti, per me

    *Aldf: questa sicurezza assertiva mi ha appena svoltato la giornata

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *