Cesare Battisti: il triangolare Italia-Brasile-Francia

Da diversi giorni mi interrogo su questo torneo “Cesare Battisti” con in campo Italia Brasile e Francia e sugli spalti le rispettive tifoserie, più o meno organizzate, più o meno politicizzate.

Mi chiedo perché il Brasile, nella persona di Lula, si rfiuti di concedere all’Italia l’estradizione di Cesare Battisti, condannato all’ergastolo dalla giustizia italiana (malgrado il medesimo Battisti si professi innocente).
Mi chiedo per quale motivo la Francia, nelle persone di intellettuali come BHL cioè Bernard Henry Lévy, Fred Vargas e tanti altri (forse financo Carla Bruni Sarkozy) sostengano e proteggano in modo così estremo il Battisti.
Infine, mi chiedo, cosa succederebbe a parti invertite.

Risposte non ne trovo, al momento. Il quadro sembra chiaro e confuso al contempo. La sensazione è che ci siano davvero troppi livelli. Uno di questi ha a che fare probabilmente con l’immagine che l’Italia dà, a se stessa e agli altri.

Ieri, Massimo Fini, su Il Fatto:

In verità siamo noi, noi italiani, che ci siamo messi in questa situazione giuridicamente ambigua che con lo Stato di diritto e la democrazia non ha nulla a che vedere. E Silvio Berlusconi che ha guidato per quattro volte il governo ha dato il suo potente e determinante contributo alla delegittimazione della giustizia dello Stato di cui pure è a guida e, con essa, alla delegittimazione del nostro Paese. Nella sostanza e nell’immagine. Per cui è patetico che adesso facciamo le suorine scandalizzate perché il Brasile non ci vuole consegnare l’assassino Cesare Battisti. Raccogliamo ciò che, in questi anni, abbiamo seminato. All’interno ci consideriamo un Paese democratico. All’estero ci vedono per quello che siamo e appariamo: un Paese in cui sono saltate tutte le regole dello Stato di diritto. Io non consegnerei Battisti all’Italia nemmeno se fossi il Burkina Faso”.

Oggi Barbara Spinelli, su Repubblica:
Quel che si vuol ignorare (da parte degli intellettuali francesi) è come funziona la giustizia in Italia, la sua indipendenza ben più solida che in Francia, la lotta che i magistrati conducono contro la mafia, la corruzione, la politica ridotta a lucro privato. È un’ignoranza non ingenua ma attivisticamente coltivata. Ebbe forme analoghe anche nel ’68: un ’68 che i francesi, più saggi, hanno saputo frenare prima che degenerasse in terrorismo. Essendosi tuttavia fermati in tempo, nulla sanno dei suoi baratri, del valore della legalità. Non a caso parlano lo stesso linguaggio di tanti marxisti finiti con Berlusconi. Lo spirito libertario del ’68, lo hanno stravolto facendosi libertini. Il disprezzo delle istituzioni, della Costituzione, della magistratura, accomuna perversamente tanti intellettuali francesi e Berlusconi: stessi attacchi ai giudici e ai “teoremi giudiziari”, stesso istinto a parlare di Battisti come di un accusato o un capro espiatorio e non di un condannato. Non stupisce che qualche mese fa Berlusconi abbia confidato a un ministro: “Battisti è un personaggio orribile, e non capisco perché dovremmo fare i salti di gioia alla prospettiva di doverlo mantenere noi per anni nelle nostre galere”.
(…)
Di ignoranza militante e ebete non abbiamo bisogno che venga da fuori: ne abbiamo già tanta in casa. L’amalgama creatosi fra terrorismo, mafia, corruzione, sprezzo della magistratura: non è una vecchia pagina da voltare. È il presente limaccioso che viviamo. Tutte queste vicende i francesi non le capiscono. Pur avendo compiuto la rivoluzione e chiamato ogni uomo allo stesso modo  –  citoyen  –  lo spirito di casta è tenace. Se sei un intellettuale hai speciali immunità, anche se hai ammazzato tua moglie come il filosofo Althusser. Già Tocqueville trovava intollerabile la mistura francese tra politici e letterati.
Fa parte dell’astrattezza letteraria (la più obbrobriosa forse) considerare gli ex terroristi come sconfitti, vinti dalla storia. Sconfitto è chi esce battuto essendo stato un combattente, regolare o guerrigliero, o un vero enragé. Gli si deve rispetto: con lui si ricostruirà un ordine. Gli anni di piombo non sono stati una guerra civile. Sono stati una storia criminale, come gran parte della storia italiana”.

(neretti miei).

Ultima domanda: ma “In Italia sono saltate tutte le regole dello Stato di diritto” o “L’indipendenza della giustizia italiana è ben più solida che in Francia”?
Non so, prima e forse sarebbe il caso di mettersi d’accordo su questo dettaglio: poi, torniamo pure a parlare di Cesare Battisti.

4 Replies to “Cesare Battisti: il triangolare Italia-Brasile-Francia”

  1. non credo siano saltate le regole dello stato di diritto
    gli si sono affiancate deroghe di privilegio, c'est tout
    ciao

  2. Io invece mi sorprendo sempre di come l'indignazione scatti a comando, o peggio alla cazzo di cane. Di come si ospiti in Italia un sanguinario come Gheddafi, mandando le proprie figlie a fargli da veline, di come ci si vanti degli ottimi affari con un ammazzagiornalisti come Putin o di come si taccia sull' "amicizia" tra Lukashenko e il nostro premier, che teme così tanto i comunisti, ma corre subito da loro e dalle loro "case" insulta la magistratura. Quella che magari ha condannato Battisti.
    Per assurdo ho visto italiani chiedere la testa dell'assassino Battisti, come manco i fiorentini con la famiglia Pazzi, quando anni fa un ubriaco al volante fece fuori cinque persone scontando la pena di una notte in caserma. E l'ubriacatura o droga che era addirittura fu usata come attenuante.
    Il bel paese.

  3. mi sono accorto solo ora che manca un pezzo… avevo incollato, in quanto mi ero dimenticato di mettere il codice, avevo riscritto da capo, splinder e casini blabla.

    In breve, non so in Francia come sia la situazione giustizia, ma so di presidenti che una volta finito il mandato hanno fatto ciò che la giustizia prevedeva. Mentre lo stato di diritto in Italia è saltato senza dubbio, e non da pochi giorni.

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