Io sono per la messa in discussione del diritto di espatrio

aparisSotto casa mia c’è uno Starbucks. Ci vado spesso. È piccolo, carino, tranquillo, i ragazzi ci vanno a fare i compiti, le mamme a insegnare ai bambini la sana alimentazione, nell’aria c’è la musica di Natale quando è Natale, la musica di quasi primavera quando è quasi primavera. Soprattutto, non ci sono mai turisti.

Oggi. Me ne sto seduto su una poltroncina di velluto comodissima con davanti un tavolino comodissimo a farmi allegramente i cazzi miei quando entrano due donne, presumibilmente madre e figlia. La figlia si mette in coda, la madre viene vicino a me e mi chiede, in un francese zoppicante, se la poltrona accanto alla mia è libera. Annuisco, in allegato una smorfia come se avessi appena pestato una merda di cane. La madre si rivolge alla figlia, urlando: GABRIELLAH! GABRIELLAH! QUA! QUA!

Sì, sono italiane. La figlia finisce la coda e viene verso di noi. Ha in mano dei pancake, delle cose con la panna, dei muffin, dei biscotti. Cos’è, in Italia siete in carestia?
Per come sono posizionate le poltroncine sarebbe più comodo se io cambiassi posto con la madre e così la figlia non rimarrebbe seduta in mezzo al locale dando fastidio a chiunque. Infatti. La figlia mi fa, in francese: Possiamo scambiarci di posto? Io faccio la faccia a offeso a morte, quel bel disprezzo che solo un parigino che ha avuto tutto dalla vita può sfoggiare, poi emetto un suono tipo minestrone che bolle da qualche minuto e mi sposto.

Figlia: allora, come è andata la giornata, piaciuta la città?
Madre: BAH! Sono andata in quel negozio che mi avevi detto, insomma, mi aspettavo cose più eleganti.

Ora vi spiego chi ha appena pronunciato la parola eleganza. Donna italiana sui cinquanta e rotti anni, capelli lunghi scuri con la ricrescita bianca a metà, conciata come uno spaventasseri che sente di non avere più un domani o forse solo un tetto sotto cui dormire ed è costretto a girare vestito con tutto il guardaroba a strati: una camicia a quadretti bianchi e rossi come le tovaglie delle locande, sopra un maglione largo blu, sopra il maglione un gilet di velluto marrone e infine un cappotto di lana nero (oggi a Parigi c’erano 15 gradi, le belle ragazze sono già in infradito). Ecco. Questa donna ha pronunciato la parola eleganza.

Poi la figlia vede da lontano un divano che si libera e urla LA’! LA’! Si alzano in coro, madre, figlia, e pancake che gocciolano cioccolato e se ne vanno, lasciandomi sul tavolino una cannuccia e due bicchieri di carta usati.

Due secondi dopo un cellulare comincia a squillare, fortissimo. È la suoneria di un Motorola. Lo so perché sei anni fa ce l’aveva mio padre. Indovinate infatti di chi era quel cellulare che suonava e che interruppe all’improvviso pace, giuoia e benevolenza in quella Parigi di quel marzo duemilaeundici?

16 Replies to “Io sono per la messa in discussione del diritto di espatrio”

  1. ohhh come mi mancavano i tuoi racconti parigini! poi vabbè, cinquantenne, ricrescita…ma sono sicura di essere in italico ufficio. e sto ridendo.
    ps (io per esempio volevo che le compagnie aeree facessero pagare di più i passeggeri obesi) diveramente intolleranti!

  2. Sei riuscito a camuffare la tua italica provenienza, come si conviene in certe circostanze (di solito io mi fingo inglese), complimenti.

    P.S. voglio uno Starbucks, cazzo.

    Alex

  3. madre in visita a figlia espatriata?
    anche se blanc, bleu, rouge fossero un omaggio a Francia, il gilet di velluto sopra il maglione largo resta inspiegabile
    spero che giri con il cappotto nero ben abbottonato, ohibò 
    ciao

  4. Tu, vivendo all´estero, sei insignito di una responsabilità maggiore rispetto a coloro che abitano in Italia. Dovevi dimostrare, nel paese del mersibocù, che esistono anche degli italiani con un pò di educazione.

    Gli dovevi fare il mazzo.

