Cos only you: how deep is my breath, ogni volta che mi trattengo oltre il lecito

Cerco ma non trovo. La condizione peggiore, a ben guardare. Alla fine cerco e trovo. Il modo migliore per conoscere una città è farsi da capolinea a capolinea, senza sconti. Me lo disse una volta un tipo alto due metri, capello fulvo, dalle parti della WhiteChapel a Londra, credo. Oggi. Da Cornelia in poi, per caso, ma il caso è il nome che diamo alle nostre giustificazioni. Che fretta c’era, maledetta che non arrivi. La città è lunga, da farsi a piedi. Ed io me la faccio. Largo Boccea, tira vento. Ottaviano, scende il sole. Piazza Vittorio&Porta Maggiore, scorre il traffico. E’. Nè nè. E’. Attraverso ponti. San Lorenzo, profumi di kebab e crepes alla nutella si mescolano nell’aria, un attimo dopo, quando il tepore comincia a scaldarmi e mi fermo, in mezzo al crocevia. Per la strada, una bambina tira una pietra per terra, ci sono anche la madre e un’altra donna. Alzo gli occhi: finestre spalancate. Osservo. E’ caldo, c’è caldo. Osservo la mia vita, in between. Buchi neri. Un anno passa in fretta, vedrai, e questo è l’anno che è passato. Ditegli che avanzo credito, non farò sconti, che questo è quello che voglio, il massimo possibile, non se la credano di potermi fare fesso. Sembro, ma non sono, ricordatevelo sempre. Un anno passa in fretta, un anno che mi pensavo. E invece. Cambia il vento ma noi no. E noi sì. Chi c’è, perlomeno, chi ha i denti e chi non ha il pane. Dove mi mettete? Un anno, e forse è meglio che non ci siano obiezioni. Nonostante la volgarità, la volgarità che mi circonda e che non riesco a scrollarmi di. Un anno, e intanto cerco, cerco, e ogni tanto trovo. Non è/E’. Io. Sono io, maledizione.

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