    Thum

  5. *Moglie: no dai, quello no! sai come la penso, no? 🙂

    *Alex: più che altro ho finto di essere MUTO

    *Yet: e non ho detto nulla dei pantaloni e delle scarpe

    *Thum: eheh, dovevo urlargliele di santa ragione! Però quello che conta è che quelli di Starbucks che ormai mi conoscono lo sanno, quindi bandiera alta

  6. GREAT SCOTT!!
    Indovino di chi era il cellulare?
    TUO PADRE DAL PASSATO È APPARSO NELLO STARBUCKS?!
    OMMIODDIO DEVO VENIRE A STUDIARE IL FENOMENO! Se vedi dei tachioni che girano confusi o dei fotoni entanglati TIENILI OCCUPATI! STO ARRIVANDO!!
    Clem

  7. Concordo con Thum: gli dovevi fare il mazzo! E in svariate lingue 🙂

    Anche io ho i miei Stabucks perferiti (esatto, quelli con le poltrone di velluto messe in posti strategici) e quando accadono cose del genere di solito grugnisco  in inglese, o in olandese, e per due motivi: perché spero sempre che non mi capiscano così, non devo stare ai loro giochi di tetris umano quando vogliono fregarmi il mio posto preferito, e perché il mio francese fa decisamente pena.

    Ti ho scoperto da poco, e sono felice di aver trovato un altro malato di telefilm!

    Rispondendo ad uno dei post precedenti:  fra i disoccupati di Lost, ti segnalo Hurley in "Mr Sunshine", nel caso te lo fossi perso.
    (Anche se il meglio, a mio parere, lo ha dato nell'episodio di How I met your mother!)

    E voglio dare anche io il mio Charlie Sheen contributo, con questo indispensabile Bignami che, non neghiamolo, allietera le vite di noi tutti:

    http://livethesheendream.com/

  8. sarò a parigi con un'amica prossimamente, entrerò in tutti gli starbucks a rompere i maroni, però pensavo di piroettare nel locale cantando "volare" e lamentandomi del fatto che il caffè in italia è moooolttooo più buono.
    Se vedi confusione sotto casa magari sono io, se ti lasico il cellulare potresti farmi uno squillo, metto come suoneria Funiculì Funiculà!

  9. *Clem: LoL

    *Food: sappi che mi hai svoltato la giornata con livethesheendream. benvenuto nel blog!

    *Pentapata: bene a sapersi, quello che fa le facce sono io 🙂

    *Estia: sì lo so, la mancanza di Starbucks dal suolo italico è uno dei segni del nostro rimanere indietro sulla via della modernità.

  10. niente, quella città ti calza a pennello, Tieffemmi'!

  11. se in un paio di mesi hai già imparato a bofonchiare come fa il minestrone che bolle da due minuti, vuol dire proprio che sei parisien inside!
    Chissà se ti ho fatto un complimento :-)… vedila cosi', Parigi è talmente superiore che le si perdona pure la spocchia! 

    Detto cio', sappi che voglio organizzare la gita sociale Bxl-Parigi, con tanto di rivendita di pentole AMC sul pullman. Ora chiamo Esseppina e Tubbie. Al grido di "nessuno porti un Motorola!", ci vediamo da Starbucks!!

    Playmobil

  12. *Play: ho capito che è una specie di istinto di protezione. Comunque sì, mi sento parigino, specie quando vedo le file di alberi ordinati alla perfezione nei parchi o la perfezione visiva degli edifici. Godo. Fatemi un fischio che vi porto nel mio preferito. Se Tubbie non vuole (lei odia Starbucks) vi porto in un baretto scrausissimo all'italiana. Secondo me hanno anche la Cedrata Tassoni.

  13. ciao

    quando lavoravo a londra mi succedevano spesso fatti simili.. ma ero fortunata, di solito gli italici mi scambiavano x russa.. o comunque per una ragazza dell'est (non mi voglio chiedere perchè…), ed io assecondavo qs loro fiuto pazzesco, rifiutandomi di rispondere quando si lamentavano di non trovare la brioche a colazione invece dell'english breakfast, o di non trovare il lavazza al posto del filter coffee…

    perchè ci facciamo riconoscere ovunque?? cambieremo mai??

    baby

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *